L'ex ministro dell'Interno che con Giuliano Vassalli firmò nel 1990 la precedente legge sulle droghe commenta la decisione della Consulta di bocciare per incostituzionalità la Fini-Giovanardi. "La cannabis non può essere equiparata a una droga pesante. Ma resto contraria alla legalizzazione"

“Giovanardi dice che ieri era un giorno di lutto? Ma per l’amor di Dio! Abolire una carcerazione automatica e così pesante non è un giorno di lutto, ma di civiltà”.

Il “day-after” della legge Fini-Giovanardi, è anche il giorno dell’ex ministro degli Interni, Rosa Russo Iervolino, che con Giuliano Vassalli firmò nel 1990 la precedente legge sulle droghe, ora tornata di attualità, che pure attirò le critiche degli anti-proibizionisti e fu parzialmente abrogata dal referendum del 18 aprile del 1993. Per lei, giurista e figlia di due padri costituenti, pronunciarsi “senza leggere le motivazioni” è una pratica assai complicata. “Voglio prima capire bene cosa è successo – dice all’Espresso - Ma, certo, vedere che tornano a galla i principi che hanno ispirato Vassalli e la sottoscritta mi da una grande soddisfazione. Per noi alcune cose erano ben chiare”.

Quali?
Tanto per cominciare, pur essendo contrari a qualsiasi tipo di droga, era a noi chiaro che ci fosse una differenza enorme tra droghe leggere e droghe pesanti. Non possiamo equiparare la cannabis all’eroina: questo nella nostra legge era chiarissimo. In secondo luogo, c’è una differenza enorme tra spaccio e consumo personale. Noi abbiamo tenuto la mano molto pesante sullo spaccio e, soprattutto, sul grande spaccio. Infine, e questo è bene chiarirlo, non abbiamo mai pensato che, sia nel caso di droghe leggere che di droghe pesanti, il rimedio fosse il carcere.

Eppure anche con la vostra legge si rischia la galera…
Sì, ma nel nostro caso era l’ultima chance. Ho letto stamattina su alcuni quotidiani che c’è chi equipara le due leggi facendo riferimento agli anni di carcere previsti come pena, ma questo è un ragionamento sbagliato. Semplicemente, perché con la Iervolino-Vassalli, sostanzialmente, l’andare in carcere non era automatico. E al carcere per i tossicodipendenti non ci ho mai creduto: noi puntavamo sulla prevenzione. Quindi, sempre per rispondere a Giovanardi, ritengo che i genitori di chi fa uso di sostanze stupefacenti non li si aiuti con il carcere ma stando vicino ai giovani, facendo un’opera seria di sensibilizzazione.

Quanto ritiene ancora attuale la sua legge?
Chiariamo: ritengo giusti i principi di quella legge ma non le singole norme. Oggi ci sono tipi di droghe che nel ’90 non si conoscevano. È chiaro che bisogna rivederla e non saprei dirle di preciso dove intervenire. Non mi occupo ormai da tempo di droga. Mi sono occupata di Napoli per dieci anni, che per certi versi può essere pure più complicato.

Cosa risponde a chi dice “ora legalizzare la cannabis”?
Sia io che Vassalli, che non eravamo affatto mossi da uno spirito punitivo, eravamo preoccupati per il pericolo che rappresentasse per i giovani anche solo nell’avvicinarli alle droghe. Senza per questo voler equiparare minimamente la cannabis alle droghe pesanti. Ma resto contraria alla sua legalizzazione.