Attualità
settembre, 2011

Terremoto, comincia il processo

Omicidio colposo: questa l'accusa per la Commissione grandi rischi. Secondo i Pm i membri del dipartimento della Protezione civile hannno fornito "informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell'attività sismica vanificando le attività di tutela della popolazione"

Hanno tolto agli abruzzesi la paura del terremoto, hanno rassicurato. Hanno sottovalutato la situazione. Così andranno alla sbarra per le vittime del 6 aprile 2009. Comincia il 20 settembre, il processo per omicidio colposo plurimo alla Commissione grandi rischi, che fa tremare i polsi non solo ai sette imputati, i componenti "tecnici" della riunione che ebbe luogo il 31 marzo 2009. Fu un summit con "l'obbiettivo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle ultime settimane" in Abruzzo. Quella che ebbe il suo apice alle 3 e 32 del 6 aprile, con la scossa in seguito alla quale morirono 309 persone. Anche la comunità scientifica guarda con apprensione alla sentenza di un processo che si annuncia lungo. E la sentenza è delicata perché potrebbe influenzare parecchio le valutazioni degli stessi scienziati su rischi simili in futuro.

Non si tratta di prevedere i terremoti. Nelle 224 pagine a firma del pm Fabio Picuti  questo concetto è ribadito diverse volte. La commissione, a suo giudizio, ha fallito sotto molti aspetti che non riguardano la previsione di data, ora e luogo di una scossa. I terremoti non si possono prevedere: questo è un assioma sul quale sono tutti d'accordo. Cosa ha sbagliato quindi la Commissione?

Gli imputati: Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, Enzo Boschi, all'epoca presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e., Claudio Eva, ordinario di fisica all'Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile.

Imprudenza, negligenza e imperizia, sono le condotte che definiscono la colpa secondo il nostro codice penale. I componenti della Commissione sono accusati di aver fornito "informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell'attività sismica vanificando le attività di tutela della popolazione". Il discrimine tra loro e gli altri, come il sindaco Massimo Cialente o l'assessore regionale Daniela Stati, è il ruolo ricoperto. Tutti hanno rassicurato la popolazione. Gli imputati non sono semplici politici però, ma consulenti della Protezione civile. Massimi esperti di terremoti in Italia.

La valutazione del rischio: la statica degli edifici. E' noto che diversi rapporti, nel corso di più di un decennio, avevano dato un quadro molto chiaro e desolante, non solo della situazione a L'Aquila ma in tutto il Centro-Sud. Il "Censimento di vulnerabilità degli edifici pubblici", più noto come rapporto Barberi; il rapporto stilato da Abruzzo Engineering nel 2006 e le denunce di diversi sismologi tra cui Gateano De Luca, apparso sul Bulletin of the Seysmological society of America nel 2005.

A L'Aquila possibili 14.000 morti. Picuti nella sue memoria riporta anche l'estratto di un articolo a firma di Guido Bertolaso, Franco Boschi e lo stesso Francesco Barberi, nella quale c'è una previsione, è davvero allarmante: "Nella sola città di Catania, ad esempio, uno studio del 2002 del Servizio Sismico Nazionale stima in 20.000 – 70.000 il numero delle possibili vittime se si verificasse oggi un terremoto pari al massimo storico occorso nell'area (con il numero più alto in caso di terremoto notturno). Nella città di L'Aquila, per citare un altro esempio, il numero delle vittime in caso di ripetizione del massimo terremoto storico sarebbe di 4000 – 14.500". Il 6 aprile il terremoto è arrivato di notte, di domenica sera. Molti edifici pubblici sono crollati alle 3 e 32. Quelle cifre sarebbero state una previsione avverata in un altro giorno od ora.

"Beviamoci un bicchiere di Montepulciano". Nella conferenza stampa seguita alla riunione della Commissione grandi rischi questa è forse, in assoluto, l'immagine più rassicurante. A pronunciarla è Bernardo De Bernardinis, all'epoca vice capo del settore tecnico operativo della Protezione civile e ora al vertice del dipartimento. Parla dello sciame sismico in corso nella provincia da ottobre: "Una fenomenologia senz'altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si aspetta in questa tipologia di territori". Poi ammonendo che chi vive in questo territorio deve essere "preparato a convivere con questa situazione" chiosa "non c'è pericolo io. L'ho detto al Sindaco di Sulmona, la comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole perché consente uno scarico di energia continuo".

