Le nuove tasse sul mattone e le prossime dismissioni pubbliche avranno l'effetto di far scendere i prezzi degli immobili. Ma con le banche che non scuciono un euro, potrà fare un affare solo chi ha già i contanti pronti

Il magazzino è pieno di merce invenduta, i clienti scarseggiano, è sempre più difficile farsi concedere il mutuo dalle banche e le tasse aumentano anche se ancora non si è capito bene di quanto. Che momentaccio per il "prodotto" più amato dagli italiani, la casa.

Dalla seconda metà del 2007, le compravendite di immobili sono in costante calo, così come i prezzi ai quali gli alloggi vengono effettivamente acquistati. Rispetto ad altri Paesi, come gli Stati Uniti, da cui tutti i disastri sono cominciati, e proprio perché è esplosa la bolla immobiliare, le quotazioni delle case da noi sono scese molto meno. Però ci sono così tanti fattori a congiurare contro il caro, vecchio mattone, che oggi anche gli ottimisti a oltranza si mostrano titubanti. In questi giorni persino al bar si parla dell'Imu, l'imposta sulla casa che prende il posto dell'antica Ici, mandata in pensione nel 2008. Sulla prima casa è prevista un'aliquota minima del 4 per mille; per la seconda si parte dal 7,6 per mille, ma ci si può arrampicare fino al 10, 6 per mille, come capita a Roma e a Milano.

Si è capito chiaramente che la mazzata colpirà soprattutto le seconde case, ma l'entità definitiva la scopriremo tra qualche mese. Intanto, un effetto immediato, l'Imu lo ha ottenuto: ingessare ancora di più un mercato che non brillava certo per vivacità. Incombe l'enorme magazzino, come lo definisce Luca Dondi, responsabile del settore immobiliare del centro di ricerche Nomisma. Secondo Dondi, stime prudenziale indicano che sarebbero tra i 700 e gli 800 mila gli alloggi nuovi, pronti o in via di ultimazione, in cerca di acquirente. "A questo invenduto va aggiunta una grossa quantità di alloggi per i quali il mutuo è in moratoria o in fase di acclarata insolvenza, che le banche presto o tardi saranno costrette a dismettere. Per ora gli istituti di credito stanno facendo il massimo sforzo per allungare l'orizzonte temporale della resa dei conti, ma quando questa arriverà sarà inevitabile che sul mercato arrivino pacchetti di immobili con sconti del 20-30 per cento rispetto ai prezzi preventivati, provenienti dai mutui non onorati e dalla sovraproduzione di alloggi nuovi rimasti senza compratore", sostiene l'esperto di Nomisma. Per i primi otto gruppi bancari italiani i prestiti immobiliari superano i 400 miliardi di euro e valgono all'incirca un terzo dell'esposizione, con qualcuno, come la Bpm, vicino al 50 per cento.

A dare fuoco alle polveri stavolta ci ha pensato il 18 aprile il direttore del Censis, Giuseppe Roma. Secondo il quale, anche per colpa dell'Imu, ci potrebbe essere una corsa a liberarsi soprattutto delle seconde case, che contribuirebbe a deprimere le quotazioni del 20 per cento, con punte fino al 50 per cento. L'uscita del capo del Censis ha scatenato molte reazioni negative. Qualche giornale lo ha addirittura etichettato come "terrorista". Anche da parecchi addetti ai lavori sono giunte critiche a Roma. Ma solo per aver sopravvalutato l'impatto negativo dell'Imu. Sull'ipotesi di un'ulteriore limatura dei prezzi sono tutti d'accordo. C'è chi è abbastanza tranquillo, come quelli di Tecnocasa (con 2.200 agenzie, la più capillare rete sul territorio italiano), che vedono un arretramento massimo del 2 per cento per l'anno in corso; chi come Dario Castiglia, del colosso internazionale ReMax, pensa che ci sia spazio per un arretramento del 5-10 per cento; chi non si stupirebbe di punizioni più severe e teme che la fase cupa sia ben lontana dalla conclusione. È il caso di Alberto Lunghini del Reddy's Group: "Sul lungo periodo il mattone è imbattibile, ma temo che il periodo di difficoltà, con prezzi che tendono a calare, possa durare anche fino al 2014 o al 2016. Noi lavoriamo anche per investitori istituzionali e possessori di grandi patrimoni e se questi soggetti non investono in Italia il problema non è il nostro settore immobiliare, ma il rischio-paese. Altrove ci sono ottime opportunità e sistemi fiscali stabili e chiari. Molti grossi proprietari non si sono disamorati della casa; hanno semplicemente scelto di alleggerirsi qui e di comprare all'estero".

