I focolarini con i soldi offshore

Nel database sui paradisi fiscali spuntano il movimento cattolico, il barone Taxis di Bordonia e un industriale accusato di truffa allo Stato

I focolarini. Un nobile discendente dei baroni Taxis di Bordonia e Valnigra. Il manager di una tv privata di grandi ambizioni, poi finita in liquidazione. E ancora tanti altri che in passato guardavano là dove nascono società offshore anche a prezzi stracciati, pagando solo 495 dollari per il rinnovo annuale: imprenditori high tech e di pavimenti, re di abbigliamento per bambini e commercialisti di grido. Si allarga l'elenco di chi si è avventurato negli atolli dei paradisi fiscali. Per la terza settimana "l'Espresso" prosegue nella pubblicazione dei file messi a disposizione da "The International Consortium of Investigative Journalists" (Icij) di Washington: un database di 122 mila società che ha creato uno scandalo mondiale, tanto da spingere i governi europei a chiedere una revisione delle regole sulla finanza globale. Per impedire che gli staterelli tropicali offrano schermi di comodo per operazioni opache.

MISTERI DEL COSMO."Focolare Movement (Italy)". Sorprende leggere che i Focolarini, il movimento cattolico fondato nel 1943 a Trento da Chiara Lubich e diffuso in 182 Paesi, sarebbero "beneficiari" del "Cosmo Trust", costituito nel 1997 nelle Cook Islands, con la consulenza di una delle più importanti società di revisione, la PricewaterhouseCoopers. Possibile? Dalla centrale italiana del movimento un portavoce precisa che nel 1987 la "Focolare Ltd", fondata nel 1970, si è trasformata in "Focolare Movement" , per raccogliere donazioni a Hong Kong da una banca locale. Ma - dichiara - non ha ricevuto elargizioni da parte del "Cosmo Trust". Anche altre istituzioni a carattere umanitario risultano associate a questo trust: tra i suoi beneficiari compare "The Red International Cross", la Croce Rossa Internazionale. E a infittire il mistero c'è la presenza della stessa Croce Rossa in una ventina di trust diversi: dal "Berthold" al "Leo", dal "Phoenix" al "Triton", distribuiti tra Stati Uniti, Svizzera o Canada e registrati, oltre che alle Cook, anche alle British Virgin Islands. Un attivismo finanziario che non sembra trovare spiegazione. Alcuni esperti ritengono che inserire i nomi di organizzazioni umanitarie serva solo per allontanare i sospetti dalle creature offshore: un sistema per abbellirne l'immagine in caso di controlli. Ma la verità potrà venire solo da eventuali accertamenti fiscali o penali.

SULLA SCIA DI WIND
. Con i telefoni ha fatto carriera in fretta. Nel 2000, a soli trent'anni, Guido Fienga era già un manager di punta della neonata Wind, all'epoca controllata dall'Enel. Con la televisione, invece, gli è andata un po' meno bene. Nel gennaio del 2011, quando Dahlia tv è arrivata sul binario morto della liquidazione, l'amministratore delegato era proprio lui, Fienga. Niente da fare, la rete controllata dal gruppo svedese Wallenberg chiuse i battenti dopo mesi di vita stentata e l'ex numero uno è ripartito da Sistemia, società romana di servizi alle imprese, dal recupero crediti alle visure commerciali.

È questo l'ultimo incarico conosciuto per Fienga, che però, a quanto pare, ha fatto tappa anche alle British Virgin Islands. Secondo l'archivio l'offshore, il nome del manager capitolino è legato alla società Divemaster enterprise, di cui sarebbe beneficiario:"beneficial owner"si legge nei documenti. Va segnalata un'altra circostanza. Per alcuni mesi, nella seconda metà del 2005, Fienga è stato amministratore della Ta.co srl, la società coinvolta nell'indagine sulla presunta tangente per la vendita di Wind da Enel al magnate egiziano Naguib Sawiris.

Nel dicembre del 2005, il manager poi passato a Dahlia tv fu sostituito nel consiglio di Ta.co da Bruno Capone . Proprio lui, il commercialista romano che, come ha rivelato "l'Espresso" nel numero scorso, a sua volta compare nel database della finanza caraibica. «Non ne so niente», ha replicato Capone a suo tempo contattato da questo giornale. Il presidente di Ta.co. si chiama Paolo Lo Bascio, un manager che ha percorso un tratto di carriera insieme a Fienga. Entrambi lavoravano in Wind e nel 2005 sono passati alla Sae, una società controllata dal finanziere Alessandro Benedetti, pure lui indagato, come Capone e come Lo Bascio, nell'inchiesta della procura di Roma su Wind. Un'indagine nata nel 2008, su fatti proprio del 2005, infine archiviata per prescrizione nel 2010, dopo che le rogatorie inviate a Singapore, Stati Uniti e Gran Bretagna erano rimaste senza risposta.

MODA ESTERA. Gli appassionati del genere lo conoscono come grande collezionista d'auto d'epoca, ma il varesino Giuseppe Prevosti è soprattutto l'erede di una dinastia imprenditoriale che ha costruito la sua fortuna fin dagli anni Settanta con la produzione in conto terzi di eskimo e poi di loden. Da tempo ormai il gruppo Preca Brummel, controllato dalla famiglia Prevosti, si è specializzato nell'abbigliamento per bambini, forte anche di una rete di centinaia di punti vendita con insegne come Brums. Nella lista offshore Giuseppe Prevosti, 67 anni, presidente del gruppo con base a Carnago, vicino a Varese, spunta come titolare della Ever Race Investments, che batte bandiera delle British Virgin Islands. Il nome Ever Race sembra rimandare alla passione dell'imprenditore per le auto d'epoca. A ben guardare però si trovano tracce della famiglia Prevosti anche in un altro paradiso fiscale. Il capitale sociale della holding Preca Brummel risulta infatti intestato alla finanziaria Sodeco Lux, con base in Lussemburgo.

