Carlo Cimbri vuole cambiare pelle al colosso delle assicurazioni: ma rischia di creare conflitti con le sigle sindacali
La sfida di Carlo Cimbri per cambiare pelle all’Unipol sta creando qualche ombra ?nei rapporti con due mondi che nella compagnia d’assicurazioni contano parecchio, anche se su piani diversi, come le cooperative e i sindacati. L’annuncio con il quale Cimbri ha anticipato l’uscita dall’Ania, la lobby delle compagnie assicurative, è stato accolto come la conferma della volontà di ricalcare la rottura con i sindacati più ?“duri e puri” operata in Fiat da Sergio Marchionne.
«L’atteggiamento di Cimbri», dice Sabina Porcelluzzi, segretario della Fisac-Cgil di Bologna, «è quello del padrone che fa e disfa. Vuole le mani libere: e questo è incomprensibile in un gruppo controllato dalla cooperazione». Il fatto è che in vista c’è il rinnovo del contratto nazionale. E Unipol ?è ormai un colosso: rappresenta un terzo dell’associazione delle assicurazioni. Se riuscisse a portarsi dietro altre compagnie, il contratto nazionale diventerebbe carta straccia. Cimbri ha assicurato che lo applicherà ma, in realtà, nessuno si fida. «È vero che l’Ania è un carrozzone tutto sbilanciato su Generali», dice Gianni Luccarini, uomo della Cgil nel gruppo, «ma Unipol è l’azienda più sindacalizzata del settore, quindi ?il problema si pone. E non svelo un mistero se dico che sono in tanti a pensare che questo sia un tassello di un disegno strategico per disarticolare i corpi intermedi. Come i sindacati, per esempio».
I rapporti sono tesissimi anche con lo Sna, che rappresenta gli agenti. Il 29 settembre scorso Cimbri ha fatto fuori in un colpo 29 agenzie, tutte nel Meridione, 13 solo in Sicilia. Doveva liberare quote di mercato, su ordine dell’Antitrust, nelle aree dove superava il 30 per cento. E dall’oggi al domani ha revocato il mandato, liberando un portafoglio clienti stimato intorno ai 43 milioni. Peccato che, secondo lo Sna, difficilmente quel portafoglio potrà rimanere nelle mani degli agenti, che adesso sono a spasso. «Il mercato assicurativo è controllato per oltre il 50 per cento da UnipolSai, Generali e Allianz», dice Angela Occhipinti dello Sna di Ragusa, «quindi gli spazi di manovra sono limitati. Soltanto il 20 per cento degli agenti revocati riesce a ottenere un altro mandato. E, come se non bastasse, le compagnie tendono sempre di più a scavalcare le agenzie. Presumibilmente, alla fine, l’intero portafoglio tornerà nel possesso di Unipol. Gli agenti e i loro dipendenti sono vittime di questo processo».
Il gruppo bolognese avrebbe potuto avvalersi di una clausola del contratto che disciplina il mandato alle agenzie e che consente una riduzione graduale del portafoglio. Ha preferito un’altra strada. «Sono argomenti da trattare nel luogo più opportuno, il consiglio di amministrazione», fa sapere Claudio Levorato, presidente di Manutencoop e peso massimo della cooperazione emiliana, da sempre contrario all’unione con Fondiaria. C’è spazio perfino per il più grande ?dei paradossi: l’Unipol che uccide le cooperative. Ne sanno qualcosa i venti soci lavoratori della Nuova Cesat. Sede a Firenze, aderisce a Legacoop: è stata dichiarata fallita dopo una istanza presentata da Unipol Banca, verso la quale era esposta per 450 mila euro, garantiti per oltre la metà dal Consorzio fidi della Toscana.
Una cooperativa storica, stritolata dall’inchiesta per bancarotta a carico di Denis Verdini. Nuova Cesat stampava infatti Il “Giornale della Toscana”, dorso locale del quotidiano “Il Giornale”. Il fallimento della società editrice controllata da Verdini ha messo ?in ginocchio la cooperativa. Ma a farla saltare per aria, alla fine, è stato il rifiuto di Unipol Banca a negoziare la ristrutturazione del debito. «Abbiamo chiesto l’intervento di Legacoop», dice il vice presidente della cooperativa, Renato Pacca, «ma la nostra associazione non ha più potere sul gruppo. Abbiamo manifestato davanti alla banca. Urlavamo: vergogna. Non c’è stato nulla da fare».