La National Gallery di Londra l'ha presa con filosofia e sulle 40 "patacche" della sua collezione, quelle opere false acquistate incautamente, ci ha montato addirittura una mostra. L'anno scorso hanno sfilato, così, Raffaello e Rembrandt ma anche Botticelli e Velázquez. Tutti finti

Se è vero che il peggior incubo dei musei e dei collezionisti si è attenuato grazie alle sofisticate tecnologie d'indagine, bisogna pur ricordare che la bellezza di alcune star indiscusse è ancora oggi offuscata dall'ombra del dubbio.

La testa di Nefertiti, oggetto di un'aspra contesa fra Berlino e Il Cairo, una delle icone più celebri dell'antica civiltà egizia, è stata attaccata da esperti che non hanno esitato a catalogarla fra le "imposture art déco". Troppi misteri, infatti, avvolgono la scoperta dell'archeologo tedesco Ludwig Borchardt (avvenuta nel 1911) che si rifiutò di mostrare il diario dei suoi scavi. E non aiuta a risolvere il giallo neanche l'esame del carbonio 14: la scultura è in calcare e pietra, mentre solo gli elementi organici permetterebbero una sua corretta datazione.

Un altro enigma che mise in ginocchio il mondo degli studiosi di antichità classiche è rappresentato dal Trono Ludovisi, il bellissimo bassorilievo del V secolo a. C. Fu Federico Zeri a bollarlo come opera di un falsario dell'Ottocento, con grande clamore mediatico.

Indiziato numero uno per "falsità manifesta" sarebbe anche il crocifisso ligneo attribuito a Michelangelo che lo Stato italiano, ministro Sandro Bondi, ha deciso di comprare in tutta fretta due anni fa, sborsando la non modica cifra di oltre 3 milioni di euro. Le polemiche si sono accese subito, anche perché - come ha spiegato Tomaso Montanari nel suo libro fresco di stampa "A chi serve Michelangelo?", Einaudi - nessuno fra gli specialisti di scultura rinascimentale ci ha creduto. E in molti sono invece più propensi a ritenere che quel Cristo sia uscito da una bottega di artigiani di fine Quattrocento.

Recentissimo è inoltre il caso che ha riguardato Vincent Van Gogh. La mega-mostra allestita al Vittoriano che ha riportato l'artista a Roma dopo vent'anni di assenza è stata contestata per la presenza di un quadro "incerto". Si tratta di Augustine Roulin con la figlia Marcelle, considerato una contraffazione pura da uno dei maggiori specialisti del pittore olandese, Antonio De Robertis. Secondo lui quel ritratto è uscito dalla bottega dei fratelli Schuffenecker, mercanti di vini e falsari per diletto.

Ma la bufala più eclatante degli ultimi tempi fu quella che riguardò le teste di Modigliani. Era l'estate del 1984, quando a Livorno si sparse la voce che in un fosso erano state ritrovate alcune teste dai lineamenti femminili scolpite dal grande artista. Vittorio Sgarbi fiutò la bufala, ma Giulio Carlo Argan venne folgorato dalla loro bellezza e le difese. Fino a che tre studenti livornesi confessarono di aver scolpito quelle teste con il Black & Decker. Fra i grandi beffati si annovera anche la casa d'aste Christie's di Londra. Nel 2007 venne battuto un lotto con un esemplare di "Brillo Box" di Andy Warhol: il compratore sborsò 4 milioni di euro. Lo stesso accadeva in diverse altre vendite all'incanto del mondo. Quelle scatole pop, però, non erano uscite dalla Factory, bensì dall'animo giocherellone del direttore del museo d'arte moderna di Stoccolma, tal Pontus Hulten, che nel 1990 aveva incaricato un falegname e un tipografo di Malmö di produrre circa 105 copie delle "Brillo Boxes" del 1968.

LEGGI ANCHE

L'edicola

25 aprile ora e sempre - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso

Il settimanale, da venerdì 18 aprile, è disponibile in edicola e in app