Da gennaio a marzo, in Italia, 32 persone si sono uccise per motivi economici. Una cifra quasi raddoppiata rispetto allo stesso trimestre del 2012

Quando la recessione uccide

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Fonte: Centro Documentazione Link Lab dell'Università degli Studi Link Campus University

«Andrebbero presi tutti a calci nel sedere, andrebbero messi a digiuno, presi a bastonate, fino a quando non si decidono ad approvare delle leggi per il bene del Paese che sta affondando». Ha iniziato così la sua omelia don Enzo Romano, parroco di San Rocco, chiamato a celebrare il funerale di un imprenditore morto suicida il 19 aprile, a Gela, in Sicilia: «Non riescono neanche a governare, pensano solo ai loro interessi di partito», ha continuato, accusando il non-governo di non guardare ai problemi della gente.

La sua gente è sicura che l'infarto che ha colpito Nunzio Cannizzo, 49 anni, una piccola azienda di gestione rifiuti, da sempre in trincea contro i clan e il racket dell'immondizia, sia in realtà un suicidio, un atto di condanna allo Stato che lo aveva abbandonato dopo la sua denuncia a 11 mafiosi, poi dichiarati colpevoli. Una denuncia che gli era valsa terra bruciata intorno all'impresa, e la fine degli appalti.

Quella di Nunzio è una delle tante storie. Quattordici, quelle di imprenditori che dall'inizio dell'anno hanno deciso di suicidarsi di fronte alla crisi economica e alla mancanza di risposte da Roma. Uomini, principalmente, sopra i 50 anni, convinti di non farcela. «Senza lavoro non c'è speranza, senza speranza non c'è voglia di vivere», ha lasciato scritto ai familiari il titolare di un'azienda di Ferrara, prima di uccidersi. I figli, i dipendenti, i fratelli o le mogli li ritrovano impiccati nell'azienda che non avrebbero voluto lasciare, nella casa pignorata per debiti, nel capannone chiuso per mancanza di commesse.

Da gennaio a marzo sono stati 32 i suicidi per motivi economici in Italia. Quasi il doppio di quanti avevano colpito il Paese il primo trimestre scorso, secondo i dati di LinkLab. «Accanto alle agevolazioni esistenti per le imprese in crisi, occorre ampliare l'aiuto ai titolari di piccole attività», chiedono i portavoce di Comitas, l'associazione delle microimprese italiane. Come? «Attraverso moratorie, congelamenti, rateazioni e sospensioni dei debiti».

Se non verranno seguite proposte di questo tipo, se i Comuni non inizieranno ad avere sportelli per aiutare le azienda in difficoltà, dicono al Comitas, corriamo il rischio di una silenziosa «ecatombe» di persone schiacciate dai debiti. Dipendenti, disoccupati o imprenditori come il cinese Zhou Zhaowu, che si è dato fuoco a Faenza di fronte all'azienda di abbigliamento di Germano Zama, che da tempo non pagava i prodotti consegnati. «Vantiamo oltre 2 milioni di euro di crediti, oramai irrecuperabili, da aziende medio-piccole, che sono sparite a causa della crisi del sistema economico-finanziario», ha detto Zama, esprimendo la sua solidarietà al fornitore ricoverato in ospedale.

Vicende come questa si trovano in tutta Italia, fra gli albergatori delle Eolie, nei distretti del tessile, ma soprattutto nel Nord Est. Anche in questi primi mesi del 2013 infatti il maggior numero di suicidi è avvenuto in Veneto, dove le associazioni di categoria sono arrivate a chiedere alla stampa di soppesare al massimo le parole, per frenare l'effetto di emulazione che questi atti continuano ad avere sul territorio.

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