Il lavoro di un team internazionale di giornalisti rivela il valore di immobili e proprietà strappati alla criminalità organizzata nel continente. Ma il problema sono le legislazioni diverse da paese a paese. Che possono portare a incredibili mancanze, come la residenza di lusso sequestrata ma che veniva affittata online

La villa in Costa Azzurra era stata confiscata nel 2006, ma nel 2014 la affittava lui stesso su AirBnb. La storia dell'immobile di un pregiudicato di Busto Arsizio è solo la punta sull’iceberg del fenomeno dei beni confiscati in Europa.

Nel 2014 i patrimoni sottratti alla criminalità ammontavano a oltre due miliardi di euro in Italia, Francia, Spagna, Germania, Inghilterra e Galles. Questa stima supera i quattro miliardi l’anno includendo tutti i Paesi europei.

Ognuno di essi ha le proprie leggi sulle confische, ciascuno parla la propria lingua, mentre non hanno alcun problema di comunicazioni le mafie d’Europa, che gestiscono affari sporchi e investimenti per un valore annuo di 110 miliardi di euro, secondo le stime di Transcrime.

Traffico di droga e armi, prostituzione, frodi fiscali, estorsioni e riciclaggio sono i principali business attraverso cui l’economia illecita condiziona la vita dei cittadini europei e soffoca lo svolgimento delle attività legali. Solo una minima percentuale di questo volume d’affari viene effettivamente sottratta alla criminalità, attraverso la confisca dei proventi di reato.

I patrimoni confiscati in tutta Europa valgono 4 miliardi di euro l’anno
I dati attualmente disponibili in ambito europeo non consentono di delineare un quadro sui beni confiscati. Eccetto alcune realtà nazionali, è deficitaria una produzione statistica di quanto gli Stati riescano ad incidere nel recuperare patrimoni illeciti e denaro.

Risulta difficile attribuire un valore alla ricchezza criminale finita definitivamente nelle mani degli Stati. La nostra inchiesta si è concentrata sui cinque principali Paesi in ambito europeo, ognuno con la sua peculiarità in tema di confische e sequestri.

Italia, Francia, Spagna, Germania e Inghilterra-Galles hanno confiscato complessivamente oltre due miliardi di euro nell’ultimo anno di rilevazione. Il dato è frutto di elaborazioni o di statistiche prodotte dagli Aro, Assets recovery Office o dai Ministeri degli Interni e della Giustizia. In tutta Europa, il valore totale delle confische sfiora i quattro miliardi di euro.



In Italia nel 2014 sono stati confiscati beni per un valore di 678 milioni di euro. E’ una cifra che comprende 3.801 tra immobili, auto, terreni, a cui vanno aggiunti circa 98 milioni di euro in denaro contante confiscati e confluiti nel Fondo Unico di Giustizia. Si tratta di un fondo istituito presso Equitalia, in cui si raccoglie sia il denaro confiscato definitivamente, sia quello sequestrato – che poi passa allo Stato o viene restituito, a seconda del procedimento giudiziario.

Lo Stato se ne serve in parte per il risanare il proprio bilancio, in parte per il funzionamento della giustizia e in parte per il fondo destinato alle vittime della criminalità, istituto presso il Ministero degli Interni. Il valore medio delle confische negli ultimi quattro anni è di un miliardo e 600 milioni di euro l’anno. I dati dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, elaborati dal Ministero degli Interni, dicono che tra luglio 2014 e giugno 2015 circa il 90 per cento del valore complessivo di immobili e aziende è concentrato in 6 regioni, in testa Sicilia, Campania e Calabria.

Ville, yacht e auto di lusso: quanto poco recuperano gli Stati
I clan della camorra preferiscono gli investimenti in Spagna, soprattutto in Andalusia. La ‘ndrangheta in Germania o in Francia, tra le ville di lusso della Costa Azzurra. Ma non è solo l’Italian Style ad essere esportato. Anzi. Gruppi criminali britannici, cinesi, russo-georgiani o la “gang dei motociclisti” hanno cercato di utilizzare investimenti all’estero come ‘lavatrice’ per il denaro sporco.

