Mafia, la vita su Facebook del giovane padrino
Tra selfie, limousine, lusso e insulti alla polizia
Il profilo sul social network del rampollo di Cosa Nostra Domenico Palazzotto fa emergere i "valori" delle nuove leve malavitose. Tra ostentazione del lusso e spacconate continue, ecco la carriera di un boss mafioso vista attraverso la sua pagina Facebook
“Beati coloro che verranno perseguitati dalla giustizia, perché di essi sarà il regno dei cieli”. Il Vangelo secondo Matteo è la dottrina dei nuovi boss mafiosi emergenti in Sicilia. E’ il 15 marzo di quest’anno, quando Domenico Palazzotto, capomafia del quartiere Arenella, lancia dal suo profilo Facebook, accuratamente celato sotto mentite spoglie virtuali, il monito alle sue truppe. E’ una dedica al super latitante Matteo Messina Denaro o un messaggio allusivo per promuovere il proprio status all’interno dell’entourage mafioso? La religione torna a fare capolino nel vissuto della mafia siciliana laddove meno te l’aspetti: nei profili social dei giovani boss emergenti.
Domenico Palazzotto è uno dei giovani rampolli di Cosa Nostra, uno dei candidati a scalare la gerarchia della mafia siciliana. La sua carriera ha subito un brusco stop quando, il 23 giugno di quest’anno, i carabinieri di Palermo, su ordine della Procura, hanno dato il via libera all’operazione Apocalisse, un tornado abbattutosi sulle cosche siciliane con un centinaio di ordini di custodia cautelare.
Così, i nuovi padrini sono finiti in cella. Chi sono? Cosa vogliono? Hanno intorno ai trenta anni e vivono nel culto delle fiction televisive sulla mafia. Navigano e chattano ostentando lusso e sfrontatezza. Per loro il carcere non è un’onta: è la laurea all’accademia di Cosa Nostra. Le manette sono quasi un obiettivo agognato. Oltre le ordinanze di custodia cautelare, le vite della nuova generazione di picciotti sono nel segno di pane, mafia e Facebook.
Si scopre così che Palermo non è e non sarà mai Scampia. La mafia siciliana, spiegano gli investigatori della Dia, non indosserà mai vesti di camorra. Ma quel che succede - e che l’Espresso può documentare per avere visionato in esclusiva i profili “Facebook” di alcuni presunti giovani capimafia - è che si torna indietro nel tempo di almeno trenta anni, con codici d’onore, riti e comportamenti di una mafia “culturalmente” rigida e chiusa a riccio, una mafia che sembrava scomparsa per sempre. Solo che questa volta è tutto on line, tutto su Facebook.
I nuovi picciotti si atteggiano a mo’ di gangster americani. L’unica relazione che li lega ai vecchi boss è la totale dedizione alla causa della “famiglia”. Se l’ormai anziano e indebolito Bernardo Provenzano usava i ‘pizzini’ per evitare di far conoscere all'esterno i suoi ordini, i giovani uomini d’onore della Cosa nostra made in Palermo non temono nessuna intercettazione da parte delle forze dell’ordine. Dal materiale raccolto dalla Procura di Palermo si intuisce che sanno di essere ascoltati.
La loro è una sfida a viso aperto. Con in più un dato: la nuova frontiera per comunicare dei giovani padrini è il social network. Per nascondere le loro identità, i loro account sono occultati dietro nomi di fantasia. Ma il trucco non funziona. Così, è facile scoprire il profilo dietro cui si cela Domenico Palazzotto. Erede di una tradizione mafiosa centenaria (nelle intercettazioni ambientali sosterrà che un suo lontano parente sia stato il killer di Joseph Petrosino, il poliziotto americano ucciso a Palermo mentre investigava sulle relazioni mafiose tra Sicilia e Stati Uniti), Palazzotto era stato nominato a capo della famiglia mafiosa del quartiere Arenella, enclave storica per decenni sotto il dominio dei clan Fidanzati e Galatolo, i re del narcotraffico negli anni sessanta e settanta.
Sul suo conto i magistrati non hanno dubbi; nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione Apocalisse, il gip Petrucci descrive così la statura del giovane boss: Palazzotto è accusato di aver “diretto la famiglia mafiosa dell'Arenella, nell'ambito del mandamento di Resuttana".
Su Facebook, il giovane capomafia racconta il suo modo d’essere “padrino”. Per lui, è un punto d’onore farsi immortalare - e postare immediatamente gli scatti su Instagram e Facebook - a bordo di una limousine bianca con un coppa di champagne in mano: sembra un remake dello Scarface cinematografico interpretato da Al Pacino.
