Dopo una lunga maratona terminata alle prime luci dell’alba, il consiglio regionale toscano ha varato la nuova legge elettorale, ribattezzata il Toscanellum. La quale prevede il ripristino delle preferenze ma con un listino fino a tre candidati, le soglie di sbarramento al 5% per il singolo partito e il premio di maggioranza al candidato presidente che supera il 40% dei voti.
E c’è già chi, come Stefano Menichini, direttore di Europa e il senatore lucchese Andrea Marcucci, entrambi renziani doc, si affrettano a proporre: dopo il Toscanellum disco verde per l’Italicum. “Come avvenne nel 2005, ci auguriamo che il sistema elettorale toscano serva ad una rapida approvazione all'Italicum”, dichiara Marcucci.
Già, il 2005. Quando nell’aula del parlamentino toscano sedeva Denis Verdini che strinse un accordo molto contestato con i Ds per varare una legge elettorale che aboliva le preferenze. Legge che fece da apripista a quella nazionale dei nominati, ribattezzata dal suo maggiore autore, il leghista Roberto Calderoli, una “porcata”.
Nove anni dopo il sistema elettorale nazionale e toscano cambia ma il dominus politico è lo stesso, il plenipotenziario di Forza Italia Verdini, nel 2005 alleato con i Ds, e questa volta con Matteo Renzi. Non a caso – come per l’Italicum – il Toscanellum è stato avversato dai piccoli partiti e da un terzo dei consiglieri del Pd (lettiani e cuperliani), che non hanno partecipato al voto.
Pd diviso, ma il segretario regionale Dario Parrini, renziano, esulta. Il varo del Toscanellum ha dimostrato che, almeno in periferia, il patto del Nazareno tra i due fiorentini Renzi e Verdini regge. Ora la prova del fuoco sul piano nazionale. “Ci sono ragioni concrete per sperare che entro l’anno possa essere sanato il vulnus dal quale tanti guai sono scaturiti, ovvero l’assenza di una decente legge elettorale”, scrive Menichini. Grazie al varo del Toscanellum è probabile che l’Italicum abbia la strada spianata. Firenze chiama Roma.