Rischia di incrinarsi l'intesa tra Ingroia e Luigi De Magistris: lo scontro tra i cofondatori del movimento Rivoluzione Civile è insorto per la candidatura al numero 2 della lista per la Camera, l'unica che garantirebbe accesso a Montecitorio

Sull'Aspromonte si consumò, 150 anni fa, la prima rottura tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II. E in Calabria rischia di incrinarsi anche l'intesa tra Antonio Ingroia e Luigi De Magistris.

Lo scontro tra i cofondatori del movimento Rivoluzione Civile è insorto per la candidatura al numero 2 della lista per la Camera, l'unica che garantirebbe accesso a Montecitorio.

Il sindaco di Napoli avrebbe voluto riservarla ad una sua amica personale, la cosentina Anna Falcone, avvocato amministrativista e docente a contratto di Diritto dell'assistenza sociale presso l'Università della Calabria, da un anno membro del consiglio d'amministrazione di Bagnoli Futura (controllata del Comune), su indicazione dello stesso De Magistris.

Ma alla fine, Ingroia ha deciso di assegnarla invece a Gabriella Stramaccioni, direttrice dell'associazione Libera, dimessasi dall'incarico proprio perché il movimento le aveva chiesto la disponibilità a scendere in campo.

«Avrei dovuto essere inserita nella circoscrizione di Roma», dice la Stramaccioni, «ma poi, nel gioco degli equilibri tra le varie componenti, si sono accorti che non avrei avuto una posizione eleggibile, per cui mi hanno proposto alcune opzioni alternative. A quel punto ho scelto la Calabria, che considero particolarmente vicina per l'attività che ho svolto negli ultimi 20 anni. Non sapevo che c'erano altre rivendicazioni: ne sono venuta a conoscenza quando sono cominciate ad arrivare ad Ingroia una valanga di mail di protesta contro la candidatura di Anna Falcone. C'era infatti un accordo preciso al tavolo romano, per cui il numero 2 della lista, in tutte le circoscrizioni, dovesse essere prerogativa della società civile, e non di esponenti di partito come la signora Falcone, che ha una lunga militanza nel Psi. E probabilmente, anche un legame piuttosto flebile col territorio».

Di tutt'altro avviso, ovviamente, la Falcone: «Una valanga di mail contro di me? Non più di una decina... La vera ondata di proteste, al contrario, si è avuta quando mi hanno fatto fuori. Proprio perché la mia era una candidatura nata dal basso, dalle assemblee locali. Al mio posto, invece, è stata inserita una persona imposta dal vertice, priva di ogni legame con la Calabria. E che, a quanto mi hanno riferito, si sarebbe anche permessa di fare in pubblico volgari insinuazioni su di me (qualcuno avrebbe detto che era l'amante di De Magistris, ndr): sto compiendo delle verifiche, e mi riservo di tutelare la mia onorabilità in ogni sede. Ma la cosa che mi addolora maggiormente è che sono stati esclusi anche tutti gli altri nomi che erano stati indicati dalle assemblee locali: in pratica, in lista alla Camera non è rimasto alcun calabrese (in realtà, solo nei primi 4 posti, ndr). Non credo si tratti di un caso: sono sicura che è il frutto di una strategia precisa, elaborata da persone estranee al movimento, per indebolirlo sul piano elettorale».

De Magistris, come si diceva, non l'ha presa affatto bene. Le bocche sono cucite, ma le persone a lui vicine lasciano trapelare il malumore che sta covando nei confronti di Ingroia, dopo il primo solco già scavato sull'ipotesi di desistenza col Pd al Senato.

C'è chi, addirittura, con garanzia dell'anonimato, si lascia scappare che "per il momento non accadrà nulla, perché non ci sono alternative: ma dopo il voto, chissà...".

Il giovanissimo portavoce regionale del movimento arancione di De Magistris, Francesco Bruno, 24 anni, giovedì è andato a Roma per testimoniare ad Ingroia il malessere del territorio. Questo il resoconto postato subito dopo sulla sua pagina di facebook: «Ho trovato davanti a me una persona disponibile e mite, ma molto stanca. Abbiamo esposto il dramma dell'abbandono della Calabria nelle mani di candidati esterni, calati dall'alto. E l'amarezza per l'abdicazione di qualsiasi spirito rivoluzionario o innovativo. Il metodo seguito nella formazione delle liste e le biografie di alcuni candidati non rappresentano quello che ci aspettavamo. Ingroia ci ha risposto sinceramente che si è trovato in mezzo alle ambizioni, ai veti ed ai ricatti dei partiti. Soprattutto di quei finti partiti comunisti che utilizzano associazioni antimafia politicizzate per pesare di più e dettare legge. Ci ha detto che ormai le liste sono chiuse, non sono più modificabili, e che è dispiaciuto degli scompensi che si sono creati. Ha capito le nostre perplessità, che in parte sono anche le sue, per la mancata corrispondenza in molte regioni tra candidati e territorio. Ci ha chiesto, però, di essere responsabili. Gli ho proposto di prendere lui il seggio calabrese e di farsi garante in prima persona di rappresentare la Calabria in parlamento. Mi ha detto che ci avrebbe fatto sapere».

Lo abbiamo contattato: «Trovo assolutamente inaccettabile», ribadisce, «che nemmeno uno dei nominativi proposti a Roma dalle varie assemblee locali sia stato messo in lista, nemmeno in posizioni non eleggibili. Anche se per accordi di vertice il numero 2 doveva essere per forza riservato alla società civile, si poteva comunque puntare su un calabrese: magari, uno degli imprenditori che hanno denunciato il racket. Ed invece si è voluto negarci ogni possibilità di esprimere la nostra rappresentanza, per consegnarla a qualcuno venuto da fuori. Persino nelle posizioni successive, che pure non dovrebbero essere utili per l'elezione, sono stati collocati un ex sindaco comunista di Ferrara (Roberto Soffritti, ndr), che ha più di 70 anni, e un assessore di Napoli (Alberto Lucarelli, ndr). Spero che Ingroia si impegni pubblicamente ad optare per la Calabria, altrimenti potremmo astenerci dalla campagna elettorale».