Le zone in cui si verificano i maggiori investimenti criminali – secondo uno studio presentato da Transcrime, gruppo di ricerca dell’Università Cattolica di Milano – corrispondono a quelle in cui è più alto il numero di beni confiscati: l’Île-de France (Parigi) e la Costa Azzurra, in Francia; l’Andalusia, Madrid e la regione Sud Est in Spagna; l’area di Londra e il Sud-Ovest della Scozia nel Regno Unito; infine le zone di Berlino e Düsseldorf-Köln in Germania.

E’ diversa la tipologia di beni che vengono confiscati: il 60 per cento in tutta Europa è rappresentato dai soldi, denaro in contanti che finisce direttamente nelle casse degli Stati o viene reimpiegato per scopi sociali. Più difficile ricavare denaro da un immobile, meno ancora da un’azienda che, come avviene in Italia, è destinata quasi certamente al fallimento. L’Italia è il Paese europeo in cui si confiscano più immobili: oltre la metà del totale dei beni.

Le case sono appena l’1 per cento dei beni confiscati in Spagna: la legge punisce soprattutto i narcotrafficanti e prima di sequestrare un appartamento i giudici devono dimostrare che sia stato uno strumento per commettere il reato. Tra il 2011 e il 2013 solo due aziende sono state confiscate in Francia, mentre gli immobili sono stati più del 50 per cento di tutti i beni sequestrati o confiscati.

“Il livello di transnazionalità degli investimenti criminali richiede un aumento della cooperazione internazionale”, afferma Michele Riccardi di Transcrime. “Bisogna armonizzare le indagini e il sistema di misure patrimoniali nei diversi Paesi per rispondere in maniera adeguata a questa tendenza. E’ ovvio che le autorità italiane o la normativa italiana prevedano un arsenale di strumenti molto più ampio e molto più efficace di quanto previsto ad esempio dalla normativa spagnola, che comunque è una delle più avanzate, o da quella francese. Investimenti in questi Paesi possono rischiare di risultare meno identificabili rispetto a quanto accade in Italia.

“Ora – aggiunge Riccardi – pur essendo modalità simili e a pochi chilometri di distanza, queste due aree sono soggette a due quadri regolamentari completamente differenti. Nonostante nuovi protocolli di cooperazione internazionale e di mutua assistenza giudiziaria, è indubbio che le asimmetrie regolative facilitino l’infiltrazione oltre i confini”.

Un esempio su tutti: conosciamo ormai ampiamente il livello di infiltrazione della ‘ndrangheta in alcune aree della Liguria, soprattutto al confine con la Francia e di recente sono stati anche registrati episodi di infiltrazione nei territori francesi in Costa Azzurra, con modalità assimilabili a quelle utilizzate comunemente in Italia: appalti, costruzioni, movimento terra. Ora, pur essendo modalità simili e a pochi chilometri di distanza, queste due aree sono soggette a due quadri regolamentari completamente differenti”.

Villa confiscata in affitto su AirBnb: così l’usuraio beffava l’Italia
La Francia è il terzo Paese europeo per valore dei beni sequestrati e confiscati dopo l’Italia e la Germania: tra il 2011 e il 2013 sono stati sottratti ai criminali beni per 382 milioni di euro l’anno. Un totale di 18653 beni è stato gestito ogni anno dall’Agrasc, l’Agenzia per i beni confiscati, fondata nel 2011.

Dopo gli algerini, gli italiani sono gli stranieri più colpiti dalle misure patrimoniali in Francia. Costa Azzurra, Corsica o il centro di Parigi sono le zone preferite per gli investimenti.

