Dal 13 dicembre entra in vigore il regolamento europeo sulla segnalazione degli allergeni in ciò che acquistiamo. Una novità che riguarda i supermercati e, soprattutto, i menù dei locali. Ecco spiegato punto per punto cosa cambia

Nel giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre, entrerà in vigore il regolamento 1169 del 2011. Il testo, pubblicato sulla gazzetta ufficiale dell'Ue nel novembre del 2011, cambierà in parte la nostra vita di consumatori. Soprattutto quella dei soggetti allergici, che costituiscono l'1-2 per cento della popolazione adulta.

Pochi? Forse, ma con le allergie alimentari non si scherza: mangiare un prodotto al quale siamo allergici può portare a reazioni anche gravi come lo shock anafilattico che, se non viene trattato in tempi rapidi, può portare alla morte. Per un soggetto a rischio una cena al ristorante non è un momento di svago come per gli altri: c'è sempre un pizzico di preoccupazione. Ne sa qualcosa lo schermidore Aldo Montano, che nel 2010 finì all'ospedale per aver mangiato un piatto di zucchine che conteneva un'impercettibile traccia di formaggio. Casi come questo accadono ogni giorno: anche a chi mangia una frittura fatta con olio di arachidi o beve un vino che contiene solfiti. Molto pericolosa anche la frutta a guscio, che può provocare reazioni allergiche al solo contatto.

Perché il 1169 è così importante? Il regolamento 1169 è una sorta di “Bibbia” dell'etichettatura alimentare, un testo che mette ordine nella giungla di regole che si era creata negli ultimi anni in materia. Basti dire che con l'approvazione del regolamento 1169 sono state abrogate sei direttive e un regolamento europeo. L'atto non riguarda solo gli allergeni ma prescrive anche molte altre informazioni che non dovranno più mancare sulle etichette. L'obiettivo è quello di fornire più elementi possibili al cittadino consumatore.

Cosa cambia, in concreto, dal 13 dicembre? Per tutti gli alimenti, compresi quelli sfusi, dovrà essere obbligatoriamente indicata la presenza di allergeni tra gli ingredienti, inclusi quelli derivati dalla sostanza allergenica. L'obbligo vale anche se la sostanza è presente in forma alterata e non risparmia nessuno, vale per “tutti gli operatori del settore alimentare” e si applica a “tutti gli alimenti destinati al consumatore finale”. Quindi imprese produttrici, ma anche ristoranti, bar, gelaterie, pasticcerie, mense, ospedali, bancarelle di fiere, persino compagnie aeree e ferroviarie se la tratta inizia in un paese Ue. La novità di maggior rilievo è proprio questa: se fino ad ora i ristoratori e gli esercenti non avevano alcun obbligo verso i clienti allergici, adesso dovranno indicare nei menu la presenza di sostanze allergeniche.

Cosa cambia per i prodotti in vendita al supermercato? Molto poco: l'obbligo di indicare sostanze allergeniche infatti esiste già da anni. È stato introdotto da una legge del 2006 (il decreto legislativo 114), che a sua volta ha recepito la direttiva Ue 2000/13/CE. Già da anni quindi possiamo sapere se un prodotto confezionato contiene sostanze che potrebbero nuocere alla nostra salute. Quello che cambia è il modo in cui la presenza degli allergeni dovrà essere segnalata (e vale anche per i prodotti sfusi), che dovrà essere molto più evidente “attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti elencati, per esempio per dimensioni, stile o colore di sfondo”. La presenza di solfiti o frutta a guscio dovrà quindi essere immediatamente visibile.

È vero che l'obbligo non varrà per i cibi pre-imballati dai supermercati? Sul web si è diffusa questa voce del tutto infondata. I cibi pre-imballati per la vendita diretta (ad esempio il prosciutto crudo, il salame o il cotto affettati nel supermercato, messi sotto cellophane e venduti già porzionati) devono indicare la presenza di allergeni. Non è invece obbligatorio indicare l'elenco degli ingredienti, la data di scadenza, le condizioni di conservazione e altre informazioni aggiuntive. Ogni Stato membro può però disporre diversamente.

In che modo devono adeguarsi i ristoranti? I menu contenfono le informazioni sugli ingredienti e sono rivolti ai clienti, dunque vengono considerati alla stregua di un'etichetta. Di conseguenza, i ristoratori dovranno adeguare i menu alla nuova disciplina europea.

Gli esercenti possono avvertire a voce i clienti sulla presenza di allergeni? In teoria sì. In pratica no. Tra le modalità di informazione al consumatore il regolamento 1169/2011 effettivamente comprende anche anche la comunicazione verbale, ma come abbiamo visto prima, nello stesso testo ci si riferisce anche a “caratteri”, “dimensioni” e “stile”. Dunque non sembra esserci scampo: se ci sono allergeni, bisogna scriverlo. Ma è anche una questione di buon senso: come lo spieghiamo a un turista tedesco che nel prodotto ci possono essere tracce di arachidi?

Come funzionerà a mensa? Molti di noi – e anche molti bambini e ragazzi - pranzano a mensa, che sia aziendale o scolastica. In questi casi, diversi cibi vengono scartati dalla confezione originale e riutilizzati per farne altri prodotti, o anche solo per essere messi nel piatto. In questi casi gli utenti della mensa devono essere comunque messi nelle condizioni di sapere se il cibo contiene allergeni. E visto che molte mense non prevedono menu, l'obbligo può essere assolto con un libro ingredienti di pubblica consultazione.

Quali sono gli allergeni? Le sostanze che dovranno essere indicate nei menu (o in altre forme) sono solo 14. Insomma, niente “mattoni” né volumi particolarmente spaventosi da esporre sul bancone o sui tavoli del ristorante:
  1. Cereali che contengono glutine, cioè grano, segale, orzo, avena, farro, kamut o i loro ceppi ibridati e prodotti derivati, con alcune eccezioni
  2. Crostacei e prodotti a base di crostacei;
  3. Uova e prodotti a base di uova;
  4. Pesce e prodotti a base di pesce (tranne la gelatina o la colla di pesce usate come supporto per preparati di vitamine o come chiarificanti nella birra e nel vino);
  5. Arachidi e prodotti a base di arachidi;
  6. Soia e prodotti a base di soia con alcune eccezioni;
  7. Latte e prodotti a base di latte (incluso il lattosio);
  8. Frutta a guscio (mandorle, nocciole e noci sono le più comuni);
  9. Sedano e prodotti a base di sedano;
  10. Senape e prodotti a base di senape;
  11. Semi di sesamo e prodotti a base di semi di sesamo;
  12. Anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10mg per chilo o per litro:
  13. Lupini e prodotti a base di lupini;
  14. Molluschi e prodotti a base di molluschi.
Allergia e intolleranza sono la stessa cosa? No, sono due situazioni ben distinte. Molto spesso si scambia l'intolleranza con allergia, che è più grave ma anche più rara. La differenza di base è che l'allergia coinvolge il sistema immunitario (l'allergene scatena la produzione di anticorpi, che a loro volta producono sostanze che generano i sintomi anche gravi) mentre l'intolleranza coinvolge il metabolismo. Significa che si manifesta quando non si riesce a digerire correttamente un cibo. In questo caso i sintomi non vanno oltre la diarrea o il vomito, ma possono essere anche molto più lievi. Non è detto che un intollerante debba eliminare del tutto un cibo dalla sua dieta (ad esempio il lattosio o il glutine, le sostanze più ricorrenti), a volte basta che lo assuma in piccole dosi. Chi è allergico, invece, deve quasi sempre tenersi ben lontano dal cibo “incriminato”.