L'indice di produttività realizzato da OpenPolis e presentato in anteprima dall'Espresso parla chiaro: può bastare un piccolo manipolo di eletti per raggiungere dei risultati politici. E il Carroccio straccia tutti in questa classifica. Mentre i democratici vengono annullati dall'azione di governo e i grillini si rivelano inefficaci

Certo, l’impegno è importante. Ma per conseguire risultati, in Parlamento non basta la buona volontà. Serve soprattutto una strategia. Quella capace di trasformare una piccola falange come la Lega in un esercito capace di ottenere molto più della centuria del Movimento cinque stelle. Il rischio, altrimenti, è diventare dei semplici schiaccia-pulsanti, come sta accadendo agli onorevoli del Pd.

Sono tante le sorprese che riserva l’indice di produttività parlamentare curato dall’associazione Openpolis, che “l’Espresso” presenta in anteprima. Un dossier che fotografa al 10 ottobre scorso l’attività finora svolta da deputati e senatori: non solo la partecipazione ai lavori e gli atti presentati ma anche l’iter dei progetti di legge e il consenso ricevuto. A ognuno di questi elementi viene assegnato un punteggio diverso, fino a ottenere i risultati delle tabelle pubblicate in queste pagine. Che così offrono una valutazione della capacità di incidere sulla legislazione.

Indice di produttività media alla Camera

MOVIMENTO TRE STELLE
Si scopre così che alla diligenza dei Cinque stelle, ai primi posti per presenze in Aula, fa da contraltare un livello di efficacia assai basso: su dieci gruppi, i grillini si piazzano al quinto posto alla Camera e addirittura all’ottavo al Senato, dove solo Forza Italia e Gal fanno peggio. Per trovare il primo deputato pentastellato occorre scendere al 14esimo posto della classifica generale: il pescarese Andrea Colletti, che da relatore di minoranza sui due decreti sulle carceri ha impedito ad esempio che gli sconti di pena riguardassero anche i condannati per mafia e delitti gravi. A seguire, Davide Crippa e Massimo De Rosa, rispettivamente 25esimo e 26esimo.

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Non va meglio a Palazzo Madama, dove il primo è Vito Crimi, assai operoso sulla riforma costituzionale e della Pubblica amministrazione ma soltanto 25esimo. Nemmeno gli esponenti di primo piano, ormai noti anche al grande pubblico, hanno ottenuto granché: Roberta Lombardi è 188esima, Luigi Di Maio 220esimo (ma la vicepresidenza della Camera limita la sua attività), Alessandro Di Battista è addirittura al numero 257, con un indice di produttività pari a 40,33 (la media è 60,19). Quanto meno “Dibba”, come lo chiamano le ammiratrici, è in buona compagnia: nella stessa situazione si trovano 90 suoi colleghi, il 63 per cento dei Cinque stelle. Il motivo? L’inesperienza, ma anche un’intransigenza identitaria che porta i grillini a non firmare proposte altrui, col risultato di veder bocciate quasi tutte le proprie. Ammette Colletti: «È vero, siamo poco strategici, votiamo solo le cose che riteniamo giuste. Non ci interessa degradare le nostre istanze per ottenere qualcosa».

Indice di produttività media al Senato

LEGA STRATEGA
Eppure con un governo di larghe intese imposto dai numeri più che dalla convinzione, qualche spazio di manovra per le opposizioni ci sarebbe, se in testa alla classifica di Camera e Senato ci sono due onorevoli della minoranza: il leghista Matteo Bragantini e la vendoliana Loredana De Petris, premiata dalla battaglia estiva contro la riforma istituzionale. «È stato pesante anche fisicamente» ricorda lei «ma abbiamo smosso l’opinione pubblica e ora sul territorio si sta ricostituendo la rete di comitati a difesa della Costituzione». L’esponente di Sel ha all’attivo anche un ddl divenuto legge (l’introduzione del reato di voto di scambio, passato come testo unificato) e altri tre testi“fusi” con proposte analoghe e già approvati al Senato: inserimento della tortura nel codice penale, reddito minimo garantito e dimissioni in bianco.

I dieci deputati più produttivi alla Camera


È tuttavia il Carroccio che si sta rivelando un asso pigliatutto: primo in entrambe le Camere e con quattro deputati e due senatori nella top ten. Eccessiva accondiscendenza nei confronti del governo? Tutt’altro. I padani sono stati inflessibili con Letta e Renzi: su 48 leggi approvate, a Montecitorio hanno dato il loro voto favorevole appena 7 volte (contro le 8 di Fratelli d’Italia e 9 del M5S). Ciononostante, hanno ottenuto molto rispetto ai 35 parlamentari di cui dispongono.