Bernardo De Bernardinis è un ingegnere idraulico e davanti alle telecamere non può far altro, da "politico" che ripetere quello che ha sentito, o pensa di aver capito, uscito dalla riunione con i massimi esperti sismologi d'Italia. Lui però ha una responsabilità maggiore rispetto agli altri "semplici" politici. Lui rappresenta la Protezione civile e la Commissione ne è l'organo di consulenza. Nessuno lo smentisce, né quella sera né nei giorni successivi, quando queste parole vengono riprese da televisioni e giornali. La Protezione civile però non ha rilasciato alcun comunicato stampa quella sera né il giorno dopo. Solo Franco Barberi, vero esperto di terremoti, si limita a un "non è possibile fare previsioni" (qui) senza spingersi oltre.

La scienza rassicura gli aquilani. In procura si presentano, uno dopo l'altro, i parenti di 32 delle vittime del sisma: "Saremmo usciti di casa subito se non ci fossero state le rassicurazioni della Commissione Grandi Rischi". Perché era uso fare così, soprattutto dopo due scosse forti, una attorno alle 23 della sera prima e una attorno all'una di notte (di magnitudo 3.9 e 3.5). Ognuno di loro denuncia come quella sera le parole sentite all'emittente locale TvUno, al Tg3 regionale e lette su internet siano state confortanti. "Ognuno di noi, alla fine – ha raccontato al magistrato, Vincenzo Vittorini, che nel terremoto ha perso la moglie Claudia Spaziani e la figlia Fabrizia di nove anni – concludeva dicendo "Comunque hanno detto che più scarica e meglio è! Scosse più forti di quelle che abbiamo già sentito non ce ne potranno essere".

Le testimonianze dei parenti che hanno raccontato alla Procura quegli ultimi giorni sono importanti per stabilire come le rassicurazioni abbiano rubato loro "la paura del terremoto". Gianfranco Di Marco, fratello di Stefania che a Onna è rimasta sepolta sotto le macerie assieme alla madre Ada Emma e al figlio Paolo, descrive la scena poco dopo le scosse che hanno preceduto quella devastante. Le sue parole sono significative: "Il 30 marzo, lunedì, c'erano in piazza moltissime persone fino a notte fonda, mentre il 5 sera, probabilmente a causa delle rassicurazioni degli esperti, c'erano solo pochissime persone. Ciò mi tranquillizzò ulteriormente". "Informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie, quindi, - secondo il pm - sulla pericolosità dell'attività sismica hanno vanificato le attività di tutela della popolazione".

Sul piano più strettamente tecnico c'è una valutazione che lascia non pochi dubbi. Christian Del Pinto è un giovane fisico Responsabile scientifico del Centro funzionale del servizio per la Protezione Civile Molise. Era presente come auditore alla riunione, quindi senza la possibilità di prendere la parola, e ora è testimone dell'accusa: "Definire normale lo sciame sismico in corso era, a mio giudizio, un azzardo ed un errore concettuale – ha spiegato al pm - La parola "normale" in sismologia indica solo un certo di tipo di faglia; con riferimento alla sismicità la parola da utilizzarsi non è normale bensì ordinario" ma "non era un fenomeno né normale né ordinario". E nel giudizio complessivo della riunione confessa: "mi era sembrata una "grottesca pantomima".

Una grottesca pantomima perché? Forse l'obiettivo era quello semplicemente di rassicurare la popolazione senza però analizzare nel dettaglio e tenere in considerazione i dati scientifici sul terremoto e sugli edifici. A prova di questo il verbale del 31 marzo fu scritto e firmato molti giorni dopo: proprio il 6 aprile a disastro ormai avvenuto. La colpa sta tutta qui.

L'allarme della comunità scientifica. Due istituti americani di sismologia hanno sottoscritto un appello contro l'opportunità di processare scienziati per le morti avvenute nel sisma. La American geophysical union e la American association for the advancement of science, entrambe di Washington, hanno definito "ingiusto" e "ingenuo" procedere con l'inchiesta. Questo perché un'eventuale condanna potrebbe "scoraggiare in futuro scienziati e funzionari dal produrre consulenze o comunque lavorare nel settore della sismologia e del rischio sismico" (il documento).

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