Perde consensi la candidatura della Clinton, specie tra le persone del suo sesso. E la Casa Bianca rischia di rimanere un sogno
Giovedì 22 ottobre sarà una giornata molto importante per Hillary Clinton. È attesa in Congresso per una audizione sui fatti del 2012 che portarono alla uccisione, in Libia, dell’ambasciatore americano Christopher Stevens. Hillary Clinton era allora il ministro degli Esteri di Barack Obama e da lei si vuole sapere che cosa fece il Dipartimento di Stato per proteggere il diplomatico. L’audizione potrebbe rivelarsi un duro colpo alle mire presidenziali della Clinton, tanto da rallentare la sua corsa per la nomination del Partito Democratico. Quel giorno, oltre che sui fatti di Bengasi, fioccheranno domande sul perché la Clinton abbia usato quando era ministro un indirizzo mail privato e un server che era nella sua abitazione invece di quello fornito dal governo.
Sono mesi che il tormentone mail annuvola la campagna della ex First Lady, ex senatore, ex segretario di Stato. Hillary Clinton ha sottovalutato il problema, tanto da impiegare più di un anno per scusarsi del suo comportamento. Solo lo scorso 8 settembre, nel corso di una intervista televisiva, ha detto: «È stato un errore. Mi spiace e me ne assumo la responsabilità». La Clinton ha scelto di porsi al di sopra delle regole e sembra non rendersi conto che, al di là di possibili reati legati all’invio di mail classificate (su questo indaga l’Fbi), ha ignorato che l’uso di una mail governativa e di un server posto in un luogo sicuro e controllato, ha anche lo scopo di archiviare le attività di un ministro e conservare tutti i documenti che finiranno poi negli archivi di Stato. Non può certo essere il segretario di Stato a decidere che cosa deve restare agli atti e che cosa no. Se fosse solo questo l’ostacolo del secondo tentativo di arrivare alla Casa Bianca (nel 2008 perse le primarie contro Barack Obama), il candidato che tutti ritenevano il front runner democratico potrebbe stare abbastanza tranquillo. Ma nell’ultimo mese l’orizzonte non è più così sereno come nei giorni in cui annunciò di voler correre per il 2016. Il consenso alla candidatura di Hillary Clinton ha cominciato a perdere vistosamente colpi nel gruppo elettorale che dovrebbe essere la sua forza: le donne dichiaratamente democratiche o che votano quel partito con frequenza. L’opinione favorevole nei confronti della candidata è sceso dal 71 al 42 per cento: 29 punti in meno nel giro di otto settimane non sono da considerare con sufficienza.
Altri segnali di tempesta sono arrivati dagli Stati in cui si comincerà a votare per le primarie nel gennaio 2016. In Iowa, la Clinton continua a essere in testa ma il margine con l’inseguitore, il senatore Bernie Sanders che si autoproclama un liberal a 24 carati e il solo democratico di ispirazione socialista, si è ridotto in misura significativa: Hillary è al 38 per cento, Sanders al 27. E in New Hampshire la Clinton è dietro il senatore del Vermont che guida con il 41 per cento a fronte del suo 32. La domanda è allora: quando la favorita non vince nelle prime due elezioni, che front runner è? Se lo scenario è cambiato, deve essere accaduto qualcosa nell’immaginario degli elettori democratici. La risposta arriva dai focus group organizzati dai repubblicani. Il dubbio più importante è quello sui risultati che può esibire Hillary Clinton.
Che cosa fece quando era alla Casa Bianca accanto a Bill? È vero che si batté molto per le donne e i bambini, ma è vero anche che viene ricordata per il disastro di una riforma sanitaria annunciata e mai arrivata in porto. Quali sono le leggi che portano il nome di Hillary? Solo tre e non di primo piano, ma tutti ricordano il suo sì in Senato alla guerra in Iraq. Quali sono i grandi risultati in politica estera? Non ci sono grandi trattati che l’hanno vista protagonista, anche se lei continua a sottolineare di aver viaggiato in oltre 100 nazioni per consolidare i rapporti degli Usa e di aver riaperto la strada dei colloqui con l’Iran.
Era stata presentata come una marcia trionfale versa la Casa Bianca, la sua candidatura. O comunque una partita da vincere a mani basse nelle primarie del Partito Democratico. Così non è più. Certo, i sondaggi contengono un margine di errore importante e comunque mancano ancora più di tre mesi al primo voto delle primarie. Hillary poi ha in serbo l’artiglieria pesante. È il marito Bill, amato dagli americani, grande oratore. Ma come tutte le armi pesanti, può risolvere e portare alla vittoria o può fare danni così gravi da impedire il raggiungimento del successo. Fino a oggi si è limitato a dire che la storia delle mail private è troppo enfatizzata.