La pillola magica per la memoria ancora non esiste, ma gli scienziati hanno studiato alcune tecniche che aiutano il nostro cervello. E alcuni cibi sono più promettenti di altri, come caffè e mirtilli

La scala è il 3, la porta il 7, il corrimano il 2, il sottoscala il 4. E così via, fino alla soffitta. È il “palazzo della memoria”, una tecnica che, si dice, già lo stesso Cicerone usava per tenere a mente il filo dei suoi famosi discorsi, puntando tutto sul viaggio. Basta abbinare un numero (o un concetto, un volto, una parola) a un luogo o un oggetto di un posto che si conosce bene, come casa propria, e poi immaginare di percorrere queste stanze richiamando alla mente quel che si vuole ricordare (vi siete mai chiesti da dove viene l’espressione “in primo luogo?”).

Quella di Cicerone è tra le tecniche più conosciute dai campioni della memoria, hard disk umani che riescono a memorizzare - non senza allenamento - 2.360 numeri nel giro di appena un’ora o 211 parole in quindici minuti. Come lo svedese Jonas Von Essen, campione in carica del World Memory Championships, quest’anno in programma in Cina, a dicembre.

Ma se volessimo diventare noi dei campioni di memoria nella vita di tutti i giorni che ricetta dovremmo usare? Perché, parafrasando il primo assioma di Leo Beiser sui computer, non basta mettere qualcosa in memoria, bisogna anche ricordarsi dove lo si mette.

SIATE ATTENTI E CURIOSI

In primo luogo abbandoniamo la distrazione: il segreto è nell’attenzione e nei dettagli, spiega Alberto Oliverio, professore di psicobiologia all’Università di Roma la Sapienza: «Possiamo far già molto cercando di analizzare la realtà in modo sistematico: di fronte a un luogo, un’immagine, o anche un testo, possiamo eseguire una scansione di ciò che abbiamo di fronte, esplorarla attivamente, chiedendoci per esempio cosa ci richiama alla mente, cosa c’è in primo o in secondo piano. Farsi delle domande è il modo migliore per prestare attenzione alle cose e già dopo poco tempo, scomporre in questo modo la realtà potenzia la memoria, non solo quella visiva».

Certo, una volta appreso qualcosa non possiamo abbandonarlo: richiamare alla mente quanto si è appreso aiuta a custodirlo meglio e questo perché il ricordo in fondo non è che una modifica dei miliardi e miliardi di connessioni neuronali (sinapsi) del nostro cervello. La ripetizione, tanto odiata a scuola - soprattutto se fatta ad alta voce e in un contesto di comunicazione - ci aiuta a fissare la traccia mnemonica, consolida i ricordi perché le connessioni neuronali corrispondenti si riattivano e si rafforzano. Rimangono nel cervello. Anche grazie alla curiosità: avere interesse per un argomento aiuterà a tenerlo più facilmente a mente.

Anzi se siamo curiosi il nostro cervello diventa una spugna, non solo per quel che ci interessa ma anche per le immagini e le nozioni cui siamo esposti nello stesso momento. La curiosità, spiegano infatti alcuni scienziati della University of California di Davis, accende non solo le aree del cervello legate alle sensazioni di ricompensa ma anche quelle dell’ippocampo, lì dove si formano le nuove memorie.

RIPOSO E MOVIMENTO

La memoria ha bisogno tanto di movimento quanto di riposo. «Nel sonno le memorie si consolidano e le esperienze recenti non sono disturbate da altre memorie», continua Oliverio: «Ogni esperienza che si succede disturba la precedente. Tanto più le esperienze sono diverse e separate nel tempo tanto meno interferiscono le une con le altre».

Ecco perché ai ragazzi che studiano il miglior consiglio che si può dare è quello di ripassare le lezioni la sera prima di andare a dormire piuttosto che la mattina. O anche prima di un riposino di appena un’ora, come suggerisce uno studio da poco pubblicato su “Neurobiology of Learning and Memory”, che riesce a migliorare le performance mnemoniche fino a cinque volte. Merito, sostengono i ricercatori, di alcune onde cerebrali (tecnicamente note come “fusi del sonno”) che si occupano di stabilizzare l’informazione appena acquisita, consolidandola. Maggiori sono queste onde cerebrali più forte sarà la traccia mnemonica memorizzata.

Ma il cervello ha bisogno anche di movimento per mantenersi allenato ad imparare e ricordare. Così, per esempio, fare educazione fisica durante le prime ore di scuola aiuterebbe non solo a ridurre ansia e stress, che compromettono le performance cognitive, ma migliorerebbe anche le prestazioni degli studenti, perché il movimento aumenta il battito cardiaco, e così anche la quantità di ossigeno che arriva al cervello, facilitando l’apprendimento, spiega Oliverio.

Alcuni studi inoltre suggeriscono che il movimento aumenti le dimensioni dell’ippocampo e favorisca la neurogenesi, la nascita di nuovi neuroni, tanto che l’esercizio fisico entra anche - nel limite del possibile - nelle prescrizioni contro il declino cognitivo associato all’età, o in patologie come l’Alzheimer.

NIENTE PILLOLE MAGICHE, MA...

«Malgrado siano diversi i tentativi di intervenire sui processi di consolidamento della memoria o sulla produzione e stabilizzazione delle sinapsi con diverse sostanze - cibi compresi - la pillola magica per la memoria ancora non esiste», mette in chiaro Oliverio. Ciò non toglie che da anni gli scienziati ne vadano a caccia e alcuni cibi sembrano più promettenti di altri (sebbene la parola definitiva non sia ancora stata emessa). Come il caffè, efficace a quanto pare non solo come stimolante capace di aumentare attenzione e concentrazione.

Uno studio su “Nature Neuroscience”, infatti, ha dimostrato che una pillola contenente caffeina, presa dopo aver imparato qualcosa, aiuta a consolidarne il ricordo. Ma lo stesso non avviene se la caffeina è ingerita prima della sessione di apprendimento.

Accanto al caffè da tempo i neuroscienziati guardano con interesse anche ai mirtilli: il frutto, o il succo, sembrano infatti contrastare il declino cognitivo associato all’età, aiutare l’apprendimento spaziale e la memoria. Merito, suppongono i ricercatori, dei flavonoidi contenuti all’interno, dal potere antiossidante e anti-infiammatorio, che potrebbero aiutare il flusso sanguigno nel cervello.

A confermarlo anche una ricerca appena presentata dalla University of Reading, che ha mostrato l’efficacia del succo di mirtilli selvatici nell’aumentare la concentrazione e le performance mnemoniche nei bambini delle elementari.