Quanti affari tra mafia ed Expo. Maltauro e i boss, 20 anni di relazione pericolose

Commissariati i cantieri milanesi del colosso veneto delle costruzioni. Un'informativa letta da “l'Espresso” evidenzia come la storia dell'azienda sia stata costellata da collusioni d'ogni tipo. Una sorte di romanzo criminale dal quale emerge la disponibilità a qualunque patto occulto pur di accumulare appalti

Mercoledì è stato un giorno importante per la storia della lotta alla corruzione. Per la prima volta sono state applicate le nuove norme varate dal governo Renzi con il commissariamento dei cantieri milanesi della Maltauro: appalti per un valore nominale di 55 milioni. Quella dell'Expo è solo l'ultima grana giudiziaria del colosso veneto delle costruzioni, protagonista anche dello scandalo Mose. Un'informativa letta da “l'Espresso” però evidenzia come negli ultimi venticinque anni la storia dell'azienda sia stata costellata da collusioni d'ogni tipo. Una sorte di romanzo criminal-imprenditoriale dal quale emerge la disponibilità a qualunque patto occulto pur di accumulare appalti.

Il dossier mette insieme i rapporti raccolti dalle prefetture, documenti inquietanti che non hanno ostacolato l'ascesa della Maltauro nell'empireo nell'economia nazionale. A partire dal patron della Spa vicentina: prima del 2014 Enrico Maltauro aveva già accumulato sei condanne. Un recidivo incallito. Sentenze emesse da sei tribunali diversi: Milano, Venezia, Vicenza, Verona, Roma e Palermo. Verdetti che non hanno pesato minimamente sull'attività della holding, come se pagare tangenti ed essere pregiudicati fosse la normalità nel nostro Paese.

C'è di più. Come aveva rivelato “l'Espresso”, tra il 2011 e il 2012 la prefettura di Vicenza e de L'Aquila avevano già emesso tre interdittive atipiche contro l'azienda: si tratta di uno strumento preventivo che mette in guardia le amministrazioni pubbliche dalla possibilità che la società sia condizionabile dalle cosche. Un avviso per tutti: attenti, se affidate degli appalti dovete mettere in conto il rischio di infiltrazioni mafiose. Allarme di fatto ignorato. E oggi, da quanto risulta a “l'Espresso”, i vicentini si sono fatti avanti per un nuovo business, chiedendo l'iscrizione alle white list per poter entrare nella ricostruzione dopo il sisma in Emilia. Così anche il Girer – il gruppo interforze creato per impedire che la rinascita dei comuni terremotati diventi un business dei clan - si è messo al lavoro per studiare il caso.

Amici degli amici
La storia è antica. Gli uomini e i mezzi dei clan si sono più volte insinuati nei cantieri della Maltauro senza troppa difficoltà. I primi segnali sono archiviati in un fascicolo di indagine degli anni '90, in quella che è stata chiamata la Tangentopoli siciliana. Ma sembra essere proseguita, tanto che subappalti concessi a ditte in rapporto con i clan preoccupava la “cupola dell'Expo”. Durante una riunione tra il top manager dell'Esposizione Angelo Paris e il gran mediatore Gianstefano Frigerio è stata anche affrontata la questione: «dì a Enrico però di rispettare le regole sull'antimafia eh... perché ha fatto entrare due, tre aziende...».
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L'informativa riservata letta da “l'Espresso” rivela come mentre avvenivano queste telefonate c'erano altri sospetti sulla Maltauro che riguardavano un affare enorme: la ricostruzione de l'Aquila. Nel 2011 le prefettura di Ascoli Piceno e del capoluogo abruzzese hanno fermato una ditta sospettata di legami con la mafia che lavorava per il consorzio di cui faceva parte Maltauro. Inoltre, sottolineano gli investigatori, l'impresa di Vicenza controlla il 51 per cento delle Edilmal Gran Sasso: segnalata nel 2009 dalla direzione investigativa antimafia di Roma per un subappalto non autorizzato. Il particolare curioso è il nome dei denunciati: Maurizio Trentin, direttore generale della Maltauro, e il vicepresidente di una azienda siciliana «considerata referente del clan mafioso Rinzivillo di Gela». Legame antico quello tra la società vicentina e la Sicilia. Sull'isola, e in particolare alle pendici dell'Etna, Maltauro Spa ha conquistato spazi rilevanti nel settore. In particolare da quando ha rilevato parte dell'impero di Gaetano Graci, uno dei quattro «cavalieri dell'apocalisse» di cui si era occupato con le sue inchieste il giornalista Pippo Fava prima di venire assassinato.

Affari siciliani
Per questo la procura di Catania si è mossa subito quando ha saputo che il signor Maltauro stava collaborando con i pm milanesi. I magistrati antimafia gli hanno chiesto di chiarire i suoi rapporti con Vincenzo Basilotta, condannato in secondo grado per mafia, alla cui impresa Maltauro ha affidato i cantieri del mega centro commerciale Etnapolis. Singolare anche la vicenda della Sciumi srl, che aveva come oggetto sociale la «coltivazione di agrumi» ma ha tirato su il villaggio residenziale dei militari americani di Sigonella. Fino al 2009 la società era al 51 per cento della Maltauro, il resto del gruppo Ciancio dell'editore Mario Ciancio Sanfilippo. Dalle indagini sulla Metropolitana catanese invece è partita un'istruttoria che vede imputato a Messina mister Maltauro accusato di corruzione assieme a Giuseppe Chiofalo, ex capo della segretaria del sottosegretario ai trasporti del governo Prodi, Raffaele Gentile. Sono stati rinviati a giudizio il quattro marzo scorso, e la prossima udienza si terrà i primi giorni di novembre.