Se ancora la retromarcia delle quotazioni non è stata vistosa come in America, in Gran Bretagna o nella Spagna del crac edilizio, dove gli appartamenti nuovi in vendita sono addirittura più di 2 milioni, è principalmente per tre motivi. Il primo sta nella banale constatazione che la percentuale di italiani possessori dell'immobile in cui vivono non ha uguali al mondo (oltre l'80 per cento). "Il clima è bruttino, la crisi picchia duro sul settore commerciale, ma quello italiano è un mercato della prima casa: spesso chi compra lo fa per migliorare la qualità dell'alloggio, la posizione, e vende la vecchia casa. Se non riesce a cedere l'alloggio che ha già, non punta sul nuovo. Comunque, l'ultima grande crisi del mattone aveva fatto precipitare, nel 1996, le compravendite a 460 mila unità: siamo ancora lontani da quei livelli", sottolinea Renato Maffey del gruppo immobiliare Toscano. La seconda ragione si sintetizza nella clamorosa divergenza di aspettative: chi vorrebbe vendere non accetta eccessive decurtazioni dal prezzo che ha in mente di spuntare; o, meglio, non lo accetta ancora. Molte trattative, infatti, non vanno in porto perché il potenziale compratore vede che il prodotto resta sempre più a lungo sul mercato (i tempi medi di vendita sono ormai di oltre sei mesi e mezzo, secondo Nomisma), fiuta l'affare perché è convinto d'avere il coltello dalla parte del manico e chiede il maxi-sconto. Il venditore, se proprio non ha l'acqua alla gola, rifiuta. E il mercato ristagna, con le compravendite ancora sotto le 600 mila, una brutale limatura del 30 per cento rispetto al record di 845 mila del 2006, ricordato con amara nostalgia dagli operatori del mattone. Per la Fiaip, la federazione degli agenti immobiliari professionali, nel 2011 i prezzi del residenziale sono calati in media del 7 per cento (e del 10,6 per cento gli uffici) e, soprattutto, continua a essere troppo ampia la forbice tra la richiesta e l'offerta: il 20 per cento. In molti casi, però, il colpaccio tentato da chi bussa alla porta del venditore arriva anche al 25-30 per cento.

Il terzo fattore pro-crisi è la perseverante difficoltà di accesso ai mutui. Anche se nelle ultime settimane qualche banca ha abbassato sotto il 3 per cento lo spread (cioè il differenziale tra l'indice di riferimento e il costo effettivo del prestito immobiliare), la richiesta e la concessione di mutui è in costante calo e tutti gli operatori mettono il credit crunch sul banco degli accusati. Dove la discesa sarà meno rigida, anche per colpa dell'Imu, è sul fronte delle seconde case a uso vacanza e su quelle da mettere in affitto. "L'Imu va a colpire la già bassa propensione a investire in locazione e peggiorerà la situazione dei giovani e degli immigrati", afferma Mario Breglia di Scenari Immobiliari. Di tutte le compravendite, le seconde case rappresentano tra il 15 e il 18 per cento. Percentuale destinata a diminuire: i contratti per le seconde case sono crollati di un terzo, negli ultimi anni, passando dai 48 mila del 2005 ai 32.300 dell'anno scorso . Per quest'anno è molto probabile che si starà sotto quota 30 mila.

Dal settembre dell'anno scorso, quando è esplosa la crisi del debito pubblico italiano, con la crescita dello spread tra i bund decennali tedeschi e i Btp italiani, molti cantieri all'opera per costruire ambiziose soluzioni, spesso finanziate da primari gruppi assicurativi che nel mattone credono da una vita, hanno visto rarefarsi drammaticamente i visitatori interessati e praticamente azzerarsi i contratti. Tra l'avvio di un progetto e la consegna delle chiavi all'acquirente in Italia possono passare 6 o 7 anni, talvolta anche 10. Tante iniziative pensate quando il business galoppava e pareva dovesse correre per sempre, stanno arrivando adesso a conclusione. "Abbiamo impiegato troppo tempo a realizzarle. E forse l'epoca del mattone che va sempre è finita", commenta Dondi di Nomisma.

È logico, dunque, che il comparto delle costruzioni viaggi col freno a mano: secondo l'Ance, l'associazione dei costruttori edili, nel periodo 2008-2012 la produzione di nuove abitazioni è calata di oltre il 40 per cento. Anche se si edificano meno palazzi residenziali, giace in attesa una montagna di alloggi vuoti, nuovi, ristrutturati, da ristrutturare. E i prezzi non calano, pur in presenza di una domanda potenziale di abitazioni che la stessa Ance immagina di ben 328 mila alloggi all'anno. Aspettando le vendite a pacchetti di immobili invenduti o finiti in mano alle banche per il mancato pagamento dei mutui, si fanno i conti con quella che i tecnici definiscono "rigidità in discesa", con il venditore che cerca di tenere disperatamente sul prezzo. Situazione che, verosimilmente, non potrà durare a lungo. E intanto altre nubi si addensano sulla testa di palazzinari e immobiliaristi: la dismissione di 5 miliardi di immobili pubblici l'anno annunciata dal governo Monti. Tanti mattoni in vendita mentre i compratori scarseggiano.

ha collaborato Maurizio Cannone

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