TESORO D'ORIENTE. Altri interrogativi nascono esaminando il ricco dossier di Icij. Ad esempio, la "East Treasure Group Limited", sorta nel '97 alle British Virgin Islands. "Shareholder", cioè azionista, sarebbe un personaggio eccellente, erede della più antica nobilità italiana: Paolo Pasio Maurizio Taxis di Bordonia e Valnigra , residente prima a Milano e in seguito a Bologna. Una casata che richiama alla memoria l'invenzione del servizio postale. La "East Treasure", questo "tesoro d'Oriente" nella traduzione letterale, però, non mostra una grande attività, al punto che è stata cancellata nel 2000. E Paolo Taxis spiega a "l'Espresso" che la "East Treasure" era stata creata «per una singola operazione commerciale, neanche andata in porto».

DA TRIESTE ALL'EST. Tutt'altra storia quella che riguarda Fulvo Degrassi , commercialista di Trieste, un cumulo di cariche alle spalle, con studi all'estero, da Mosca a Bucarest, da Sofia a Zagabria. È stato consulente di Riccardo Di Tommaso, titolare del gruppo udinese di abbigliamento Bernardi, ceduto nel 2012 alla Coin e ultimo proprietario di Postalmarket (vedi "l'Espresso" n. 15). Ed è in questa veste professionale che troviamo Degrassi protagonista di un meeting a Hong Kong, il 20 ottobre 2006, insieme allo stesso Di Tommaso e a un certo Cristian Rossi. Oggetto dell'incontro, la situazione di alcuni trust con sede a Singapore e alle Isole Vergini, tutti di Di Tommaso. Ma non è tutto. Il dottor Degrassi è associato ad altre offshore delle British Virgin Islands: la "Kwai Ying Development Ltd" e la "Commit Ventures Ltd", dove compare come "beneficiario proprietario".

WEB E PECORINO. Paolo Grazzini è noto alle cronache finanziarie per aver comprato nel 2002 la software house Atlantis messa in vendita dalla Saras dei Moratti. Dall'altra parte del mondo, nelle caraibiche British Virgin Islands, il nome dell'imprenditore toscano viene fuori invece come azionista ("shareholder") della finanziaria White River Holdings Group. Non si sa quale sia stato il destino della società caraibica. Di certo la parabola della Atlantis si è conclusa nel 2008, con il fallimento. Nel frattempo la società dei Grazzini, oltre a Paolo anche il padre Raffaello, aveva intercettato decine di milioni di euro di contributi pubblici per la ricerca nel settore informatico, provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale. Con il mercato delle nuove tecnologie in piena espansione, gli imprenditori originari della Toscana si lanciano nel business dei software e soluzioni informatiche per la pubblica amministrazione. Atlantis mette in piedi una piattaforma per la produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti tipici sardi: vino e pecorino soprattutto. E poi studi per la valorizzazione del territorio e il pomposo programma "la città dell'innovazione" di Cagliari. Grazie alla pioggia di denaro si arriva a 200 dipendenti, ma quando l'economia rallenta ecco la crisi e la cassa integrazione. Nel 2008 arriva il fallimento. E tre anni dopo si scopre che c'è anche dell'altro. La Guardia di Finanza ricostruisce una truffa da 25 milioni: per anni Atlantis ha goduto di sovvenzioni per programmi informatici e corsi di formazione fantasma; dipendenti spacciati come esperti per ricerche rimaste sulla carta. Le Fiamme Gialle individuano un seminario di sei mesi sospeso dopo appena due lezioni. I Grazzini sono stati denunciati per truffa aggravata ai danni dello Stato.

PAVIMENTI PER TUTTI. Nell'archivio offshore Sara e Mauro Maccani sono "shareholder" (azionisti) della Trade-In Ltd delle Isole Vergini, nata nel 2007 su indicazione della filiale di Singapore della banca svizzera Ubs. «Non mi sento di parlarne», ha risposto a "l'Espresso" Sara Maccani. Lei è la terza generazione della famiglia che da sessant'anni produce pavimenti con base in Trentino. L'azienda nasce dall'intuizione del nonno Giuseppe Maccani, che alla fine della guerra inizia la vendita di prodotti in plastica e gomma. In pochi anni dal centro di Trento, grazie anche alla collaborazione con Pirelli, la piccola realtà si specializza nei primi pavimenti in gomma, pvc, linoleum e moquette, una novità nell'Italia del boom economico. Nel 1956 Mauro subentra nell'attività e si concentra sulla cantieristica, internazionalizzando l'azienda. La gamma si allarga poi al legno. Oggi grazie ad una rete di vendita capillare l'impresa riveste ospedali, scuole, palestre, teatri in Italia e all'estero: tra i pavimenti più prestigiosi a firma Maccani il Palazzo della Regione di Udine e l'ex Michelin di Trento, ristrutturata da Renzo Piano. Tanti successi che hanno fatto salire il fatturato a quattro milioni l'anno. Con le tentazioni di quel trust sotto le palme nei Caraibi.

L'edicola

Le radici culturali dell'Europa, antidoto al caos

Contro la crisi identitaria del Continente non c’è che uno sbocco: la riaffermazione dei valori comuni

La copertina del decimo numero: "Vieni avanti, straniero".