E' facile vantarsi delle meraviglie d'Italia. Il difficile è cercare di conservare il nostro patrimonio. Che sta andando a rotoli. E lo Stato è in ritirata

IL DATABASE DEI MONUMENTI ABBANDONATI: MANDA LA TUA SEGNALAZIONE

Italia patria della bellezza: questa la “versione ufficiale”. E dunque politici d’ogni risma inventano statistiche esclamative: «Abbiamo il 50 per cento del patrimonio mondiale!» (Berlusconi, Londra 2008); «solo a Roma ce n’è il 40 per cento!» (un assessore romano); «solo in Sicilia il 30!» (un ministro siciliano). E così via, regione per regione: a mettere insieme queste vanterie, l’Italia supera di gran lunga il 100 per cento dei beni culturali del pianeta. E ora che Turismo e Beni Culturali sono nello stesso ministero, la patria è salva, e milioni di turisti sciameranno nel Bel Paese con valigie di valuta pregiata.

Ma a veder cosa?

A Mantova la Camera degli Sposi di Mantegna, gioiello di Palazzo Ducale, è chiusa dal terremoto del maggio 2012. A Firenze la villa medicea di Careggi (quella dove nacque e morì Lorenzo il Magnifico), proprietà dell’Ospedale, è in abbandono e non visitabile. A Napoli duecento chiese sono chiuse in perpetuo: Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, San Giacomo degli Spagnoli accanto al municipio, e altre, sono devastate da umidità, depredazioni, crolli.

Per non dire delle biblioteche, pur di tenerle chiuse si viola anche la geografia: il terremoto dell’Emilia “giustifica” fino ad oggi la chiusura dell’Universitaria di Pisa, biblioteca statale ospitata dall’Università tra mille diatribe (cercherà di risolverle una commissione nominata dal ministro uscente Bray).

Ma che cosa sperare, da un Paese che ha “chiuso per terremoto” da quasi cinque anni una delle sue città più preziose, L’Aquila? In queste e troppe altre Caporetto, lo Stato è in ritirata. E i famosi sponsor privati che (vuole la leggenda) non vedono l’ora di far generose donazioni, dove sono? Invece di “restaurare” per la decima volta, tra mille fanfare, gli stessi monumenti-icona, non potrebbero farsi avanti? O sarà forse, il loro, un patriottismo for profit?