Nei coni d’ombra della legge, c’è chi è riuscito ad approfittare dei ritardi e della burocrazia di due Stati, continuando ad abitare in una villa confiscata e affittandola per le vacanze. E’ Giampietro Paleari, 59 anni, di Busto Arsizio, con un passato da usuraio con accusa di fare affari con la ‘ndrangheta. Accuse per le quali fu arrestato su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ma poi assolto. I beni che lo Stato italiano gli aveva confiscato a Milano sono stati recentemente destinati ad attività sociali, mentre quelli in Francia sono rimasti per molto tempo nella sua disponibilità a causa di ricorsi - la Corte europea per i diritti dell’uomo gli aveva riconosciuto un risarcimento di tremila euro a fronte di una richiesta di 11 milioni - e di una non automatica attuazione delle decisioni giudiziarie italiane.

Nonostante un decreto di confisca del 2006, emesso dal Tribunale di Milano alla luce di sospetti affari con la cosca dei Pesce-Piromalli, e confermato in Corte di Cassazione il 29 maggio 2008, Paleari ha gestito la sua villa di Beausoleil, in Costa Azzurra, fino alla fine del 2014. La difesa di “Paletta” - così era soprannominato - aveva sostenuto che il patrimonio accumulato fosse il frutto di attività lecite e non di usura o connivenze con la ‘ndrangheta.

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Paleari aveva un profilo su AirBnb e altri siti di offerte turistiche, dove diffondeva le foto della villa con panorama mozzafiato e indicava i prezzi e le caratteristiche delle stanze. Fino a 90 euro a notte a persona per alloggiare nella lussuosa dimora e poter fare un tuffo in piscina.

L’Agenzia francese e la polizia ci hanno messo quasi un anno per sfrattarlo e mettere all’asta l’abitazione, venduta a 780mila euro a un misterioso acquirente italiano. Ora l’Italia, in virtù della Decisione quadro del 2006 per il mutuo riconoscimento delle confische, potrà chiedere la restituzione della metà del valore dell’immobile.

Germania: gli affari indisturbati della ndrangheta con le pizzerie
Germania è il Paese europeo che confisca di più dopo l’Italia in termini economici: 421 milioni di euro nel 2013, con un primato per la Sassonia (165 milioni).

Dopo la strage di Duisburg, l’attività delle Procure italiane e tedesche è cresciuta, al fine di individuare aspetti del riciclaggio del denaro sporco in terra tedesca. I ritardi dell’Italia nell’adozione della decisione quadro del 2006 per il mutuo riconoscimento delle confische all’estero ha frenato le attività di aggressione dei patrimoni. Solo dopo nove anni l’Italia ha adeguato la sua normativa, con un decreto legislativo approvato ad agosto 2015 dal governo Renzi. La deputata del Partito Democratico, Laura Garavini, componente della commissione Antimafia e fondatrice dell’associazione Mafia? Nein, danke!, aveva denunciato i ritardi che rendevano vane le richieste di confisca - soprattutto di ristoranti e pizzerie - inoltrate dai tribunali italiani a quelli tedeschi. “Per anni l’Italia ha creduto di avere la legislazione più efficace nel contrasto ai patrimoni illeciti - spiega Garavini -, ma ha impiegato oltre otto anni per recepire la decisione quadro, che avrebbe consentito di ottenere la metà dell’importo di un’eventuale vendita dell’immobile confiscati. Il nostro, invece, è stato l’ultimo dei grandi Paesi. La Germania ha adeguato la normativa già nel 2009, rispondendo in maniera forte alla strage di Duisburg”.

Il Regno Unito, che nell’ultimo triennio ha visto diventare più efficace la propria azione giudiziaria, nell’ultimo anno ha messo sotto chiave 13255 beni, per un valore di 188 milioni di euro. Questi sono gli unici dati in circolazione relativi al territorio della Regina. Il team di Confiscated goods ne è entrato in possesso in seguito a una richiesta in base al Freedom of Information Act.

