Ettore il macho che nasconde un segreto. Il papà che aspetta un figlio. Cloe, sei anni, che vuole lo zaino di Spiderman. Sono alcune delle storie di "settenove", una piccola casa editrice fondata pochi mesi fa. Con un obiettivo: superare i pregiudizi. Per combattere la violenza sulle donne. Trasmettendo la parità ai più piccoli. Parla la fondatrice, Monica Martinelli
Ettore è un uomo STRAORDINARIAMENTE forte. Ammirato dal pubblico e invidiato dai colleghi. Ma non è un macho come gli altri. Ha un segreto: ama lavorare a maglia. Lo deve fare però di nascosto; ai maschi non sono permessi passatempi tanto femminili. E infatti il forzuto sollevatore di pesi con un debole per l'angora, alla fine, si troverà a difendere la sua “diversa” mascolinità.
Quella di Ettore è solo una delle sette storie pubblicate da “
settenove”, piccolissima casa editrice fondata a settembre del 2013 a Cagli, nelle Marche, dalla trentenne Monica Martinelli. Una laureata in giurisprudenza che ha un obiettivo: fare qualcosa contro la violenza sulle donne.
Ad ogni inchiesta sul dramma continuo dei femminicidi emerge: l'unico modo per affrontare davvero il problema – che è un problema culturale e non un'emergenza - è partire dall'educazione. Sì, ma come? Martinelli ha deciso di farlo con le favole. Storie magiche, fantastiche eppure estremamente realistiche che raccontano coppie, famiglie e avventure con uno sguardo diverso. Perché le principesse non sono per forza bambole vestite di rosa e destinate ad attendere tutta la vita uno sposo; i papà aspettano i figli come le mamme, nel senso che si preparano al loro arrivo con lo stesso entusiasmo; e le bambine come Cloe sfidano i pregiudizi indossando zainetti di Spiderman scuola.
[[ge:rep-locali:espresso:285120209]]Quelle di settenove sono storie semplici (e con disegni d'autore) che mettono in discussione , fra leoni, giochi e avventure, i modelli più formalizzati del binomio maschile/femminile. E per questo fanno paura. All'inizio di aprile, militanti di Forza Nuova hanno organizzato delle manifestazioni di fronte alle Librerie Paoline di Treviso, Trieste e Verona, per protestare contro la vendita di libri pubblicati dalla casa editrice marchigiana. Ricevendo una risposta piccata delle suore: "è libertà d'espressione".
Fa paura, il cambiamento. Tanto che ogni volta che si propone una storia o un romanzo in cui Cenerentola non sia sempre e solo l'innamorata-Cenerentola ma magari un'astronauta coraggiosa uno stuolo di autorevoli firme si indigna per “l'ideologizzazione della fantasia” e la “politicizzazione delle favole”. «Ma quale ideologia!», ribatte Monica Martinelli: «I nostri libri la liberano la fantasia, non la rinchiudono. A imbrigliarla sono piuttosto gli stereotipi, i canoni prefissati che tanti autori difendono, e ripetono. Le nostre storie non fanno altro che proporre dei modelli nuovi».
La politica, c'entra, però, eccome. Anche se resta in disparte quando entra in gioco la fantasia. “settenove” infatti prende il nome dall'anno 1979, l'anno in cui «le Nazioni unite hanno adottato la Convenzione Onu sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna; in cui Nilde Iotti è salita alla terza carica dello Stato; e la Rai ebbe l’audacia di mandare in onda il documentario “Processo per Stupro“, di Loredana Rotondo».
Il messaggio è chiaro: questa è una casa editrice combattiva. «Viviamo in una società ancora fortemente patriarcale», commenta la fondatrice – e unica dipendente fissa, ad oggi: «Da quarant'anni in Italia si discute di ruoli, stereotipi, di “gap” da ridurre. Eppure, ancora adesso, appena si affronta l'argomento alla radice - partendo, cioè, dall'educazione - si solleva un casino».
I primi a sentirsi attaccati sono gli uomini, racconta Martinelli: «Ma sbagliano: perché anche loro sono vittime di questi stessi modelli». Lo dimostra la resistenza che ha avuto uno dei suoi titoli, “Papà aspetta un bimbo!”: «L'ho portato a una fiera. Ogni ragazzo che passava lo guardava un po' storto. Mi dicevano: “Ah, è un libro sulle pari opportunità”. E io a spiegargli che no, era solo una bella storia sulla paternità. Altri pensavano fosse una sorta di manifesto per le famiglie omosessuali, quando in copertina c'è una mamma in cinta con di fianco il compagno».
Sarà possibile cambiare qualcosa, partendo dalle favole? «Io ci credo», sostiene la creatrice: «Il mio obiettivo è fare libri belli. Così belli che attirino anche chi non è per nulla interessato a questi temi, o che è addirittura contrario ad affrontarli. Che li prenda così solo perché piacciono, perché sono belle storie». Per poi scoprire che sono belle storie che fanno cambiare.