Le carceri italiane sono sovraffollate, ma anche gli uffici della Polizia Penitenziaria non sembrano essere da meno. Mentre in alcuni istituti di pena il sottorganico degli agenti sfiora il 40%, senza contare la carenza di personale addetto alla rieducazione dei detenuti, negli uffici del Dap invece è difficile trovare una scrivania vuota.
Da anni i sindacati di categoria denunciano un organico della Penitenziaria ridotto all'osso, 39 mila agenti, insufficiente a vigilare correttamente sui detenuti: 66.009 quelli censiti nella rilevazione del 31 luglio scorso. Tra sovraffollamento (che attualmente sfiora le 21 mila unità) turni extra e carenze strutturali, lavorare dietro le sbarre diventa spesso un inferno. E, in linea con il trend allarmante degli ultimi anni, dall'inizio del 2012 già sei agenti di custodia si sono tolti la vita.
Numeri che raccontano una volta di più un sistema carcerario vicino al collasso. Eppure, nonostante la carenza cronica di personale, la Fp-Cgil del settore penitenziario denuncia che 3.148 agenti lavorano fuori dagli istituti di pena, ben oltre i 1.873 previsti dalla pianta organica varata nel 2001 dall'allora Guardasigilli Piero Fassino.
La "fuga" degli agenti dalle carceri agli uffici avviene tramite distacco in «sedi diverse dagli istituti», una procedura facilitata dall'assenza di una pianta organica del Dap. Una pratica che alimenta contrasti tra i sindacati di categoria, con scambi di accuse reciproche di ingerenza nella concessione dei distacchi.
A marzo la direttrice della casa circondariale della Dozza a Bologna, Ione Toccafondi, ha sintetizzato perfettamente la situazione nel penitenziario: «Su 509 guardie assegnate, 136, un numero spropositato, sono distaccate, cioè lavorano altrove». Poi l'affondo: «E' una cosa che capita per questioni di servizio, di famiglia e, purtroppo, per raccomandazioni».
Secondo i calcoli della Fp-Cgil penitenziaria, attualmente circa 900 agenti lavorano negli uffici del Dap, 400 sono in forza al servizio scorte, 60 al nucleo investigativo centrale, 300 nelle scuole di formazione, altrettanti negli uffici di esecuzione penale esterna, e 1.200 nei singoli provveditorati regionali. Senza contare i distacchi al ministero della Giustizia, quelli a Palazzo Chigi e gli oltre 100 alla Procura di Roma.
Tutti trasferimenti necessari? Dati alla mano non sembrerebbe. Un esempio: nel Lazio teoricamente l'organico è superiore alle necessità dei 14 istituti di pena regionali. Eppure alle carceri laziali mancano oltre 1.000 agenti e l'abbondanza sulla carta deriva dai distacchi negli uffici, che per la maggior parte hanno sede a Roma.
«Da mesi è in corso un confronto col Dap per rivedere le piante organiche, ma deve partire dalle esigenze dei penitenziari, non da una sanatoria dei distacchi negli uffici» spiega Francesco Quinti, coordinatore nazionale Polizia Penitenziaria della Fp-Cgil. Poi aggiunge: «E' giusto che ci sia personale addetto ai servizi amministrativi, ma ne basterebbe molto meno di quello attuale, il nostro lavoro si fa nelle carceri, non in ufficio». Non solo: «Il ricorso eccessivo ai distacchi, di cui va verificata la regolarità procedurale, mortifica percorsi di carriera e domande di trasferimento in sedi più vicine ai familiari che magari sono in attesa da anni».
A settembre è in programma la ripresa degli incontri tra sindacati di categoria e il capo dipartimento del Dap, Giovanni Tamburino, per affrontare anche il nodo della pianta organica del corpo. In assenza di novità, conclude Quinti: «Non è da escludere una denuncia per comportamento antisindacale per violazione dello Statuto dei Lavoratori, o un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale».