Renzi e Chiamparino si lanciano accuse reciproche: ma è un copione già andato in onda l'anno scorso con la solita guerra sulle cifre e i rimproveri sugli sperperi. Che però restano sempre lì. Mentre la Corte dei conti lancia l'allarme sulla tenuta dei conti pubblici
«Tagliamo gli sprechi, non i servizi. Penso che le
Regioni un po' di cura dimagrante la possano fare». Macché: «La manovra è insostenibile e quelle parole sono offensive perché ognuno deve guardare ai suoi sprechi, nei ministeri forse non ce ne sono? Si può tagliare un miliardo lì». Se pensate che queste frasi - rispettivamente del premier
Matteo Renzi e del presidente della Conferenza delle Regioni
Sergio Chiamparino - siano di questi giorni sbagliate di grosso. Risalgono all'autunno scorso, quando la legge di stabilità del governo approdò in Parlamento.
Dodici mesi esatti dopo, il punto è lo stesso. E la parole quasi identiche, in quel grande eterno ritorno dell'uguale che è spesso la politica italiana: «È a rischio la sopravvivenza del sistema Regioni» avverte Chiamparino, che invita a cercare altrove dove risparmiare.
«Adesso con le Regioni ci divertiamo, ma sul serio» la risposta del premier in vista dell'incontro di mercoledì a Palazzo Chigi, con una chiara allusione al fatto che chi critica, con tutti i soldi che ingurgita, non abbia titolo per lamentarsi. Anche se, pare dimenticare il presidente del Consiglio, è proprio la classe politica regionale - la più screditata d'Italia con le sue allegre rimborsopoli - che dovrebbe dare sostanza al nuovo Senato riformato.
In ballo, come per ogni
manovra finanziaria che si rispetti, ci sono le decurtazioni alla sanità e agli enti locali. Ma gira che ti rigira, l'argomento usato è sempre lo stesso: gli
sprechi. Che tutti vedono in casa altrui ma raramente nella propria. E quindi, a seconda delle parti, vengono usati come un'arma per giustificare e dimostrare la sostenibilità dei sacrifici richiesti oppure per non farne affatto. Un po' come coi tagli lineari di Tremonti, che pensava di eliminare le inefficienze semplicemente riducendo le dotazioni. Che è come pensare che, versandone di meno, un secchiello bucato trattenga più acqua. Solo che evidentemente, impegni di principio a parte, la dieta non riesce mai e gli sperperi restano sempre lì, se puntualmente vengono scongelati dal freezer e ritirati fuori alla bisogna.
C'è pure l'immancabile balletto delle cifre e l
'uso a fini politici dei numeri raccontato dall'Espresso nei mesi scorsi, un altro grande classico delle leggi di stabilità. Per la
sanità, ad esempio, l'anno prossimo ci saranno più o meno finanziamenti? Per Chiamparino i tagli sono tali che non solo faranno aumentare i ticket ma potrebbero addirittura compromettere la distribuzione dei f
armaci salvavita. Per Renzi, invece, «ci sono più soldi del passato». Chi ha ragione? Dipende da come la si guarda. Perché è vero che il Fondo sanitario nazionale nel 2016 aumenterà di un miliardo, come dice il premier. Solo che, osservano gli enti locali, 800 milioni se ne andranno per i nuovi Livelli essenziali di assistenza sanitaria varati dal ministero della Salute, ai quali va aggiunto il rinnovo dei contratti (300 milioni), il fondo per le vaccinazioni (300 milioni), quello per le vittime di emotrasfusione (170 milioni) e i farmaci salvavita (500 milioni). Insomma, mancherebbe un altro miliardo.
Tanto più che alle critiche delle Regioni, dei tecnici del Senato e dei sindacati (compensate, queste ultime, dal plauso di Confidustria) si sono aggiunte pure i rilievi della
Corte dei conti. Tutt'altro che teneri, a leggere le parole del presidente Raffaele Squitieri: la manovra «utilizza al massimo gli spazi di flessibilità disponibili, riducendo esplicitamente i margini di protezione del conti pubblici, e lascia sullo sfondo nodi irrisolti (clausole, contratti pubblici, pensioni) e questioni importanti quali il definitivo riassetto del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali». Insomma, ci sono rischi per la tenuta del bilancio dello Stato. Non proprio una carezza.
Quanto al braccio di ferro con le Regioni, come finirà lo scontro? «Un'intesa alla fine si sarà» assicurano dalla maggioranza. E non è difficile crederlo: un accordo si trova sempre, soprattutto quando si appartiene allo stesso partito e il principale antagonista (per quanto temporaneo) è un renziano (per quanto sui generis) come Chiamparino. Anche l'anno scorso, ad esempio, le Regioni minacciarono sfaceli e Renzi fece la faccia dura, irridendo peraltro le loro richieste. Poi ci fu l'incontro e, abbandonato il gioco delle parti, vennero tutti a più miti consigli.
Forse troppo miti, a giudicare dal commento ironico del governatore leghista del Veneto Luca Zaia: «Chiamparino e gli altri del Pd nel giro di dieci ore hanno cambiato posizione. Neanche la pattuglia acrobatica sa fare di meglio».