Attualità
10 novembre, 2014

Scompare Franco Giustolisi, scoprì 'L'armadio della vergogna' sulle stragi nazifasciste

Il giornalista, firma storica dell'Espresso, fu il primo a parlare dei fascicoli nascosti sugli eccidi compiuti dai nazifascisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Da Marzabotto a Sant'Anna di Stazzema. E continuò fino alla fine a cercare giustizia

A pochi giornalisti succede di entrare, con un'espressione coniata da loro, nel parlare e nel sentire comune. E' accaduto a Franco Giustolisi, firma storica dell'Espresso, scomparso nelle ultime ore, con 'l'armadio della vergogna'.

Oggi, chiunque conosca la storia recente del nostro Paese o si interessi al nostro Novecento sa che queste parole si riferiscono a un mobile, rinvenuto nel 1994 in un locale di palazzo Cesi-Gaddi (sede di vari organi giudiziari militari) in via degli Acquasparta a Roma.

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Conteneva 695 fascicoli d'inchiesta e un Registro generale riportante 2274 notizie di reato, relative a crimini di guerra commessi sul territorio italiano durante l'occupazione nazifascista. In quell'armadio vi erano, tra gli altri, i fascicoli relativi alla strage di Sant'Anna di Stazzema, in Toscana, all'eccidio di Marzabotto, alle Fosse Ardeatine

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Quel mobile girato faccia al muro, scoperto dal procuratore Antonio Intelisano, grazie a Giustolisi che fu il primo della stampa a parlare del caso (e ci scrisse in seguito un libro, intitolato proprio L'armadio della vergogna, ed Nutrimenti) diventò il simbolo stesso della necessità di indagare sui crimini mai puniti della Seconda Guerra Mondiale.


Cronista fin dagli anni Cinquanta per Paese Sera e Italia Domani, poi inviato speciale per la Rai e in seguito per L'Espresso, dopo quella scoperta Giustolisi non smise mai di indagare e portare alla luce con i suoi articoli i lati oscuri delle indagini e le lacune della giustizia sulle stragi nazifasciste.


Ecco l'ultimo pezzo scritto da Pier Vittorio Buffa per il nostro giornale proprio sulle ricerche di Giustolisi e l'evoluzione giudiziaria della vicenda

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