È ancora record negativo per il Pil italiano: i dati diffusi dall'Istat indicano un nuovo calo nel primo trimestre 2013. Il che significa che siamo ormai al settimo trimestre consecutivo in cui si registra una contrazione del prodotto interno lordo. Non era mai successo dall'inizio delle serie storiche dell'Istat nel 1990.
Tra gennaio e marzo 2013 il calo è dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti, leggermente peggiore del consensus degli analisti (-0,4%). In questo quadro è una magra consolazione che si tratti di una performance migliore del quarto trimestre del 2012, quando l'economia si è contratta dello 0,9% (a livello annuale il calo è stato del 2,3% rispetto al -2,8% del quarto trimestre 2012). Pur indicando che la recessione si sta attenuando, secondo l'Istat il calo già acquisito per il 2013 è ormai dell'1,5% contro la previsione del governo a -1,3%.
Ed è l'ennesimo peggioramento. È mesi che le stime sul Pil continuano periodicamente a essere riviste al ribasso da tutti i centri studi più autorevoli e dalle organizzazioni internazionali come Ocse e Fmi. La caduta sembra non toccare mai il fondo. Quando torneremo al segno più? Gli analisti di Unicredit stimavano un piccolo incremento del Pil già nel trimestre in corso. Ma ora, rilevano in un report, i primi indicatori invitano alla cautela e mostrano nella sostanza quasi nessun miglioramento rispetto al primo trimestre. La banca ha messo così sotto revisione le stime del trimestre così come le proiezioni sull'intero anno, anche se non esclude la possibilità di vedere una crescita marginale nel secondo semestre del 2013.
"Nelle sue stime il Governo sconta il fatto che l'ultimo trimestre 2013 sia positivo inglobando l'effetto del rimborso dei debiti della Pa - afferma Tito Boeri, professore di Economia all'Università Bocconi - ma mi sembra che su questo fronte si stia procedendo a rilento, le procedure sono macchinose. Ritengo che il primo trimestre positivo slitterà al 2014".
Cosa si può fare subito per rilanciare l'economia? "Bisogna certamente portare a termine l'operazione sul debito della Pa - rileva Boeri - non solo sanando il pregresso ma anche rivedendo i meccanismi e cambiando le regole sulla contabilità, passando a un bilancio per cassa dal bilancio per competenza, cosa che darebbe maggiore certezza alle imprese". Per Boeri è poi prioritario ridurre la pressione fiscale sui salari più bassi, meglio tramite trasferimenti che tramite crediti di imposta. "La mia proposta - dice - è introdurre, come in Germania, un livello di salario minimo garantito: lo Stato integra la differenza tra quanto paga l'azienda e questa soglia minima, ovviamente fissando un livello minimo per la remunerazione da parte delle aziende".
Anche l'economista Alberto Quadrio Curzio esclude si possa tornare a crescere nell'anno in corso. "Non so quando ma il primo trimestre con segno più non lo vedo nel 2013", afferma ricordando che la crisi è "pesantissima", "la peggiore d'Europa": tra il 2008 e il 2013 il calo del Pil è ormai di almeno l'8,5%, il più marcato dopo Paesi come Portogallo, Grecia e Irlanda. Per rilanciare l'economia, una volta chiusa la procedura di infrazione per deficit eccessivo ormai prossima a maggio, si può cercare di spuntare maggiore flessibilità per gli investimenti trattando con l'Europa e trovare un aiuto nel rapido sblocco dei debiti della Pubblica amministrazione.
Ma non basta di certo. "Bisogna inventarsi altro", dice Quadrio Curzio. E anche per lui i lavoratori devono essere al centro dell'agenda. "Bisogna subito ridurre il cuneo fiscale contributivo - spiega - una manovra che da un lato mette in tasca più soldi ai lavoratori, dall'altro aumenta la competitività all'estero. Bisogna vedere se questo governo è in grado di ottenere maggiore flessibilità come hanno fatto Francia e Spagna. Ma l'Italia è un sorvegliato speciale per via del debito, sebbene tra il 2008 e il 2013 sia aumentato meno che in Spagna". D'altra parte la politica è ormai ai tempi supplementari e fra poco sarà fischiato il game over. Così la ricetta di Roger Abravanel, l'autore di "Meritocrazia", è radicale. "Bisogna andare subito a elezioni", dice, "è indispensabile un governo di maggioranza per mettere mano a quelli che sono i nostri reali problemi".
Per Abravanel c'è poco che si può fare subito: "il nostro problema non è congiunturale, non è la crisi mondiale - dice - i nostri problemi sono strutturali ed è necessario fare programmi di riforma che rifondino la struttura del mondo delle imprese italiane che sono troppo piccole, non sono nei settori giusti e non crescono, servono poi una riforma della giustizia civile che funzioni e della scuola che insegni a fare compiti specifici. Ma un governo così non può fare nulla di questo". Così per rivedere a breve il segno più nel Pil siamo in balìa della ripresa internazionale: per l'ex consulente McKinsey se la situazione migliorerà nei prossimi trimestri non dipenderà da quello che fa l'Italia ma da cosa succede nell'economia mondiale. "La cosa migliore che si può fare subito - dice Abravanel - è impostare un dibattito sulla giustizia civile sull'organizzazione dei tribunali e non sull'accanimento contro Berlusconi". E sul fronte economico è necessario lasciar stare l'Imu ma dare più soldi ai poveri. "Togliere l'Imu è una stupidaggine, è ingiusto, l'80% è pagata dai più ricchi, se si toglie non si consuma di più - spiega Abravanel - L'unica cosa che si può fare è mettere in tasca 100 euro in più ai veramente poveri che li spenderanno per mangiare".