Nel nostro paese sono già attivi altri cinque servizi di contenuti in streaming. Che invece di essere preoccupati per la concorrenza si dichiarano, almeno a parole, ottimisti sull'apertura a nuove fasce di mercato che il colosso americano favorirà

"Paura di Netflix? Nemmeno un po'. Anzi. Non vediamo l’ora che arrivi”. A dirlo, e senza bluff, è Stafano Parisi, presidente e fondatore di Chili Tv, la (piccola) Netflix italiana. ?La sua piattaforma (che non richiede un abbonamento ma, come capita con Apple iTunes, solo che si paghi quel che si vede) è l’unica completamente italiana, è in espansione all’estero (Polonia, Austria, Regno Unito) e ha, ad oggi, circa 500 mila utenti registrati, piazzandosi in una posizione di leadership nel, seppur piccolo (40 milioni di euro) mercato italiano.

“Netflix - continua Parisi- non può che farci bene, perché aprirà il mercato e si farà carico del ‘lavoro sporco’ che  fino a oggi toccava a noi: spiegare a ogni singolo utente in cosa consiste la tv in streaming, come funziona, come si fa. D’ora in poi, per fortuna, tutta questa parte andrà in carico a Netflix, che ha altri e più potenti mezzi rispetto a noi.  A noi toccherà solo il più semplice ruolo di stare sul mercato e mantenere un’offerta che sia valida e concorrenziale”.

Come a dire che il mondo della televisione in streaming, in Italia, comincia domani e toccherà a Netflix crearlo da (quasi) zero. E questo a dispetto del fatto che, da noi, la televisione in streaming c’è già da un pezzo, anche se in pochi se ne sono accorti.  Nell’era 'Pre Netflix', quella che finisce oggi, le uniche piattaforme di televisione in streaming erano, in buona sostanza, Chili (l’unico editore puro, perché svincolato da servizi di banda o da altre case editrici), Sky Online, Infinity Tv (Gruppo Mediaset), MYMoviesLive (Gruppo Espresso), TimVision (Gruppo Telecom). Tutti insieme a contendersi una manciata di cinephiles e nerd da serie tv.

“L’intero mercato Italiano è ad oggi molto piccolo - continua Parisi - non arriva ai 50 milioni di euro, laddove in Danimarca si parla di 100 milioni di euro e nel Regno Unito di 800 milioni di euro”. Numeri ristretti e dunque con ampi margini di crescita. “Il problema non è più o non è solo di tipo tecnologico, legato alla diffusione di banda larga. E’ prima di tutto culturale: il 50 per cento degli italiani non ha il collegamento internet, né un computer in casa; allo stesso modo, benché diffusissime, le smart tv non sono collegate alla rete: su 8 milioni di apparecchi solo 2,8 sono on line. In Germania le tv connesse sono il 70% del totale”.

E proprio la ritrosia verso l’uso completo della tecnologia che si ha a disposizione, potrebbe rivelarsi il più consistente ostacolo alla crescita del sistema di visione in streaming. Lo sanno da Chili, lo sa Telecom (che ha stretto una partnership tra la sua TimVision e Netflix), lo sanno tutti gli attori presenti sul mercato, tanto che viene da chiedersi se Reed Hastings, il numero uno di Netflix, ne sia stato informato.

"In Italia la scarsa diffusione della Tv on demand  è dovuta principalmente al fatto che non abbiamo avuto l’esperienza della cable tv - dice Daniela Biscarini, responsabile multimedia entertainment di Telecom Italia, che con TIMvision conta oggi circa 400 mila clienti e stima di arrivare a 550 mila entro la fine dell’anno - e fino ad oggi la pay tv è stata proposta da soli due player Sky e Mediaset. A questo si aggiunge quel gap di abitudini al consumo da parte dei clienti: spesso, pur avendo una smart tv in casa non la connettono e non si affidano ancora ai pagamenti on line. Il nostro accordo con Netflix va in questa direzione: facilitare la connessione con il decoder TIMvision e dare la  possibilità di pagare il servizio direttamente in bolletta”.

Stratagemmi e azioni concrete per giocarsi al partita economica da miliardi di euro: il mercato europeo della tv in streaming ad oggi vale circa 2,2 miliardi di dollari, laddove il fatturato mondiale della sola Netflix supera i 4.

“Si tratta - continua la numero uno dell’entertainment di Telecom Italia - di un mercato con importanti margini di crescita dove pensiamo sia necessario operare insieme”.

Così, i canali di streaming italiani, da oggi in poi si, faranno sul serio e si uniranno tutti contro uno, laddove ‘uno’ non è Netflix, ma il grande asso pigliatutto dei consumi culturali on line degli ultimi anni, ossia la pirateria.

“Se il mercato legale dello streaming e del download è di 40 milioni, quello dell’illegale ne muove 400: il decuplo- spiega di nuovo Parisi - e lì, davanti a quei monitor, ci sono i nostri margini di crescita: sono quelli gli utenti che dobbiamo andarci a prendere”.

Dunque quella contro lo streaming illegale è la vera partita e i suoi 400 milioni di mancato introito la vera posta in gioco. “La storia della musica on line ce lo dimostra: laddove il consumo legale è facile e economico, la pirateria semplicemente smette di esistere. E’ successo con iTunes prima e con Spotify poi, e, verosimilmente succederà con il cinema e la tv: da un certo momento in poi non avrà più senso scaricare illegalmente”. A disegnare questo scenario è Gianluca Guzzo, ad di MyMoviesLive, piattaforma di cinema on line, che azzarda anche un’altra previsione: “In un tempo medio, di diciamo cinque anni, esisterà un grande soggetto generalista di streaming, che sarà verosimilmente Netflix, e altri, che per giocarsela sul piano della concorrenza si specializzeranno per settori o generi. Il mercato potrebbe svilupparsi facendo in modo che ognuno abbia più abbonamenti, diversi e che non si accavallano nell’offerta, ampliandola però esponenzialmente”.