Ovunque, dal Sud al Nord, l’economia italiana è inquinata dalla criminalità. ?E non solo le imprese, anche le amministrazioni pubbliche sono sotto schiaffo. È tempo che la politica smetta di negare il fenomeno e lo affronti

L’inchiesta dei Ros “Quarto passo” sulle attività della ’ndrangheta in Umbria è passata in questi giorni inosservata. Eppure io la considero fondamentale: spiega come in Umbria la ’ndrangheta abbia modificato il Dna culturale del territorio e come funziona tutta l’economia italiana.

Ci sono delle intercettazioni incredibili: «Vuoi comprare un locale a Perugia? Non prenderlo - Perché? - Perché il giorno dopo te lo devi chiudere».

Non stiamo parlando della periferia campana o calabrese, ma di Perugia. Anche qui, ormai, aprire un locale diventa impossibile a meno che non si paghino certi costi e non si accetti di interagire con certi mondi.

L'Umbria è una terra meravigliosa di tradizione e cultura, eppure negare la presenza delle organizzazioni criminali in territori che ci appaiono bellissimi è una pratica nefasta che le istituzioni portano avanti da sempre. Il risultato è un territorio in cui gli imprenditori sono esposti, senza protezione, totalmente in balia della liquidità delle organizzazioni criminali. Suonerà iperbolico ma l’economia italiana è un’economia mafiosa. L’Italia è un Paese in cui ci sono i grandi gruppi che hanno la forza del mercato internazionale e piccole aziende che sono completamente strozzate dalla tassazione ed egemonizzate dalle organizzazioni criminali. Allora forse è lecito domandarsi a cosa servano i probi viri dietro cui il governo sempre si nasconde se non si è capaci di attuare politiche che sostengano un’imprenditoria completamente preda delle organizzazioni criminali. Questi sono gli argomenti antimafia, da qui bisogna partire, perché laddove la burocrazia è farraginosa esiste un’organizzazione che saprà come oliarla. E quando le organizzazioni criminali strozzano le attività con il racket, non è solo per un guadagno immediato, ma perché racket significa controllo. Vuol dire imporre servizi alle aziende taglieggiate, e poi di impadronirsene quando, strozzate dai debiti, falliscono. È così che le organizzazioni criminali entrano nella vita quotidiana di un territorio. È ancora possibile negare e sottovalutare?

Ma non è finita qui: Lombardia, Brianza, Cadorago. Siamo nel 2010. La proprietà del bar Bulldog di Caslino al Piano è riconducibile a Bartolomeo Iaconis, ’ndranghetista di peso in Lombardia, già condannato a metà degli anni ’90. Il bar resta aperto tutta la notte e i carabinieri multano i proprietari. Perché la multa venga tolta interviene, secondo le accuse, Angelo Clerici all’epoca assessore alla Sicurezza. Ecco cosa scrivono i carabinieri: «Si è reso disponibile a intercedere con il sindaco di Cadorago per sistemare una contravvenzione comminata dai carabinieri al bar Bulldog. Il sindaco, su richiesta dello stesso Clerici, ha voluto quindi predisporre una delibera fittizia con effetto retroattivo con la quale giustificare l’apertura del locale e aiutare quindi i gestori dell’esercizio, molto noti nella comunità come pregiudicati, a non pagare la contravvenzione». Non in Calabria ma in Lombardia, una giunta comunale lavora per la ’ndrangheta. Come è possibile parlare di ripresa economica se lo Stato non ammette di avere come concorrenti organizzazioni che hanno un tale grado di penetrazione nel tessuto sociale?

Berlusconi ha sostenuto per anni che parlando di mafia si infanga il Paese. Ora che è lontano dalla ribalta, con chi se la prendono coloro che sostenevano che era lui l’ostacolo alla legalità? Chi è che impedisce alla politica di affrontare di petto il tema criminalità? È tempo di discorsi di fine anno. Ne farà uno chiunque abbia un pulpito. Capo dello Stato, Presidente del Consiglio, Presidenti di Camera e Senato, segretari dei sindacati. Quello che vorrei chiedere loro è: provate a spiegare agli italiani come sia possibile che il vostro lavoro non sia stato in grado di risolvere l’emergenza criminalità, che non significa arrestare spacciatori o tossicodipendenti, ma impedire ai flussi di capitali criminali di condizionare il Paese. Pretendete, pretendiamo tutti, adesso che ci parleranno e che ci guarderanno negli occhi e ci saranno gli auguri per un nuovo anno, che questo diventi il tema principale dell’agenda politica sociale ed economica. Altrimenti andremo avanti con i proclami ma dalla crisi non usciremo mai.

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