Agli inizi del Novecento nel mondo esistevano circa 100 mila tigri in libertà: oggi si calcola che siano 3.200, in gran parte isolate in piccole aree protette. Eppure non tutto è perduto: basterebbe collegare tra loro con veri e propri "corridoi" di sicurezza le aree che ospitano le tigri in libertà per triplicarne il numero nel giro di pochi anni.
Lo dimostra uno studio realizzato in collaborazione con il Wwf e pubblicato sula rivista specializzata "Conservations letters" che segue la dichiarazione d'intenti ratificata lo scorso novembre a San Pietroburgo dai 13 capi di Stato dei paesi (tutti asiatici) che ospitano i grandi felini: raddoppiare la popolazione di tigri in libertà. L'obiettivo è ovviamente quello di contrastare il bracconaggio (che resta la prima piaga) ma soprattutto mettere in comunicazione tra loro le aree protette per far fronte a possibili crisi.
Lo studio parte da un'osservazione empirica molto interessante: quanto avvenuto nella zona di giungla tra l'India del Nord e il Nepal del Sud. Qui, tra il 2002 e il 2008, a causa della guerra civile dei maoisti nepalesi, un'ampia fascia di territorio nella regione del Terai è stata di fatto esclusa sia dal bracconaggio sia dalla distruzione dell'habitat naturale. Il risultato è che si è creato un corridoio tra l'area dove vivevano le tigri in Nepal e quello (protetto da norme di conservazione) dove vivevano i felini in India. Questo ha permesso a entrambi i gruppi di crescere, dopo anni di diminuzione.
Così il censimento aggiornato al 2010 rivela che in India questi animali sono aumentati del 12 per cento negli ultimi quattro anni. «Proteggere le rotte di passaggio da una riserva all'altra» sostiene Rajesh Gopal, della National Tiger Conservation Authority «ora dev'essere una priorità assoluta».
Ma i problemi non mancano. In Russia, ad esempio, le tigri siberiane sono a rischio soprattutto per l'espansione delle industrie del legno, che devastano le foreste. A Sumatra le foreste pluviali, habitat delle tigri, sono minacciate dall'industria della carta In Vietnam le tigri vengono uccise per rifornire i magazzini delle farmacie cinesi.
Nel Laos, dove ormai le tigri sono poche dozzine, il progetto di nuova strada nell'area protetta di Nam Et Phou Louey National Park rischia di portare all'estinzione completa. In India il maggior pericolo è la corruzione: sono infatti i funzionari del governo che dovrebbero far valere le norme anti bracconaggio, ma una bustarella piena di rupie è spesso sufficiente per farli voltare dall'altra parte. Insomma, in un modo o nell'altro è sempre l'opera dell'uomo a mettere a rischio la specie. Al momento, come si diceva, risulta che la popolazione mondiale di tigri viva soltanto in 13 paesi: Cina, India, Indonesia, Bangladesh, Nepal, Bhutan, Birmania, Cambogia, Laos, Malesia, Tailandia, Vietnam e Russia. Si dice che possano essere presenti anche nella Corea del Nord, ma non è ancora stato provato.
In alcuni paesi, soprattutto l'India e il Nepal, la presenza delle tigri ancora oggi non è particolarmente gradits dalle popolazioni di molti villaggi, che devono affrontarne gli attacchi. Non più tardi del 18 marzo scorso nella foresta di Branmhapuri (a Kirmiti Mendha) un ragazzo di 26 anni è stato ucciso da una tigre. Altri attacchi si sono registrati pochi giorni prima nel villaggio di Saygata, non lontano da Chandrapur, nel Maharashtra. Anche nel Nepal meridionale, dove le tigri sono circa 500, gli incidenti sono tutt'altro che rari: e la popolazione dei villaggi di campagna proprio non comprende perché le autorità tengano tanto a questa bestia.
Attualità
4 aprile, 2011In tutto il mondo ne sono rimaste poco più di 3.000. Ma al confine tra India e Nepal sono in aumento, grazie alla guerra civile maoista che ha preservato la giungla. E allora al Wwf è venuta un'idea
Così si possono salvare le tigri
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