Un parroco della borgata dell'Addaura di Palermo ha inventato "l'aperimessa": dopo la funziona si beve qualcosa e ci si scatena a ritmo di samba e bossanova. Risultato? I fedeli continuano ad aumentare
Anche l’happy hour è una buona strada per il Paradiso. Almeno così pensa Don Fabrizio Fiorentino, parroco di frontiera della borgata marinara dell’Addaura a Palermo. “Per rivitalizzare il territorio ed entrare in sinergia con la borgata”, Don Fabrizio ha inventato “l’Aperimessa”: prima la cerimonia religiosa, poi, alla fine del rito, nello stesso luogo dove si celebra la messa, l’aperitivo e le danze al ritmo di samba e bossanova. I risultati per ora danno ragione al giovane prete palermitano: settimana dopo settimana i fedeli si sono moltiplicati ed ora, alla funzione domenicale – celebrata in un prato lungo la costa, accanto alla chiesetta di periferia– accorrono in migliaia. Un fenomeno di massa, amplificato da una rete di “amicizie” virtuali che diffondono il verbo postmoderno buono a coniugare rito e mondanità. Per la sua “missione”, Don Fabrizio è circondato da uno staff di fedelissimi che lo sostiene nell’organizzazione della funzione prima, e degli “eventi” dopo. Durante la messa un gruppo corale accompagna la preghiera con brani inediti, scritti e cantati apposta per quella Chiesa. [[ge:rep-locali:espresso:285501362]] Immancabili le polemiche. Ma Don Fabrizio le rispedisce al mittente: “ Papa Francesco dice che la Comunità deve essere creativa, aperta e gioiosa, sono questi gli ingredienti necessari se veramente si vogliono rivitalizzare le periferie”. E spiega anche di avere chiamato il suo evento “aperimessa” soltanto per far capire di cosa si trattava: “ Non è che ci siamo messi a servire champagne e tartine durante la funzione. Il rito viene rispettato in modo più che dignitoso. Poi, alla fine della funzione, chi vuole resta, offre il suo contributo e può rimanere per un aperitivo e ascoltare della musica”. Il ricavato degli happy hour religiosi verrà utilizzato per salvare la piccola chiesa in riva al mare e, se i soldi basteranno, anche per dare una mano alle missioni religiose in centro Africa.
Da oltre un anno Don Fabrizio ha le chiavi di quella piccola parrocchia in riva al mare. E dietro il suo sorriso e il suo attivismo “social”, con una cospicua produzione di messaggi ed eventi virtuali, si cela una battaglia dalle radici profonde. Quella piccola chiesa, è un concentrato di storia, di sprechi e di lotta al malcostume. In quelle mura ora cadenti, per qualche mese, quasi trenta anni fa, celebrava un parroco di nome Pino Puglisi.
Il complesso religioso sorge all’interno di un sito industriale ora in completo abbandono: lì sorgevano i capannoni industriali Ducrot, dove all’inizio del secolo scorso si costruivano idrovolanti apprezzati in tutto il mondo. Dopo il secondo conflitto mondiale, su quel pezzo di terra in riva al mare venne costruito il centro Roosvelt, dono della comunità italoamericana ai ragazzi della borgata marinara. Poi terre e capannoni passarono sotto il controllo della Regione Siciliana, per essere affidati in concessione ai Padri Vocazionisti.
Negli ultimi anni, infine, parte degli edifici del complesso sarà utilizzata per i corsi professionali di uno dei più importanti enti di formazione collegati alla Regione Siciliana, il Ciapi: la pietra angolare di tutti gli scandali di quel settore, con l’intero management finito sotto processo per avere sottratto centinaia di milioni di euro alla regione e all’Unione Europea. Passaggio dopo passaggio, perciò, quei locali che circondano la chiesetta sono diventati o ruderi a cielo aperto, esempio di archeologia industriale e burocratica, obiettivo dei vandali e di chi ritiene di poter trasformare quella zona in una discarica abusiva.
Così, in quel contesto, Don Fabrizio non ha avuto vita facile e non ha avuto a disposizione nemmeno le risorse per restituire un po’ di decoro alla sua chiesetta. Per salvare la sua comunità religiosa, circondata da scheletri di edifici che nessuno vuole più curare, Don Fabrizio Fiorentino s’è dovuto armare di impegno e pazienza inventando eventi sempre nuovi. In primis l’aperimessa. Le novità che sembrano catturare l’attenzione di fedeli nuovi e vecchi. I fedeli accorrono in massa seguendo Don Fabrizio in quel luogo dove tutto, fuorché la passione del prete e dei suoi fedeli, sembra essere stato abbandonato dagli uomini.