L'artista britannica ha realizzato un nuovo video, 'Prototype', in cui la protesi che porta alla gamba diventa arma, oggetto di seduzione estetica e di potere. Una rivoluzione, come spiega la semiologa Giovanna Cosenza

Nel suo ultimo video “Prototype”, Viktoria Modesta, balla, canta, recita e si esprime in una performance dal carattere deciso ed aggressivo, facendo del proprio corpo un modello da imitare, il sogno di bambini e bambine e l’ideale dei giovani. Affronta il mondo con sprezzo per l’autorità e senza alcun timore , con passo felino, graffiando con la sua musica suadente e decisa. Tutto normale per una cantante rock, si potrebbe dire.

La particolarità è che Viktoria è priva di una gamba dal ginocchio in giù. O meglio, è dotata di un arto bionico scintillante e frivolo, ma tecnologicamente avanzato e intercambiabile. Che può anche trasformarsi in un’arma puntuta e micidiale.
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Un modo di rappresentare la disabilità capovolgendo completamente il punto di vista. Ciò che è considerato “minus” diviene “plus”. La disabilità è interpretata come alterità oltre la dimensione della anormalità, che diviene essa stessa normalità e modello, introducendo un concetto che appartiene sempre più al nostro futuro prossimo: il corpo ciberneticamente esteso.

Le protesi delll’atleta Pistorius hanno consentito all’uomo di superare i limiti del corpo deprivato e biologico, ma restano nell’immaginario oggetti pseudo-meccanici, più legati all’inerzia ed alla gravità, che alla scienza ed alla tecnologia.

La protesi di Viktoria Modesta è invece la dimensione del potere della tecnologia e della speranza di un futuro in grado di superare oltre ogni limite la menomazione, innestata in un corpo di cui la mente di Viktoria è padrona senza disconferma, fiera e forte, capace di trasformarsi in modello per tutti.

Oltre la rappresentazione commerciale, che è sicuramente uno degli obiettivi del video, l’immagine che esso rilancia della disabilità, come il video stesso propone nel suo incipit “Forget what you know about disability” (“dimentica ciò che sai sulla disabilità”) è dirompente e potente al tempo stesso.

Ne abbiamo parlato con Giovanna Cosenza, docente di Semiotica dei nuovi media all’Università di Bologna. La prof.ssa Cosenza ha un blog molto seguito, Dis.amb.iguando, dove dal 2007 analizza, osserva e discute le manifestazioni e le rappresentazioni della società, la pubblicità e la rete internet.

Professoressa Cosenza, la disabilità può essere un modello?
Ho avuto modo di riflettere sulla disabilità con persone che operano in questo settore. Se c’è un’esigenza che hanno le persone disabili, con qualsiasi tipo di disabilità, ad eccezione di quelle che non consentono la consapevolezza e coscienza di sé, è quella di sentirsi normali.
Questo video cosa fa? Parte da questo presupposto, che davvero è trasversale presso tutte le persone portatrici di disabilità, e va oltre, nel senso che è una normalità tale da permettere quello che la nostra normalità di non disabili permette: cioè, in certe condizioni, idealizzare il corpo ed alcuni comportamenti e alcune rappresentazioni del corpo.
Viktoria Modesta è una bella donna ed è un'artista. Del suo corpo con una disabilità, perché le manca un pezzo di gamba dal ginocchio in giù, fa un modello, includendo la disabilità nel modello. Portando a tutte le conseguenze possibili la normalizzazione nella società. E così il video mostra che lei è una popstar, amata da uomini, ragazzine e ragazzini

È un sovvertimento catartico. C’è un’operazione commerciale, ma un messaggio nel quale non ci soffermiamo più sulla parte mancante.. “o poverina”..
…e la personaggia che Viktoria Modesta rappresenta è anche cattiva. Ci sono componenti aggressive che lei esprime, una sessualità aggressiva, con quella protesi appuntita che può diventare un’arma, minacciosa, alla fine stride sul pavimento, fa impressione.

Che significa anche “io non ho bisogno di essere compatita, difesa”…
È quello che dicevo prima. Un disabile non deve per forza essere buono.

Infatti, anche quello del “disabile buono” è uno stereotipo..
Si, se tu dici “poverino” intendendo che è una vittima. Perché per forza deve essere buono nel suo stato di disabile. Ma questo è un concetto rigettato da molti, nel senso che il disabile che si sente normale, come gli altri, può decidere anche di essere un grande stronzo. Lei è cattiva, come dicevo ha una sessualità molto aggressiva con una protesi minacciosa, con la quale se lei vuole può anche uccidere. È molto muscolosa, ha un corpo allenato, da palestra, fa capire che non c’è niente di debole nella sua fisicità e che, se vuole, ti ammazza. Ed è orgogliosamente così.

Lei inscena una “bad girl”. Mi ricorda Madonna Ciccone, Cindy Lauper, personaggi che esistono nella cultura pop almeno dagli anni ’80 . Anche se lei va ancora più indietro nel tempo con la rappresentazione. Riprende l’interrogatorio della donna bella sotto il nazismo, contesti sadomaso, da parte di un’artista disabile e quindi, toglie dalla fossa della vittima per forza buona, la disabilità. La sua protesi bionica viene estetizzata, diviene elemento di forza. Immagino che le cambi come fossero abiti.

C’è il ribaltamento quindi dello stereotipo…
C’è il ribaltamento e c'è una normalizzazione. La normalizzazione è la premessa da cui può provenire il ribaltamento. C’è una eccezionalità positiva in Viktoria Modesta: non è normale essere così bella ma se lei si fosse chiusa nella mancanza non si sarebbe potuta valorizzare. Quindi il presupposto è: io valorizzo ciò che di positivo ho, lo coltivo (palestra, trucco, abbigliamento, etc..) e sicuramente dietro c’è una capacità culturale di farlo. Tutti i nostri corpi sono pieni di protesi: occhiali, lenti a contatto, se non andassimo dal dentista saremmo a 40 anni senza denti. E lei ci dice: a me manca un pezzo di gamba, ma guarda che figa che è la mia gamba senza quel pezzo!! Anzi: la vorresti avere tu questa protesi? Ma tu non puoi, perché tu hai una gamba in carne ed ossa! Io la cambio ogni giorno.