Olimpiadi 2024, Matteo Renzi candida Roma Così la politica ha cambiato idea in tre anni

Il governo ha deciso di appoggiare la Capitale per ospitare i Giochi, nonostante lo scandalo Mafia Capitale e la passata bocciatura di Monti. E dimenticando il corredo di gigantismo, sprechi e fallimenti senza limiti che accompagnano i grandi eventi sportivi italiani

Accantonato il sogno olimpico per il 2020, l'Italia ci riprova. Dopo quasi tre anni il governo Renzi fa retromarcia e prova ad agganciare le Olimpiadi del 2024 per Roma.

Non è bastata la bocciatura decisa dall’ex premier Mario Monti, la voglia matta di ospitare un’edizione con i migliori atleti del mondo, con il corredo di milioni di visitatori, la visibilità del Paese e soprattutto budget da miliardi di euro per mettere a posto le sgangherate città italiane, ha avuto la meglio.

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«Non pensiamo sarebbe coerente impegnare l’Italia in quest’avventura che potrebbe mettere a rischio i denari dei contribuenti». Con queste parole Monti spegneva il sogno di Roma2020: troppi 10 miliardi da investire, di cui la metà finanziati con fondi pubblici.

Solo per promuovere la domanda di candidatura con corredo di sito, sondaggi, brand e organizzazione iniziale che metta d’accordo Palazzo Chigi ed enti locali occorrono quasi cinquanta milioni di euro.
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Se tre anni fa sembrava una scelta logica, oggi cambiati due premier ecco che il Governo butta il cuore oltre l’ostacolo con l’edizione successiva.

«Assieme al Coni saremo a fianco a fianco perché l’Italia presenti la propria candidatura ai Giochi del 2024. Una candidatura che ci riempie il cuore, saremo all’avanguardia nelle strutture, nel progetto», ha spiegato oggi il presidente del consiglio Matteo Renzi, aggiungendo: «Se riusciamo a rimettere in moto il fisco e la pubblica amministrazione le Olimpiadi le facciamo sotto gamba».

Nonostante gli scandali e la corruzione emersa dall’inchiesta della Procura di Roma, con la banda di Massimo Carminati che controllava appalti, bonifiche, emergenza immigrazione, alloggi e perfino il verde pubblico, Palazzo Chigi non ha dubbi: «Non ci facciamo fermare da chi ruba».

Anche il sindaco Ignazio Marino non nasconde la “febbre da giochi”: «La mia amministrazione rispetto all’epoca della decisione di Monti ha un bilancio sano, abbiamo tagliato 550 milioni di sprechi e abbiamo tutte le carte in regola per candidarci a qualunque cosa».

Soltanto sei mesi fa Palazzo Chigi ha approvato il piano di rientro triennale del Campidoglio. La missione è quasi impossibile: sfoltire la giungla di partecipate attraverso fusioni e liquidazioni, uscire definitivamente dalle
società in cui non c’è più l'interesse pubblico ma soprattutto una spending review “chirurgica” sulle spese delle casse comunali: oltre 4 miliardi e cinquecento milioni all’anno.

IL PESO DEL PASSATO

Da gennaio partirà il comitato promotore sotto la guida di Giovanni Malagò, presidente per l'organizzazione dei Mondiali di nuoto nel 2009 a Roma, l'ultimo evento che ha disseminato colate di cemento in nome dello sport e inchieste per presunti abusi. Il potente presidente del Coni era anche nel comitato promotore di Roma2020.

Il nostro Paese non ha certo brillato per i grandi eventi sportivi organizzati finora: per i mondiali di Calcio di “Italia 90” sono stati spesi 7.230 miliardi di vecchie lire (6.000 pubblici) per iniziare alberghi mai completati e poi abbattuti a Milano.
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Dentro il grande raccordo anulare ci sono ancora i segni tangibili del flop: a partire dalla stazione ferroviaria di Farneto, in zona Farnesina, costata quasi 8 milioni di euro e aperta solo per una ventina di giorni, il tempo di far fermare appena 12 treni, e poi deserta fino al 2008, quando è stata occupata dall’associazione di estrema destra Casapound.

Sempre a Roma il pomposo Air terminal di Ostiense, dal costo di 180 milioni di euro, è stato abbandonato poco dopo la fine dei Mondiali e recuperato dall’oblio con l’arrivo di Oscar Farinetti che ha aperto il supermercato del cibo di qualità “Eataly”.

Come raccontava “l’Espresso” tre anni fa, in ballo c‘è una spesa pubblica gigantesca con un curriculum di fallimenti, inchieste e sprechi senza paragoni: «Dalle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Agli impianti di Roma 2009. Il risultato è una rassegna di monumenti all'italico modo di fare. Milioni di metri cubi di cemento armato. Tonnellate di ferro. Campagne e boschi deturpati per sempre. Capitali trasformati in opere abbandonate».

LA CANDIDATURA

Tutto dimenticato. La macchina organizzativa si è messa in moto: sono tutti d’accordo, dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio al ministro della cultura Enrico Franceschini.
Entusiasta il presidente del Coni Giovanni Malagò che ha definito la candidatura italiana «della trasparenza».

L’assist perché la Capitale scendesse in campo lo ha fornito il Comitato olimpico internazionale (Cio) dettando la nuova agenda: meno investimenti e possibilità di far disputare alcune gare anche in altri luoghi.

Presto nascerà il Comitato dei garanti, uno strumento interno di vigilanza su procedure ed atti: Nicola Gratteri, magistrato antimafia, potrebbe farne parte. Mentre per la presidenza del Comitato promotore c’è l’idea Andrea Guerra, ex amministratore delegato di Luxottica e grande amico del segretario democratico.

La raccomandazione sono quindici giorni di grandi eventi “snelli”: più facili da organizzare e soprattutto dai costi contenuti, quasi un obbligo dopo i budget faraonici per l'organizzazione delle olimpiadi invernali di Sochi 2014 e dal 'disastro' delle candidature per quelle del 2022 per le quali vi sono stati una lunga serie di ritiri ed in lizza sono rimaste solo Pechino e la kazaka Almaty.

Obiettivo del Cio è quello di ridurre i costi già a partire dalla fase della candidatura, incoraggiando l'uso delle strutture esistenti o temporanee.

Interessate alla candidatura per i Giochi del 2024 sono le europee Parigi, Berlino, Amburgo e Roma, e poi Durban (Sud Africa) e diverse metropoli degli Stati Uniti (Los Angeles, Boston, Washington e San Francisco), ma anche Doha (Qatar) e Baku (Azerbaijan).

Una volta avanzata la candidatura, le città avranno tempo fino a gennaio 2016 per confermarla e formalizzarla. Seguirà poi un anno di valutazione da parte della commissione esecutiva del Cio. Le candidature finali devono essere presentate nel gennaio 2017. Due anni per capire se Roma sarà all’altezza delle sfidanti.

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