Le fughe dalla famiglia sono in aumento, perfino in età preadolescenziale. I motivi? Tanti, Facebook incluso. Ma con un po' di attenzione ai loro segnali (e di dialogo a cuore aperto) spesso il peggio si può prevenire
Alla voce "runaway", il dizionario bilingue associa in italiano la traduzione "fuggiti via". Ma dietro al significato letterario si nasconde il mondo dei bambini e degli adolescenti scappati da casa, fenomeno ormai diffuso non più solo negli Usa ma anche Europa e Italia. L'associazione Telefono Azzurro lo ha analizzato in un report sui minori scomparsi, che "l'Espresso" è in grado di anticipare: 202 sparizioni denunciate in due anni al numero di telefono 116.000, linea diretta per i bambini svaniti nel nulla nata nel maggio del 2009; a queste vanno aggiunte le 145 segnalazioni pervenute al normale servizio di ascolto dell'associazione nel triennio 2008-2011 e i 239 casi registrati dal 2006 a oggi ai centralini del 114, il numero per l'emergenza infanzia.
"Chi scappa lo fa per diverse ragioni, sbagliato generalizzare", spiega il professor Ernesto Caffo, fondatore e presidente di Telefono Azzurro, "può fuggire da situazioni di disagio più o meno grave, abusi fisici e psicologici; oppure vuole ribellarsi, protestare contro regole opprimenti o, all'estremo opposto, eccessiva trascuratezza". Un rapporto difficile o inesistente con i genitori, la fragilità che porta, soprattutto a questa età, a sentirsi abbandonati, senza vie d'uscita se non la fuga: a monte di una denuncia di scomparsa c'è sempre un ambiente difficile, un problema psicologico e relazionale da risolvere, un contesto da ridisegnare, anche e soprattutto dopo il rientro a casa.
La solitudine gioca sicuramente un ruolo importante in questa partita. Difficile, per un adulto, captare i segnali di disagio lanciati da un minore, ma esistono alcuni possibili "sintomi". "Per gli adolescenti conta di più il comportamento che la comunicazione verbale", spiega Caffo, "anche se non si sentono parole o frasi strane, ci sono tante piccole azioni che devono mettere in guardia: per esempio non rientrare a dormire la notte senza dare spiegazioni o mentendo con poca convinzione".
Altro campanello d'allarme può essere un improvviso allontanamento psicologico dalla famiglia o dalla comunità - per esempio non volersi più sedere a tavola a cena - e l'isolamento sociale, raggiunto evitando azioni e gesti un tempo quotidiani, dal calcetto con gli amici alla passeggiata in paese, fino alle diverse attività scolastiche.
A volte però, chi decide di sparire lo fa per motivazioni più frivole, amplificate da una società sempre più multimediale e dove già alle elementari ci si scontra con dei piccoli "adulti": "Oggi i ragazzi iniziano a maturare fantasie, a sognare le metropoli come Parigi, Roma o Berlino, dove diventare grandi in un momento, facendo esperienze che li rendano più "autorevoli" ai propri occhi e a quelli degli altri. In questo senso la tecnologia ha contribuito ad allargare lo spazio", continua il professor Caffo. "Sui social network o in chat gli adolescenti scoprono cosa succede al di fuori del loro mondo, vengono attirati da una vita che non è la loro e che gli appare più appagante, entusiasmante". Conoscere qualcuno su Facebook, infatuarsi e decidere di svanire nel nulla per scoprire cos'è l'amore: passaggio non impossibile, e pericoloso.
Allontanarsi da casa nasconde insidie ad ogni angolo, con effetti che si possono manifestare anche dopo qualche anno, e quasi mai chi fa questa scelta è consapevole delle conseguenze. Per un ragazzino allo sbaraglio non è infrequente imbattersi in individui pericolosi o con gravi problematiche sociali, soprattutto se è senza soldi, spaesato, confuso, alla ricerca di un posto dove stare. E altrettanto alto è il rischio di incontrare alcool e droga. "Bisogna intervenire il più in fretta possibile, perché il potenziale distruttivo di una fuga è altissimo", conclude Caffo, "per noi è importante essere reattivi già dopo aver ricevuto la prima telefonata, lavorando in collaborazione con le associazioni internazionali come il Missing Children Europe e le realtà locali".