Il rapporto Oxfam ha calcolato che 85 "Paperoni" hanno accumulato più ricchezza di quanta riuscirebbero a mettere insieme 3,5 miliardi di persone più povere della terra. E il divario tra ricchi e poveri continua ad ampliarsi

Cosa succede se 85 “Paperoni” del mondo hanno accumulato più ricchezza di quanta riuscirebbero a mettere insieme i 3,5 miliardi di persone che appartengono alla metà più povera degli abitanti del pianeta? E cosa accade se i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri? Semplice: speranza e fiducia, motore dell'ascensore sociale, muoiono. Se l'uomo si convince, con ragionevole certezza, che le cose non possano cambiare, smetterà di investire su se stesso. Perché studiare? Perché fare sacrifici e spaccarsi la schiena se non c'è possibilità di riscatto?

Un esempio. Nthabiseng è nato in una famiglia di colore di Limpopo, area rurale del Sud Africa. Sua madre non ha frequentato alcuna scuola, il padre è disoccupato. Sono una famiglia povera. Pieter è nato in un ricco quartiere di Città del Capo. I suoi genitori sono entrambi laureati alla Stellenbosch University e hanno due lavori ben pagati. Cosa questo significhi in termini di opportunità è presto detto: Nthabiseng ha una probabilità e mezzo in più rispetto a Pieter di morire nel primo anno di vita, mentre quest'ultimo può contare su una aspettativa di vita di oltre 15 anni superiore a quella della ragazza. Inoltre Pieter ha ottime probabilità di completare gli studi universitari, mentre Nthabiseng può considerarsi fortunata se riuscisse a completare il primo anno di studi scolastici. Beni primari come acqua pulita e assistenza sanitaria sono fuori dalla sua portata. E, se avrà figli, le probabilità che crescano nella sua stessa povertà sono molto alte.

Il rapporto
Oxfam: Il boom delle disuguaglianze in un mondo che ha perso la retta via
29/10/2014


Nthabiseng e Pieter non hanno, ovviamente, alcuna responsabilità in relazione al luogo dove sono nati, al proprio sesso o alla ricchezza e istruzione della loro famiglia. Ma lo stesso non può dirsi dei governi che hanno l'obbligo di intervenire per migliorare le condizioni di vita delle persone e favorire la possibilità di crescita culturale ed economica di tutti. Senza azioni politiche mirate, queste ingiustizie si riprodurranno in ogni angolo della terra.

E' questo il messaggio più amaro di “Inequity Campaign Report” analisi realizzata da Oxfam International, la confederazione di organizzazioni non governative che cercano di trovare soluzioni alla povertà, alle disuguaglianze e alle ingiustizie nel mondo.

Le attuali tendenze nei salari e nella distribuzione delle ricchezze raccontano una storia abbastanza chiara: la forbice tra ricchi e poveri è oggi più ampia che mai. E la crisi ha contribuito ad allargarla ulteriormente, mentre il potere è sempre più concentrato nelle mani di una ridottissima élite.

La disuguaglianza non è più un fenomeno circoscritto ad alcune aree geografiche ma si è globalizzata: dal Ghana alla Germania, dal Sud Africa all'Italia, nessun governo può dichiararsi escluso. In Sud Africa c'è più diseguaglianza sociale ed economica oggi che ai tempi dell'apartheid, ma la forbice si sta allargando ovunque, dalla Gran Bretagna all'Italia.

Oxfam ha calcolato che 85 persone hanno accumulato una ricchezza che è pari a quella messa insieme dalla metà più povera della popolazione mondiale. Tra il marzo 2013 e il marzo 2014, questi Paperoni hanno incrementato il capitale di 688 milioni di dollari al giorno. Se Bill Gates decidesse di spendere un milione di dollari al giorno, gli ci vorrebbero 218 anni per dare fondo a quanto accumulato. L'accumulo di capitali in poche mani, non riguarda più solo i Paesi più ricchi del pianeta. La classifica dei “Paperoni” è guidata da un messicano, Carlos Slim, che ha superato Bill Gates nel luglio scorso. Oggi 16 miliardari prosperano nell'Africa sub-sahariana, dove 358 milioni di persone vivono nella povertà più estrema.

Gli economisti del Fondo monetario internazionale hanno documentato come la disuguaglianza economica sia una delle cause dell'attuale crisi finanziaria globale. Ma le ripercussioni non sono solo finanziarie. La forbice sociale ed economica corrompe la politica, sempre più condizionata dalle lobby di potere, ostacola la crescita dell'economia reale, soffoca la mobilità sociale e alimenta crimini e conflitti.

Se la mobilità sociale si ferma, viene a mancare uno dei motori più importanti nella fiducia delle persone. Il patto non scritto del sogno americano era: “Investo su me stesso perché so che questo mi permetterà di fare una vita migliore”. La radicalizzazione e globalizzazione della diseguaglianza uccide i sogni e le ambizioni di miliardi di persone che non trovano stimoli alla crescita. Se la povertà viene vissuta come condizione e condanna definitiva, per sé e per le generazioni future, perché fare una vita di sacrifici nella speranza di un riscatto?

