Le opere di Barbara Kruger: un pretesto per mostrare il lato oscuro della società dei consumi

Per una vita tonica e felice, la soluzione è sempre (e da sempre): più parole e più immagini. Dev'essere il claim interiore di Barbara Kruger, star della fotografia e del design. Le sue opere, recentemente esposte allo Sprüth Magers, partono da fotografie semplici, spesso talmente comuni che sono momenti che nessuno penserebbe mai di immortalare (come il dentista che scava un dente con il trapano).

Ciò che vale più di tutto per l'artista americana è il contrasto tra immagini e messaggi: provocazioni e input, slogan e minacce. "Compro dunque sono" oppure "Non abbiamo bisogno di altri eroi" sono soltanto due esempi dell'arte intimidatoria della Kruger, fotografie spesso spaventose e pulp caricate di feroci annotazioni lessicali.

Dopo aver studiato arti visive con Diane Arbus, leggendaria fotografa statunitense di origini russe, presso la Parson's School of Design di New York, lavora come capo-designer per la rivista "Mademoiselle", poi art director per "House and Garden" o "Aperture".

Ma è soprattutto l'entusiasmo controculturale che anima le opere di Barbara Kruger, tanto da impegnarla nella ricerca maniacale di classiche immagini delle pubblicità di cui si appropria per appiccicarci frasi usate apposta per sovvertirne il senso. Riflessioni sociali e geopolitiche ("Fear like us", "Your seeing is believing" oppure "Our prices are insane") che spesso diventano veri e propri assalti frontali ai luoghi comuni dell'epoca contemporanea ("Are we having fun yet?", "Money can buy you love" oppure "Surveillance is their busywork", "Belief + Doubt = Sanity" o "Don't be a jerk").

La potenza delle fotografie ritoccate da Barbara Kruger è assolutamente il contrasto vulcanico tra realtà apparente e rabbia interiore. In una sola parola: controcultura. Quella vera, che ricorda in un certo senso alcuni momenti gloriosi firmati da Abbie Hoffman, che probabilmente apprezzerebbe parecchio lo stile spinoso della foto-editor. Ovviamente nel 2011 tutto suona come una piccola rivoluzione, talmente invisibile a volte che la stessa foto dello pseudo-clown accostata alla frase "Our Leader" non si capisce quanto sia ironica o realistica. E' questo che rende disperato ogni messaggio di Barbara Kruger: più che una serie di foto ritoccate diventano un tipico, e riuscitissimo, esempio di autopsia sociale del tempo che passa.

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