La lista nera del dossier pare infinita. Nell'operazione Gotha sul clan siciliano dei Barcellonesi, per esempio, il collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano racconta come funzionava la “messa a posto”: «Artino (personaggio legato al gruppo criminale ndr) si occupa della messa a posto nei confronti della società Maltauro tramite un ingegnere di nome Tumeo o Timeo...Calcò Labruzzo invece si occupa della messa a posto nei confronti delle imprese Canizzo e Gullino che operano sempre nell'eolico in regime di subappalto per conto della Maltauro». La “messa a posto”, precisano gli investigatori, è più di una mazzetta ma indica la sottomissione al potere criminale: pagare Cosa nostra per garantirsi tranquillità nei cantieri. Scrivono gli inquirenti: «Emerge come l'impresa costruzioni Maltauro sia stata condizionata nelle scelte aziendali arrivando a subire le decisioni antieconomiche imposte, senza peraltro denunciare le condotte alle forze di polizia». E per rafforzare la loro analisi ricordano che per la realizzazione di alcuni parchi eolici in provincia di Messina l'azienda vicentina era stata costretta a rescindere un contratto di subappalto e a stipularne un secondo nettamente più sconveniente, «con un esborso maggiore di 200 mila euro».

Qualche problema Maltauro l'ha avuto anche nel corso dei lavori commissionati da Roma Metropolitane. La cordata di cui fa parte chiama una ditta in odore di mafia, che nel 2012 sarà bloccata dalla prefettura di Brescia per i legami con le cosche. E a Milano il costruttore Maurizio Luraghi, condannato in appello per rapporti con la 'ndrangheta, ha dichiarato durante un'udienza di aver preso «dalla Maltauro e dalla Cmb (una coop emiliana) tutto il Portello della Fiera di Milano». Ossia una delle opere più importanti realizzate nel capoluogo lombardo.

Incarichi nell'ombra
Il dossier dell'antimafia censisce anche alcuni contratti di lavoro sospetti. Viene citata l'operazione Libeccio, coordinata dalla procura di Messina, e il figlio di un boss, «notoriamente inserito in circuiti criminali e condannato in secondo grado per associazione mafiosa», assunto da Maltauro come guardiano del cantiere «pur non avendo alcun titolo professionale che lo abilitasse all'esercizio dell'attività di vigilanza». Gli investigatori legano questo episodio al furto di materiale nel cantiere, avvenuto qualche giorno prima dell'assunzione del vigilantes improvvisato. Fatti che confermerebbero l'ipotesi investigativa: «il pagamento di una tangente da parte della società committente per il solo fatto di aver ottenuto un appalto in zona controllata dal gruppo criminale». Con l'aggravante, scrivono gli investigatori, che la Maltauro non ha denunciato alcunché.

Sembra un remake del progetto “Aviano 2000”, che prevedeva la nascita di un complesso residenziale all'interno della base americana in provincia di Pordenone. Anche in questo caso l'impresa di Vicenza aveva inserito negli elenchi per il rilascio dei pass d'entrata al cantiere numerosi «pregiudicati riconducibili a famiglie mafiose».

La tangentopoli corleonese
La parte finale del rapporto è dedicata agli anni Novanta, l'età d'oro dell'impresa veneta. Il periodo in cui cresce e diventa leader nel settore delle costruzioni in Italia. È la stagione di Mani Pulite al Nord e delle stragi corleonesi in Sicilia, mentre crolla il sistema dei partiti della Prima Repubblica. Quando la retata dei pm di Palermo svela la tangentopoli siciliana, il patron della Maltauro collabora e descrive il meccanismo degli appalti nell'isola. Lui e i colleghi di altre aziende pagavano i referenti politici, tra cui Vito Ciancimino, già sindaco mafioso del capoluogo siciliano. Anche Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici corleonesi poi pentito, chiama in causa i veneti, indicandoli tra le imprese che venivano a patti con gli emissari di Totò Riina. Ma dieci anni dopo il copione sembra ripetersi. A Venezia i magistrati scoprono un cartello di imprese riconducibili a Cosa nostra. Con una di queste «la Maltauro aveva partecipato a varie gare d'appalto».

Tra tanti elementi inquietanti, uno ha colpito in particolare gli investigatori. Nel corso dell'istruttoria sulla strage dei Georgofili, avvenuta a Firenze nel 1993, la Direzione Investigativa Antimafia ha monitorato diversi telefoni. Uno era intestato a una ditta di Agrigento ma il numero di partita Iva registrato sul contratto di attivazione era proprio quello della Maltauro Spa.

Questo lungo pedigree di condanne e relazioni pericolose non ha ostacolato i fatturati della società veneta. Che ha preso appalti dall'Expo e dal Mose, da committenti come la presidenza del Consiglio, l'Enac e da parecchie multinazionali edificando uffici, centri commerciali, infrastrutture, fabbriche. Ha costruito persino lo stabilimento top secret di Cameri (Novara) dove si monteranno i supercaccia F-35. Senza nessuna questione morale. Come se l'etica negli affari in Italia non esistesse.

Aggiornamento del 21 luglio 2014, ore 18,58: Maltauro, mai avuti relazioni con i boss

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