L'aeroporto Catullo ha noleggiato diciotto olivi ornamentali per 67 mila euro: più 3.700 a pianta. L'ultimo di una serie di sperperi e assurdità di uno scalo finanziato con i soldi pubblici ma sull'orlo della bancarotta e con i lavoratori in cassa integrazione

Gli ulivi dalle foglie d'oro sono all'aeroporto Catullo di Verona. Diciotto ulivi valgono, infatti, molto più di cinquanta lavoratori e delle loro famiglie. Molti di loro sono in cassa integrazione, altri in mobilità e perderanno il posto di lavoro, ma alla Avio Handling, società controllata interamente della società aeroportuale Catullo spa di Verona, non mancano 67 mila euro per affittare diciotto olivi.

Già il prezzo pare esorbitante, ma nemmeno si acquistano: si noleggiano per decorare l'ingresso principale dell'aeroporto. Tremilasettecentoventidue euro a pianta. E nonostante questa società, alla fine di novembre, sia stata ricapitalizzata con tre milioni di euro per non chiudere.

Quasi settantamila euro mentre tutte le società del Catullo sono in profondo rosso. Anche la holding, la Catullo spa, ha perdite fortissime e non da oggi, ma da fin dal 2008. Già da anni si raschiava il barile, come denunciò 'l'Espresso' già quattro anni fa.

A prosciugare i bilanci ha infatti pensato in questi anni l'aeroporto di Montichiari di Brescia, dove gli addetti ci sono, ma non ci sono aerei né in partenza né in decollo. Una stazione vuota per uno spreco tutto italiano, pagata dai soliti contribuenti. La vicenda è un insulto ai soldi pubblici. Nel 2001 si dovevano rifare le piste del Catullo per lavori che dovevano durare solo alcuni mesi, ma si pensò bene di costruire un aeroporto nuovo di zecca al posto di quello vecchio militare di Montichiari. Ma dopo breve vita, l'aerostazione bresciana cessò di fatto di esistere per i passeggeri.

Un'assurdità, gridarono già allora in molti. Infatti quella costruzione e la successiva gestione sono costate 40 milioni di euro, spesi dal 2002 a oggi, e una perdita annua attorno ai 5 milioni di euro all'anno. E ora il Catullo spa, per non fare bancarotta, deve ricapitalizzarsi. Perché il terminal bresciano è di proprietà al 99,99 per cento dello scalo scaligero, le cui quote azionarie sono soprattutto in mani pubbliche al 90 per cento con la Provincia di Verona e la Provincia di Trento in testa.

Mentre Brescia è sempre rimasta alla porta, non volendosi impegnare in uno scalo gestito male dai veronesi, secondo loro. Tuttavia nessuno in queste società e nelle istituzioni ha pensato in questi anni di fermare i vari amministratori nella corsa allo spreco e al dissesto finanziario. Una delle prime conseguenze è stata il blocco del premio di risultato da tre anni per i circa 350 lavoratori delle tre società che gestiscono lo scalo veronese: la Catullo spa, la Avio e la Catullo Park.

Alcune settimane fa i vecchi amministratori sono stati costretti alle dimissioni e il nuovo presidente, Paolo Arena, ha il difficile compito di rassicurare i soci pubblici e privati sulla ricapitalizzazione e rinegoziare il debito con le banche.

Ma il ritardo è comunque inspiegabile, poiché ha portato la società madre dell'aeroporto, la Catullo spa, vicino alla bancarotta, benché i sindacati, Uil in testa, avessero denunciato il dissesto da molti anni. E il peggio è arrivato puntuale con il bilancio 2011. La sola Catullo spa ha 20 milioni di deficit e 17 di tasse non pagate e dovranno essere svalutati molti crediti, come hanno denunciato i consiglieri provinciali del Pd. Fra le quattro società, le tre dello scalo di Verona e quella di Brescia, il buco dovrebbe aggirarsi complessivamente attorno ai 70 milioni di euro, 20 mila euro di perdita ogni giorno. Una cifra impressionante, che è pesata e peserà sulle tasche del contribuente pubblico.

Intanto è arrivata una nuova grana e la procura della Repubblica di Verona ha aperto un fascicolo. Le nuove infrastrutture dell'aeroporto sarebbero prive della Valutazione d'impatto ambientale e delle relative autorizzazioni dell'Enac per attivare le procedure presso il ministero dell'ambiente per la concessione della Via.

Insomma, all'aeroporto volano gli sprechi.