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Il pentito di Tangentopoli in affari con Banca Etruria

L'ex manager pubblico Alberto Mario Zamorani, più volte arrestato ai tempi di Mani Pulite, aveva amici e soci nel consiglio dell'istituto di Arezzo, che sponsorizzava le sue aziende. Una storia di bancarotte e mazzette, dal caso dei giornali epolis alla vecchia Italstat

Le cronache degli anni di Tangentopoli  lo ricordano come il grande pentito, il manager di Stato più volte finito in manette, che svelò ai magistrati trame e segreti della corruzione. Per questo, a vent'anni e più di distanza, fa un certo effetto ritrovare il nome di Alberto Mario Zamorani nell'affollato banchetto di amici che, secondo gli investigatori, si è messo in affari con Banca Etruria, la banca del crac.
Affari non proprio al di sopra di ogni sospetto, se è vero che la più recente relazione degli ispettori di Bankitalia, quella chiusa a febbraio 2015, solleva una “riserva di opportunità” su alcuni incarichi “non in linea con la realtà aziendale”. E tra questi compare anche il pagamento 235mila euro alla Mosaico srl, per il “supporto alle attività commerciali e culturali coordinate dalla direzione centrale”.

La Mosaico è una società che si occupa di servizi artistici, mostre e guide all'interno dei musei. Gli azionisti sono Giulia e Giorgio Zamorani, figli di Alberto Zamorani, l'ex vicedirettore generale dell'Italstat arrestato l'8 giugno del '92 per le indagini sul sistema di tangenti nelle autostrade. Zamorani padre è stato l'amministratore unico di Mosaico fino al 2008, e resta tuttora al vertice di Munus, una controllata da Mosaico con la stessa missione sociale.

Che cosa c'entra l'ex manager pubblico con Arezzo e con la banca dell'oro, finita in rovina dopo anni di catastrofica gestione? A ben guardare si scopre che Zamorani poteva contare su ottimi agganci da quelle parti. A cominciare da quell'Alberto Rigotti, finanziere e affarista di lungo corso, che fino al 2009, sedeva nel consiglio di amministrazione di banca Etruria.

Rigotti e Zamorani si conoscono bene. Il pentito di Tangentopoli ha lavorato nelle società di Rigotti tra il 2000 e il 2008, con incarichi di consigliere d'amministrazione e anche di presidente delle finanziarie Abm Merchant e Abm Trading. Il gruppo Abm è stato largamente finanziato da Banca Etruria, una ventina di milioni di euro, mai restituiti, che hanno contribuito al dissesto dell'istituto.

Lo stesso Rigotti, vecchio amico di Marcello Dell'Utri, è finito nei guai: nel giugno del 2014 è stato arrestato per la bancarotta della catena di giornali locali “e-polis” e attualmente si trova sotto processo. Nel 2009, come detto, il finanziere esce dal consiglio di Banca Etruria. Al posto di Rigotti entra un'altra vecchia conoscenza come Felice Emilio Santonastaso. Proprio lui, l'amministratore delegato e poi presidente  del gruppo pubblico Italstat tra il 1985 e il 1991, negli anni in cui Zamorani era vicedirettore generale. Anche Santonastaso conosceva bene Rigotti e aveva seguito da vicino l'operazione “e-polis”.

Negli anni in cui gli amici ed ex colleghi Santonastaso e Rigotti siedono in consiglio, l'attivissimo Zamorani viene sponsorizzato alla grande da Banca Etruria. “l'Espresso” si era occupato delle sue attività a gennaio, in un'inchiesta sui consorzi privati che gestiscono biglietterie e bookshop all'interno dei musei di Stato, abituati a trattenere guadagni e lasciare briciole alle soprintendenze. Munus e Mosaico, che da tempo presidiano l'ingresso delle pinacoteche di Arezzo, Piero della Francesca in testa, spiccano negli elenchi del ministero per le condizioni favorevoli strappate: allo Stato restituiscono infatti solo il 5 per cento della vendita di libri e il 70 per cento di quella dai biglietti (dal Cenacolo, per avere un'idea, rientrano alla collettività il 40 per cento dei primi, e il 90 dei secondi).
Quando uscì l'inchiesta in edicola, Zamorani inviò a “l'Espresso” una lettera nella quale, dopo aver snocciolato risultati - l'aumento di visitatori, le mostre -, scriveva: «Ci ha dato una mano, nelle nuove iniziative, il Comune di Arezzo, con il Sindaco Giuseppe Fanfani, ora nominato al Consiglio Superiore della Magistratura e soprattutto Banca Etruria, una delle banche italiane più legate al suo territorio, che ci auguriamo, nonostante il momento di crisi, continui a supportare la crescita dei siti museali aretini».

“Soprattutto Banca Etruria”. Infatti. L'istituto di credito toscano sostiene le attività culturali di Alberto Zamorani con costanza, e da lunga data. Nel 2010 ad esempio fu “main sponsor” di una mostra su Caravaggio organizzata da Munus a Palazzo Venezia, a Roma. L'ideatrice della kermesse era Rossella Vodret, all'epoca soprintendente della Capitale, oggi presidente della Fondazione Banca Federico del Vecchio (del gruppo Etruria). In quanto tale, adesso, la Vodret siede insieme all'amico Zamorani, a un altro consigliere di Munus, e a Marco Staderini, il presidente di Sogesid (società del ministero dell'Ambiente), nel comitato scientifico di un master in beni culturali della Link University. «Ho insegnato ai manager che ho allevato quello che a me avevano insegnato», scriveva Zamorani a “l'Espresso”, relegando nel passato i giorni di carcere per Tangentopoli: «e cioè a non rubare, nemmeno allo Stato». 



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