A combattere il jihad per l'Is ci vanno i figli di papà
L’85 per cento dei ragazzi indottrinati proviene dalla classe media o addirittura dalle upper classe. ?Di questi, il 50 per cento sono cresciuti in famiglie di insegnanti. Solo il 16 per cento è di origine popolare
Secondo gli ultimi dati del ministero degli Interni di Parigi sono 1132 i francesi coinvolti nel Jihad che vogliono partire, sono già sul posto o sono ritornati dalla Siria e dall’Iraq. Di questi, 376 sono operativi sul teatro di guerra nel sedicente Stato Islamico proclamato dal califfo Abu Bakr al-Baghdadi. La loro idea è di raggiungere grazie alla gloria militare il paradiso.
Ma chi sono? Solo immigrati, arabo-musulmani provenienti dalle periferie abbandonate? Questa idea molto radicata ?è stata demolita recentemente quando ?si è visto che uno dei carnefici dell’Isis, che ha operato a volto scoperto, era un “buon” francese, proveniente da un piccolo villaggio della Normandia e da una famiglia cattolica.
Ed è stata inoltre smentita da un’antropologa francese, Dounia Bouzar, che ha appena presentato un rapporto sull’influenza esercitata dai discorsi dei terroristi sui giovani e un libro intitolato “Hanno cercato il paradiso e hanno trovato l’inferno”. Il CPDSI (Centre ?de prévention contre les dérives de l’Islam), che lei dirige, lavora in collaborazione ?con il Comitato interministeriale per la prevenzione della criminalità. E grazie al numero verde attivato ha potuto condurre un’inchiesta fra 160 famiglie che hanno avuto ragazzi partiti per il Jihad.
I numeri sono impressionanti. L’85 per cento dei ragazzi indottrinati proviene dalla classe media o addirittura dalle upper classe. ?Di questi, il 50 per cento sono cresciuti in famiglie di insegnanti. Solo il 16 per cento è di origine popolare. Il 63 per cento ha un’età compresa fra i 16 e i 21 anni e il 37 fra i 21 e i 28 anni. Il 5 per cento ha commesso dei crimini. Il 40 ha conosciuto episodi di depressione, anoressia, deformazione cutanea o isolamento. Il 98 per cento è stato avvicinato attraverso Internet, poiché gli adolescenti che raccontano la loro vita ?sui social network diventano facili prede ?dei reclutatori.
Il racconto dei genitori mette i brividi. Non c’era nulla nella vita dei figli che potesse far immaginare il loro futuro fondamentalista. Quasi tutti raccontano le loro esperienze usando le stesse frasi: “Mia figlia era socievole, gentile, andava bene a scuola”, “Siamo stati sempre insieme”, “Mi inviava sms adorabili”, “Era sempre affettuosa”, “Mangiava piselli con la pancetta”, “Era stata selezionata per entrare in una grande scuola”, “Stava studiando medicina”. Insomma, lo spaccato di una vita normale in famiglie privilegiate. Poi, all’improvviso, tutto cambia. I reclutatori dello Stato Islamico sanno come individuare un possibile pertugio nel carattere fragile di un adolescente e trovare terreno fertile ?per la loro propaganda. Chiusa la porta della stanza, davanti a un computer, i?nizia la fascinazione della violenza. L’indottrinamento, stando alla ricerca dell’antropologa Dounia Bouzar, avviene molto rapidamente. A volte in appena due mesi. Senza frequentare la moschea. Alcune ragazze si sposano attraverso Skype prima di partire per la Siria mentre altre sono convinte che la loro missione sia quella ?di andare a salvare i bambini vittime del regime di Bashar al-Assad. I ragazzi, invece, vengono esortati a impugnare le armi e battersi per la gloria dell’Islam. E gli indizi che un giovane, adolescente o meno, sta cambiando si accumulano: a scuola rende meno, rompe i rapporti con gli amici, smette di praticare uno sport a causa della promiscuità o non ascolta più la musica “satanica”, rifiuta assolutamente l’alcool in tutte le sue forme, segue regole alimentari che si trasformano in un’ossessione. ?Il passo successivo è spesso la rottura del dialogo coi genitori.
All’improvviso scompaiono. Dopo qualche mese, persa la speranza che ritornino e ormai rassegnati all’idea che siano partiti per il Medioriente, i genitori si rivolgono ?alla polizia e sporgono una denuncia per sottrazione di minore. Ma si sentono rispondere che loro figlio è partito di propria iniziativa se è adulto, che si è trattato ?di una semplice fuga se è un adolescente, ?e che in ogni caso un minore può circolare liberamente con un passaporto o una carta di identità nello spazio Schengen a partire dal 1° gennaio 2013. Infine che non vi ?è alcuna prova che si trovi in Siria.
L’arrivo nel Paese vagheggiato come un paradiso è stato ricostruito da Dounia Bouzar. Ed è terribile. Le reclute vengono picchiate e i loro passaporti bruciati per privarli della loro nazionalità, del loro passato e della loro identità. Si chiede loro di convincere quattro ?o cinque amici a raggiungerli. A questo scopo, ?i giovani postano sui social network dei selfie sullo sfondo di romantici tramonti o di fronte a gustose pizze in quella che chiamano “la grande villa”.Lo Stato Islamico chiede anche alle famiglie di fare la stessa scelta dei figli. Oggi, la battaglia di Dounia Bouzar mira a impedire che altri giovani vengano reclutati e a cercare di fermarne in tempo alcuni prima che sia troppo tardi. Coloro che si trovano ?già in zona di guerra, salvo eccezioni, ?sono perduti. Sono pochissime le speranze ?di un ritorno dal loro personale inferno.