Ne sa qualcosa proprio Bragantini, relatore di minoranza di tutti i principali provvedimenti, dall’Italicum all’abolizione del finanziamento ai partiti, e autore di un progetto di legge sugli appalti secretati che - caso raro - ha già terminato l’esame in commissione: «Il nostro segreto? Presentare più emendamenti su uno stesso punto, da quello ottimale alla versione minimal, in modo da portare a casa almeno qualche risultato. Tanto nulla ci impedisce alla fine di votare comunque contro un provvedimento. È anche una questione d’esperienza: ci vuole tempo per capire come muoversi in una macchina così complessa». E il veronese Bragantini, prima di approdare a Montecitorio nel 2008, ha svolto tutto il cursus honorum, da segretario di sezione ad assessore provinciale. Un po’ come il suo concittadino e compagno di banco Massimiliano Fedriga, terzo in classifica. Per non parlare di Roberto Calderoli (terzo al Senato e in Parlamento dal ‘92), che ha realizzato un certosino lavoro di tessitura sulla riforma costituzionale insieme alla democratica Anna Finocchiaro, quinta in classifica e parlamentare dal 1987.

I dieci senatori più produttivi al Senato


DEMOCRATICI DI FACCIATA
Salvo qualche eccezione, però, il Pd pare afflitto dal male oscuro della “governite”. A dispetto dei numeri i dem non brillano affatto, al punto che ben 309 parlamentari (tre quarti del totale) risultano sotto la media. Colpa dei governi Letta e Renzi, che hanno sempre bypassato i gruppi. Risultato: deputati e senatori si sono ritrovati a fare da stampella all’esecutivo, limitandosi ad assicurare l’approvazione dei provvedimenti. E la squadra scelta da Renzi per la nuova segreteria non fa eccezione: su 15, si salvano solo in cinque (Fiano, Puglisi, Amendola, Ermini e Braga). Gli altri, compreso il vicesegretario Lorenzo Guerini (513esimo), sono nella parte bassa della classifica. Magra consolazione: il fatto che è così per tutta la maggioranza, dai montiani di Scelta civica agli alfaniani di Ncd, con oltre il 70 per cento di eletti inefficaci.

Sotto la sufficienza ci sono in tutto 648 onorevoli (quasi 7 su 10), a conferma della distorsione della repubblica parlamentare italiana: solo pochissimi riescono davvero a influire, gli altri sono sostanzialmente irrilevanti. I pochi che contano sono quelli con qualche ruolo istituzionale. Così, se il semplice onorevole a Montecitorio dopo un anno e mezzo di legislatura ha in media 60 punti, un capogruppo arriva al doppio (118) e addirittura al triplo (184) un presidente di commissione, che peraltro può decidere a quali proposte dare la precedenza e quali rallentare, e dispone di un potere da mattatore sugli agli atti del governo. Non a caso fra i 20 nomi della top ten di Camera e Senato, ben sette hanno questa carica: Francesco Paolo Sisto e Anna Finocchiaro (Affari costituzionali), Donatella Ferranti e Francesco Nitto Palma (Giustizia), Maurizio Sacconi (Lavoro), Pierpaolo Vargiu (Affari sociali) e Daniele Capezzone (Finanze).

Parlamentari sotto la media di produttività

GIOVENTU' BRUCIATA
Di conseguenza anche il tanto decantato rinnovamento alla prova dei fatti è più che altro apparenza. È vero che non si sono mai viste tante facce nuove dalla Costituente, che la parità di genere ha raggiunto livelli nordici e che gli onorevoli under 35 sono ormai una realtà. Andando a esaminare l’efficacia si scopre però che i novizi contano poco o nulla: gran parte dei 593 neo-eletti ha un’incisività bassissima. Il pallino, insomma, è rimasto nelle mani di chi c’era prima. Il risultato peggiore è quello dei new dem: dovevano dimostrare che «la ruota sta girando» (copyright Pierluigi Bersani), sono stati ridotti a comparse marginali. Vedi Anna Ascani, una delle più giovani di Montecitorio coi suoi 27 anni. L’allora segretario la volle sul palco per l’apertura della campagna elettorale ma oggi, con 22 punti scarsi, è relegata a un malinconico 500esimo posto: «La partita vera, per noi, è cercare di far inserire alcune proposte già nei testi del governo, gli unici che vengono approvati, e questo magari sfugge alle statistiche. Ma la verità è anche un’altra: mille parlamentari sono troppi». Segno che la buona volontà, il più delle volte, non basta.

COME FUNZIONA L'INDICE
L’indice di produttività di Openpolis si basa sui dati ufficiali di Camera e Senato e assegna un punteggio in base alla partecipazione ai lavori e alla presentazione di atti (legislativi ?e non). Il deposito di un ddl da parte di un parlamentare di maggioranza ad esempio ?vale 0,08 punti, che aumentano con l’avanzare dell’iter: 1 punto se viene discusso in commissione, 4 se approda in Aula, 20 se viene approvato da una Camera, 40 se diventa legge. Punteggi raddoppiati per l’opposizione. Altri punti vengono previsti quando un atto viene firmato da altri parlamentari, per le mozioni, le interrogazioni e gli emendamenti.

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