Dal manga di Yamazaki Mari, le avventure temporali di Lucius Modestus, un architetto in cerca di consenso, che per migliorare i bagni termali dell'epoca di Adriano, cerca di carpire trucchi e segreti nel Giappone contemporaneo. Ennesima prova di ritorno al futuro, questa volta tra ironia, dramma e storia sentimentale
Perché mai un architetto della Roma antica viene catapultato nel Giappone di oggi? Perché i due popoli, antichi romani e giapponesi, hanno in comune il culto per le terme. Da qui parte “Thermae Romae”, il film del giapponese Takeuchi Hideki in anteprima sull'Espresso+, tratto da un manga di Yamazaki Mari che in Giappone ha venduto oltre cinque milioni di copie (in Italia è pubblicato da Star Comics).
È la storia di Lucius Modestus (l'attore Hiroshi Abe, curiosamente credibile come antico romano), architetto chiamato a rinnovare gli stabilimenti termali dell'Urbe. Dopo un fantastico viaggio nel Giappone contemporaneo, può importare nell'antica Roma qualche soluzione tecnologica moderna (come il bidet a schizzo, che dà vita a une delle migliori gag) e fare la propria fortuna. La fama guadagnata lo fa ingaggiare dall'imperatore Adriano, e per soddisfarlo i trasferimenti nel tempo si moltiplicheranno.
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Le terme erano realmente importantissime nella vita quotidiana di Roma antica. Erano il luogo della pulizia e del benessere personale. A metà tra il bagno pubblico (una specie dello scomparso Diurno) e una Spa. Ma erano anche, e forse soprattutto, luogo di incontro, di scambio, di costruzione di relazioni personali, dove parlare di affari, pubblici e privati. Come avviene nei Club londinesi o nei circoli sportivi della Roma di oggi. E gli imperatori avevano cura di offrire alla popolazione stabilimenti termali, nel pieno centro della città, sempre più grandiosi, lussuosi e confortevoli, facendone così anche un formidabile strumento di consenso.
Così nel film Lucius si trova invischiato anche nelle lotte politiche e nelle trame di potere della Roma imperiale. Che affronta, cerchiamo di non fare troppo spoiling sulla trama, ancora grazie ai suoi nuovi amici nipponici.
Solo Wikipedia elenca oltre 120 film nella categoria Viaggi nel tempo, e la lista è incompleta. Le commedie usano soprattutto le differenze tra i costumi di ieri e di oggi: dall'ormai classico “Ritorno al futuro” ai vanziniani “A spasso nel tempo”. Le storie drammatiche sfruttano il meccanismo del ritorno indietro nel tempo per cambiare il corso degli eventi, come nel cult “Terminator” con i suoi seguiti o nell'“Esercito delle Dodici scimmie” di Terry Gilliam (autore anche di “I Banditi del tempo”). E “Thermae Romae”, insieme commedia, dramma e storia sentimentale, approfitta di entrambi gli stratagemmi narrativi.
Come in ogni manga che si rispetti, l'essenza della vicenda di Lucius è quella di un uomo che lotta per essere all'altezza di un compito a cui si pensa inadeguato (uno dei canoni della cultura shintoista). L'architetto, per costruire le terme nuove che l'imperatore Adriano esige, continua a viaggiare nel tempo e riportare a Roma le trovate tecnologiche del Giappone moderno. Perciò si sente in colpa , glorificato per meriti non suoi: non ha inventato nulla, solo copiato.
Ma “Thermae Romae” dice in fondo il contrario. L'arte è anche libertà di copiare, ispirarsi alle tradizioni più diverse, contaminare. Si può benissimo girare un “peplum” giapponese, pieno di citazioni (dai “Sette samurai” al “Gladiatore”), con una colonna sonora di arie verdiane e pucciniane.
Buona visione.