L’ultima immagine “postata” è del 12 giugno: Palazzotto è sdraiato al sole a bordo di un’imbarcazione extralusso. Immancabili le tavolate a base di gamberoni, aragoste e champagne. Insieme al cugino Calogero Filareto (citato come referente del boss emergente nelle pagine dell’ordinanza Apocalisse), Palazzotto mostra il suo volto sorridente commentando così il pranzo luculliano: “alla faccia di quei quattro cornuti e invidiosi”. Il giovane padrino spiega anche di amare la musica napoletana e i classici del rock. Da Gigi D’Alessio a Kenny Loggins. Linka, commenta e spiega il suo modo d’essere un capomafia moderno.
Centinaia di commenti sono dedicati alle fiction tv come “Onore e rispetto”. Così, mentre il lavoro degli investigatori andava avanti, e giorno dopo giorno, si avvicinava la data della retata, la sfida “virtuale” Palazzotto veniva lanciata con questo messaggio sulla sua bacheca: “Tra il dire e il fare... c'è di mezzo il mare... quindi... siete e rimarrete dei poveretti... con un pugno di mosche in mano... hahaha erano convinti sti secchielli i miaidda (merda, ndr)”. Qualche giorno prima - è sempre il suo profilo Facebook a ricordarlo - spiega a tutti quanto sia alto per lui il rischio di essere arrestato: è il 26 febbraio quando Palazzotto scrive “Qualke volta come Fabrizio Corona mi finisce... tanto x cambiare... kiamato dalla questura...”.
Anche l’investitura a rango di capo malavitoso viene comunicata su Facebook. Ad ottobre del 2012, sul suo profilo pubblica un breve video. Pochi secondi durante i quali un suo amico grida ad alta voce: “Il padrino sono io”. Palazzotto commenterà così: “Vabbè, l’originale sono io”. Sul social network più famoso del mondo, i giovani mafiosi palermitani comunicano, prendono appuntamenti e si mostrano come eroi invincibili di una tradizione popolare in noir.
Su Facebook, Palazzotto parla con i suoi amici anche di onore ed affiliazione. Tra il serio e il faceto un amico “virtuale” si rivolge così al boss per essere arruolato: “Devo mandare un curriculum?”. E Palazzotto risponde: “Si, frate, dobbiamo valutare i precedenti penali, incensurati non ne assumiamo”. Il capomafia dell’Arenella poi rassicura: “Passa nella mia scuadra... i piu forti ora siamo noi hahaha” e “ teniamo conto anche del nucleo familiare”. Dal mare magnum virtuale è possibile ricostruire anche la morale distorta dei giovani mafiosi palermitani.
Anche Salvatore D’Alessandro, soldato della borgata di San Lorenzo e fedelissimo di Palazzotto, era sbarcato su Facebook. Tra una cena e una gita in barca insieme al boss dell’Arenella, tutto puntualmente documentato sul social network, D’Alessandro, dal suo profilo criptato, lanciava perle di saggezza mafiosa e raccontava della sua ascesa in Cosa nostra. Ecco cosa scrive alla fine del 2012 sul suo account: “X il momento sn uno dei pochi squali che caccia negli abissi. Ma arriverà il momento in cui salirò a galla e li nn avrò più pietà x nessuno”. La carriera di un soldato mafioso ha alti e bassi.
Così D’Alessandro, si sfoga con i suoi amici: “Io nn voglio cancellare il mio passato, xché nel bene e nel male mi ha reso quello che sn oggi. Anzi ringrazio a chi mi ha fatto scoprire l'amore e il dolore, chi mi ha amato e chi usato. Chi mi ha detto saremo sempre insieme. Credendoci ho chi invece l'ha fatto X i suoi sporchi comodi. Io ringrazio me stesso X avere trovato la forza di rialzarmi e andare avanti”.
In rete si scopre il racconto di un giovane picciotto che lotta per ritagliarsi uno spazio nella gerarchia mafiosa: “Non faccio quello che le persone ritengono giusto fare, faccio quello che voglio perché tanto la gente è sempre pronta a giudicare anche se non ti conosce abbastanza”. Ed ancora, “Qualcuno nn ha ancora capito che più parlano più vado costruendo il mio puzzle. Continuate a parlare che ci manca poco e chiudiamo il cerchio Hahahaaaaaa. Ma quanto gente ignorante e ingenua”.
D’Alessandro sa di essere finito nel mirino degli investigatori, perché il suo nome, dall’inizio del 2013, inizia a circolare negli ambienti investigativi. Questo il suo sfogo online: “La gente nn finisce mai di mettermi infamita xche sn solo invidiosi della mia persona. Mi potete mettere tutte le infamita di questo mondo e mi potete invidiare quanto volete ma me la sento solo s... Hahahaaaaaa. siete solo pezzi di merda cornuti sbirri e buttane”.