Cultura
30 maggio, 2011

Impariamo a mangiare

Sappiamo sempre che cibo mettiamo in tavola, da dove proviene, chi l'ha fatto, che cosa contiene? Questa consapevolezza è diventata merce rara, da conquistare con un po' d'impegno

Da più di vent'anni Slow Food ha una formula per le degustazioni guidate: i "laboratori del gusto". Si sono tenuti in tutte le manifestazioni che l'associazione ha organizzato e anche durante Slow Fish a Genova. Sono un modo originale per avvicinarsi al cibo e imparare a conoscerlo. Esperti o gli stessi produttori presentano, tramite l'assaggio, viaggi in territori, panoramiche su categorie merceologiche, comparazioni: spiegano la qualità, insegnano a riconoscerla e la motivano. Si tratta di degustazioni ma in realtà si parla di storia, si narrano vicende umane; c'entrano la geografia, la cultura materiale, un po' di sociologia ed etnografia, a volte botanica, altre zootecnia. Un approccio complesso che diventa semplice in bocca: perché è cibo.

Ri-educarsi a capire i sapori o distinguere profumi e odori, insieme alle narrazioni sui prodotti, apre a una nuova visione del cibo e del mondo: si può leggere meglio la realtà, sia quella in cui viviamo sia quella globale. Ecologia, giustizia sociale, spopolamento di aree rurali, nucleare, cementificazione o privatizzazione dell'acqua sono argomenti che entrano a pieno titolo nel discorso, perché non si può scindere la considerazione del cibo da quella del luogo in cui è prodotto, come non si può non tenere conto di chi l'ha fatto e chi lo consuma. Non soltanto siamo quel che mangiamo, ma siccome mangiamo siamo.
L'uomo è il suo cibo e il cibo è l'uomo: natura che diventa cultura.

Ma oggi non è più così scontato: sappiamo sempre che cosa stiamo mangiando, da dove proviene, chi l'ha fatto, che cosa contiene? Questa consapevolezza è diventata merce rara, da conquistare con un po' d'impegno. Se poi la si ottiene, troppo spesso viene vista come un lusso, come se non fosse un diritto elementare universale. Perché il più delle volte il cibo lo subiamo, e ci siamo abituati. Il cibo lo subiscono tanto i consumatori inconsapevoli quanto i produttori che non hanno mai vissuto una crisi grave e indiscriminata come quella attuale. Sono schiacciati da politiche commerciali che non danno valore al cibo e lo trattano come un bene di consumo qualsiasi. Non siamo più noi che mangiamo il cibo, è il cibo che ci sta letteralmente mangiando insieme agli agricoltori, alla biodiversità, alla terra, all'acqua e agli altri beni comuni. Alleniamo dunque i sensi per capire, conoscere, scegliere. Riprendiamo confidenza con i ritmi della natura, con tutti i saperi legati al cibo. Da qui può partire un nuovo umanesimo, in cui qualità, ecologia e giustizia sociale tornano a essere cardini insostituibili. Se "mangiare è un atto agricolo", allora diventiamo tutti contadini nell'animo, con i sensi e con le nostre conoscenze. Non significa tornare al passato o bloccare il progresso tecnologico ed economico. Oggi le regole del gioco sono cambiate: guardate quanti nuovi modi di coltivare e allevare in maniera sostenibile si stanno diffondendo. Sono già nella vostra città o nel vostro territorio, sono in tutto il mondo per aiutarci a far tornare il verbo "mangiare" un verbo attivo, non più passivo.

Sintesi dell'intervento presentato alla tre giorni "Pistoia. Dialoghi sull'uomo"

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