Il valore dei beni confiscati in Spagna sembrerebbe sottostimato: 2391 beni confiscati nel 2013, poco più di duemila nel 2014. Secondo una stima effettuata da Transcrime e Università Rey Juan Carlos di Madrid, il valore dei beni confiscati nel 2013 è stato di circa 46 milioni di euro: quasi 24 milioni di case, auto e imbarcazioni, altri 22 milioni di denaro contante. Gli unici dati disponibili sono forniti dal Plan Nacional sobre drogas (PNSD), che però si limita alle confische relative al traffico di droga e al riciclaggio di denaro sporco, comunque legato al narcotraffico.

Le leggi nazionali e le direttive UE: i clan alla ricerca dei sistemi più vulnerabili
In tutti i paesi europei c'è una legge sulla confisca di procedere di reato o beni criminali. Nella maggior parte degli EU28 c'è una legge sulla gestione dei beni confiscati. Ma solo in dieci paesi, tra cui l'Italia e il Regno Unito, si può anche confiscare i beni, senza una condanna penale. E solo in 12 Paesi è previsto un riuso sociale diretto dei beni sottratti ai criminali.

L’Unione Europea ha avviato da anni un’azione di contrasto a tali attività. Il carattere transnazionale degli investimenti e la presenza di una criminalità ‘liquida’, in grado di adattarsi ai contesti e superare gli ostacoli legislativi, hanno reso necessario un intervento delle istituzioni europee.

Colpire i criminali dove fa più male, confiscando loro soldi, ville, lussuose auto o barche è diventata una “strategia di sicurezza interna dell'Unione europea”. Dopo cinque strumenti giuridici miranti a migliorare la confisca e recupero dei beni (decisioni quadro 2001/500 / GAI, 2003/577 / GAI, 2005/212 / GAI del Consiglio, 2006/783 / GAI del Consiglio e 2007/845 / GAI), a febbraio del 2014 il Parlamento ha approvato con 631 voti favorevoli, 19 contrari e 25 astensioni una direttiva (poi approvata il 3 aprile 2014 dal Consiglio) che introduce nuove misure per la confisca e il congelamento dei proventi di reato.

Tra le norme introdotte – che dovranno essere recepite dagli Stati membri entro il 4 ottobre 2016, pena sanzioni - c’è la possibilità di confisca di patrimoni anche nei confronti di soggetti contumaci, che siano latitanti e sfuggano ai processi. E ancora: la direttiva prevede l’uso dei beni confiscati per interesse pubblico e per il riutilizzo sociale, come già avviene in Italia in virtù della legge 109 del 1996. Altra novità decisa in ambito europeo è la possibilità di una confisca estesa, non solo al tipo di reato per il quale il reo è stato condannato. Sarà introdotta nei casi di corruzione attiva e passiva nel settore privato o con il coinvolgimento di funzionari dell’Ue o degli Stati Membri, nei casi di partecipazione a organizzazioni criminali, pornografia infantile e reati informatici.

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La direttiva ha stabilito che ogni paese membro dovrà comunicare alla Commissione europea le statistiche relative ai patrimoni confiscati. Questo con l’obiettivo di creare un database europeo e consentire alle istituzioni comunitarie di elaborare una strategia unica di contrasto ai fenomeni mafiosi. La conoscenza dei dati sugli investimenti della criminalità e sulle confische è fondamentale. In assenza di numeri certi, non si può valutare quanto siano efficaci le politiche di aggressioni dei patrimoni e di riutilizzo ai fini sociali degli stessi. Nei Paesi in cui è prevista la vendita di beni confiscati, come in Francia e in Spagna, report periodici sulle aste e gli importi vengono già stilati.

Nell’autunno del 2015 un gruppo di giornalisti ha lanciato l’inchiesta “Confiscated Goods”, proiezione europea di “Confiscati bene”, progetto di giornalismo investigativo e monitoraggio civico per la trasparenza sui beni confiscati in Italia in parte finanziato da JournalismFund.Eu. Lo scopo è incentivare la creazione di un database europeo sui beni confiscati, che consenta di rispondere in maniera chiara e puntuale alle domande “quanti sono, quali sono e dove sono i patrimoni sottratti ai criminali in Europa?”.