I membri della nuova associazione, composta solo di imprenditori privati, hanno messo assieme 388 miliardi di dollari in patrimoni personali. Obiettivo: accelerare lo sviluppo delle fonti energetiche. Niente beneficenza: agirà come un venture capital
Verdi. Anzi, verdoni. Alcuni degli uomini più ricchi (e potenti) del pianeta si sono uniti nella Breakthrough Energy Coalition. Una coalizione che ha l'obiettivo di accelerare lo sviluppo delle energie rinnovabili. Segni particolari: è composta solo da imprenditori privati ma ha la potenza di fuoco di uno Stato di medie dimensioni.
I membri del gruppo sono appena 28. Ma mettono assieme patrimoni personali per 388 miliardi di dollari. Tra di loro c'è l'uomo più ricco del mondo (
Bill Gates), il più facoltoso dell'India sulla carta (Mukesh Ambani) e nella realtà (Ratan Tata). E ancora: il più ricco d'Africa (Aliko Dangote) e il secondo paperone cinese (Jack Ma). E poi, solo per citare i più noti,
Jeff Bezos (boss di Amazon),
Mark Zuckerberg (ceo di Facebook) e George Soros.
Per capire qual è l'impatto che questo gruppo potrebbe avere a livello mondiale, bastano alcuni dati.
La loro fortuna personale supera del 30 per cento gli investimenti mondiali in energie rinnovabili del 2014, pari a 270 miliardi.
Se Gates decidesse di investire in eolico e solare tutto il suo patrimonio (circa 79 miliardi di dollari), supererebbe la spesa compiuta nel settore
da tutti i Paesi fuori dal G-20 tra il 2009 e il 2013.
Mr Microsoft e soci non si priveranno in un sol colpo del loro tesoro. Ma basterebbe mettere sul piatto il 2% dei loro patrimoni per coprire la somma spesa in ricerca e sviluppo nel 2014 da istituzioni pubbliche (5,5 miliardi) e imprese (6,6 miliardi) di tutto il mondo.
E questo solo per fermarsi alle tasche personali. Perché la forza di questi imprenditori deriva anche dai fatturati delle loro aziende. Il giro d'affari di Microsoft supera il prodotto interno lordo della Slovacchia.
La Reliance Industries Limited, maggiore impresa privata indiana, guidata da Mukesh Ambani, ha un fatturato paragonabile al Pil dell’Azerbaigian. Amazon vende prodotto pari al prodotto interno lordo dell'Oman e Ratan Tata della Bielorussia. La Hp guidata da Meg Whitman (altro membro del club) fattura più della Bulgaria.
Mettendo insieme i fatturati delle imprese coinvolte, si toccano i 458 miliardi di dollari. Più o meno il Pil dell'Argentina. E questo senza contare gli asset di venture capital ed hedge fund entrati nel gruppo.
Confronti come questi sono poco più di un gioco: una multinazionale non è una nazione. Ma le cifre la dicono lunga sul potere che si accentra nella Breakthrough Energy Coalition.
Definirla un gruppo nato intorno ai big della tecnologia sarebbe limitante. È vero, ci sono i fondatori di Alibaba, Microsoft, Amazon, Facebook e LinkedIn. Ma la coalizione è molto di più: è una lobby (termine che negli Stati Uniti non è una parolaccia) potente come e più di uno Stato. Una elite cha avrà portafoglio ampio e grande potere contrattuale.
I volti del tech sono forse i più noti, ma ci sono anche magnati dei media come Richard Branson di Virgin e conglomerate industriali dei Paesi in via di sviluppo (Dangote group, Reliance Industries, Tata). La schiera più nutrita, semmai, è un'altra: quella degli uomini d'affari che hanno fatto miliardi con venture capital ed hedge fund: Ray Dalio di Bridgewater Associates, John Doerr di Kleiner Perkins Caufield & Byers, Vinod Khosla di Khosla Ventures, Neil Shen di Sequoia Ventures, Nat Simons e Laura Baxter-Simons di Prelude Ventures, Chris Hohn di The Children's Investment Fund. E poi non poteva mancare sua maestà George Soros.
La composizione del gruppo suggerisce che la
Breakthrough Energy Coalition non è una fondazione che fa beneficenza. È una società che investe. Lo si legge chiaramente nel suo manifesto. “Ci focalizzeremo su imprese a livello early stage” (cioè ai primi passi) che abbiano “il potenziale per ridurre le emissioni e cambiare il mondo dell'energia”.
Gates e compagni funzioneranno come un venture capital sui generis: si porrà nel vuoto creato tra ricerca pubblica e investimenti privati. “Gli investimenti governativi – si legge sul sito web del gruppo - hanno nutrito la creatività privata e portato a enormi successi nel campo spaziale, medico e tecnologico. La politica dovrebbe fare lo stesso nel campo dell'energia”. Tuttavia, “i fondi che oggi il governo destina alle rinnovabili e le ricerche pubbliche non sono sufficienti”.
Dall'altra parte, “gli investimenti early stage nel settore hanno un rischio troppo elevato per essere appetibili agli occhi dei business angel e dei venture capital tradizionali”. La Breakthrough Energy Coalition si piazza qui: tra debolezza pubblica e un mercato privato che deve sempre mantenere un equilibrio tra rischi e benefici.
Serve “una partnership” tra pubblico e privato che sostenga “i progetti governativi” e convinca gli investitori privati “a supportare le idee innovative”. “Non possiamo aspettare che il sistema cambi”. Non c'è tempo. E adesso ci sono 388 miliardi di motivi per farsi convincere.