I soldi stanziati da Provincia e Comune per le feste patronali dei quartieri di Palermo? «Se li prende la mafia». Parola di Salvatore Giordano, manager di cantanti, promoter di artisti conosciuti e apprezzati nelle zone popolari della Campania come della Sicilia, collaboratore di giustizia dopo il coinvolgimento in indagini di mafia a Palermo.
L'ultima inchiesta su Cosa nostra racconta uno spaccato di vita quotidiana sulle manifestazioni che nei quartieri popolari raccolgono migliaia di spettatori e contribuiscono ad alimentare di contanti sempre freschi le casse dei clan. E rivela i gusti musicali di boss di Cosa nostra come Gianni Nicchi: era pazzo di Angelo Nardi, un artista napoletano che canta di amori impossibili e rapporti tempestosi, e che alle feste faceva ignaro dediche al giovane capomafia ribattezzato "Zorro" dai suoi affiliati.
Ma, a parte l'aspetto folkloristico della storia raccontata da Giordano, i verbali riempiti davanti ai pubblici ministeri antimafia fanno riferimento ad incassi da 10 mila a 100 mila euro ottenuti tramite i finanziamenti pubblici che vengono gestiti dai capi dei clan.
Giordano, ai pubblici ministeri coordinati dall'aggiunto Ignazio De Francisci che stanno conducendo le indagini, ha fatto un nome: «È quello che si occupa di queste cose per i vari quartieri, anche per la zona Uditore, Altarello, Michelangelo, Borgo Nuovo. Lui fa avere dei soldi dal Comune o dalla Regione, dà, per dire, 20 mila euro, per fare la festa allo Zen».
Giordano ha spiegato che il grande regista di queste manifestazioni è stato, fino alla sua cattura, Salvatore Lo Piccolo, il "re delle estorsioni", col figlio Sandro: «Nel ricavato di là, se noi prendiamo 100 mila euro, ci fanno (ci dicono, ndr): un poco devono andare alla mafia e un po' vanno alla festa. Pure allo Zen è andato così. Se io prendo 50 mila euro, e la festa costa 30 mila, 20 li devo dare alla mafia. Io ai Lo Piccolo ce li ho fatti avere e 30 me li piglio io, ha capito come funziona?» dice il collaboratore al pubblico ministero che lo sta interrogando. «Anche quel discorso, cioè il contributo, più della metà dei soldi, li devi fare avere ai carcerati. In tutti i quartieri è così che funziona. In tutti i quartieri...».
Giordano racconta che a Palermo si era instaurato il solito monopolio mafioso sulle feste: «Avevamo con Totò (un accordo, ndr): tutte le feste di Palermo le dovevamo prendere noi e nessuno più. Io e lui, io e Totò... Sì, dovevamo prendere tutte le feste di Palermo, era stato deciso perché eravamo una famiglia forte, avanti, tramite Masino, Revuccio, io diciamo dovevo andare in tutti i posti. Tutte le feste di piazza di Palermo».
Cosa significa nel dettaglio prendere "tutte le feste" è spiegato nel verbale stilato davanti ai pubblici ministeri antimafia: «Cioè, ci sono altre agenzie che volevano prendere le feste e invece non le prendevano. Ci presentavamo noi, Totò... Siccome c'è Masino, che Masino va a parlare con qualcuno dei quartieri e ci diceva: vabbè la piglia Totò».