Così la società si ferma: molte famiglie sono condannate alla povertà per generazioni, mentre poche altre godranno di privilegi tramandati da padre in figlio. Se nasci povero in una società a forte diseguaglianza, molto probabilmente morirai povero e poveri saranno i tuoi figli e i tuoi nipoti. In Pakistan, un bambino nato in una delle famiglie che compongono il 20 per cento della popolazione più povera ha l'1,9 per cento di possibilità di entrare nel gruppo del 20 per cento più ricco. In America, circa la metà dei bambini nati in famiglie a basso reddito rimarrà un adulto a basso reddito.

Italia in coda tra i paesi dell'Ocse
In Italia, secondo l'Ocse, dalla metà degli anni Ottanta fino al 2008, la disuguaglianza economica è cresciuta del 33 per cento. Si tratta del dato più alto tra i 34 paesi membri, la cui media si ferma al 12 per cento. Questa disuguaglianza, tradotta in dati statistici, significa che attualmente l'1 per cento delle persone più ricche del nostro paese detiene più di quanto posseduto dal 60 per cento della popolazione, cioè 36,6 milioni di persone. La crisi economica non ha fatto altro che inasprire questo rapporto: dal 2008 ai giorni nostri, gli italiani che versano in povertà assoluta sono quasi raddoppiati fino a superare quota 6 milioni, il 10 per cento circa dell'intera popolazione.

Tasse e salari
Povertà e disuguaglianza non sono figlie del destino, ma il risultato di consapevoli scelte politiche ed economiche. Le regole elementari di giustizia sociale vorrebbero che a dare di più siano quelli che più hanno. Non è così.

Oxfam international ha calcolato che una tassa di appena 1,5 per cento sulle ricchezze dei miliardari del pianeta metterebbe insieme 74 miliardi di dollari. Abbastanza denaro per pagare la sanità nei 49 Paesi più poveri e per garantire l'acceso alla scuola di ogni bambino nel mondo. Invece in questi anni di liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati stiamo assistendo, anche da parte di alcune grandi multinazionali, a programmi di elusione fiscale, quando non di vera e propria evasione, che i governi non sembrano intenzionati a contrastare.

C'è un urgente bisogno di ridistribuire le ricchezze in maniera da riequilibrare e contrastare l'estrema disuguaglianza. Un esempio? In Nicaragua i poveri pagano una percentuale in tasse più alta dei ricchi. Così i soldi generano altri soldi. La povertà diventa una spirale verso il basso. Negli Stati Uniti degli anni Sessanta, un amministratore delegato guadagnava più o meno trenta volte di più dei propri dipendenti. Oggi guadagna circa 300 volte di più di un semplice lavoratore. Il sistema fiscale dovrebbe essere uno degli strumenti più importanti per indirizzare la redistribuzione della ricchezze. E invece sappiamo come vanno le cose. Anche da noi.

Lobby: quando i soldi comprano la politica
In questi anni abbiamo assistito a un approccio fondamentalista: “meno Stato, più mercato”. Secondo i sostenitori di questa politica, la crescita economica deriva dalla riduzione dell'intervento governativo che lascia il mercato libero di agire con i propri strumenti: deregulation, rapida riduzione della spesa pubblica, privatizzazioni, liberalizzazioni finanziarie e commerciali, generosi tagli alle tasse per le corporation e per le ricchezze accumulate. Le lobby finanziarie hanno potuto esercitare una crescente pressione sulla politica per piegarla ai propri interessi, con il risultato di radicalizzare l'estrema disuguaglianza che oggi possiamo osservare in tutto il mondo. Per alcuni il gioco vale la candela: ogni anno le istituzioni finanziarie destinano più di 120 milioni di euro agli eserciti dei lobbisti che possono indirizzare la politica della UE verso i loro interessi. Ecco perché, spesso, le grandi fortune sono legate a concessioni e privatizzazioni esclusive da parte dei governi.

In Africa le grandi multinazionali sfruttano la propria influenza per evitare l'imposizione fiscale e le royalty. Una pratica diffusa in molti paesi: le élite che detengono il potere economico hanno ampie opportunità di influenzare i processi politici, rafforzando un sistema nel quale la ricchezza e il potere sono sempre più concentrati nelle mani di pochi. L'economista francese Thomas Piketty, autore del saggio Il Capitale nel XXI secolo, sostiene che in una società “dove il capitale rende più del lavoro”, senza un intervento di riequilibrio nelle politiche mondiali da parte degli Stati, il mercato tenderà a concentrare sempre più la ricchezza nelle mani di una piccola minoranza. Le distanze tra chi ha di più e chi di meno aumentano invece di diminuire: vantaggi e privilegi continueranno per generazioni.