Politica
febbraio, 2015

Seduta fiume, la Camera diventa un ring

Calci e pugni, una vera rissa tra un deputato Pd e uno di Sel. L’insulto più gettonato, usato da tutti e non solo dai 5 stelle, è «fascista». Renzi alle due di notte arriva in aula, per spingere le riforme. Questa mattina deve ricucire con la minoranza che minaccia: «Se non ci ascolta, ognuno vota come crede»

La sintesi migliore della nottata la fa Maurizio Bianconi. È l’una di notte, il deputato di Forza Italia prende la parola e dice: «Siamo qui a parlare di Terracini e Calamandrei che però si rivolteranno nella tomba, poveretti, e staranno anche male lì dove sono, perché questa nostra è poco più o poco meno di una rissosa assemblea di condominio». Altro che costituenti.
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Però è così che la Camera dei deputati sta portando avanti il dibattito sulla riforma costituzionale, blindata dalla maggioranza di governo, osteggiata dall’opposizione del Movimento 5 stelle e da Sel e Lega Nord.
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Si votano gli emendamenti e i subemendamenti. Siamo in pieno ostruzionismo, con il governo che ha imposto alla maggioranza di tenere il punto con una seduta fiume cominciata mercoledì. Si procede lentissimi, con continui richiami all’ordine, ammonizioni, espulsioni. Verso mezzanotte finiscono fuori dall’aula Alessandro Di Battista altri due 5 stelle, Carla Ruocco e Alfonso Bonafede. Per molti minuti i deputati del Movimento hanno intonato «onestà - onestà», dando il ritmo sbattendo gli scrittoi a ribaltina. «O-ne-stà».
 
Con questo sottofondo prende la parola Rocco Palese, che vorrebbe parlare del merito. Il deputato di Forza Italia però si lamenta, «Così non si riesce a parlare». Il presidente di turno, il democratico Roberto Giachetti lo rassicura: «Onorevole, se lei pensa che di fronte a una violenza antidemocratica del genere io sospenda la seduta lei non mi conosce. Finché sarò in grado di gestirli, i lavori vanno avanti». Cerca come può di tenere l’aula Giachetti, non vuole cedere ai 5 stelle, che invece chiedono la sospensione, e sperano in un rinvio in mattinata, che arriverà solo dopo ore. Poi però la stanchezza, testimoniata dalla voce sporca, gli fa scappare una frase di troppo, che aggrava la situazione: «Finché siamo qua dentro ogni deputato potrà esprimere la propria opinione. Solo nei tempi fascisti non si poteva esprimere le proprie idee». Per i 5 stelle è un liberi tutti. Sono stati loro i primi a scomodare il nazismo, addirittura («Questo Pd versione Matteo Renzi è la rappresentazione del nazismo formato XXI secolo» ha scritto Manlio Di Stefano con tanto di fotomontaggio del duce con una coccarda Pd al petto), ma non fa nulla: «Presidente» dirà Roberto Fico, «non ci sentiamo in questo momento tutelati da lei, che ci definisce fascisti, e la preghiamo di sospendere finché non arriverà un altro presidente per presiedere l’aula». Ricordano di continuo, i 5 stelle, che loro avevano proposto una mediazione, non accolta: si erano detti disponibili a ritirare i loro emendamenti ostruzionistici, in cambio di una modifica che introducesse il referendum propositivo senza quorum, cavallo di battaglia del Movimento. Poi magari, certo, vorrebbero anche il parere di costituzionalità preventivo su tutte le leggi. Ma niente, il referendum resterà come l’hanno immaginato Renzi e Berlusconi: se le firme raccolte sono 500 mila, il quorum è la maggioranza assoluta degli aventi diritto, e se le firme sono invece 850 mila basta la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni politiche.
 
Giachetti comunque resta al suo posto, almeno un po’. E i 5 stelle continuano con il loro coro: «O-ne-stà! O-ne-stà!». Non smettono anche quando prende la parola il capogruppo di Sel Arturo Scotto, che infatti si lamenta: «Faccio i complimenti ai colleghi dei 5 stelle che impediscono di parlare anche alle opposizioni» dice, aggiungendo però una stoccata al partito democratico. «E devo però anche fare i complimenti al Partito democratico per il capolavoro che avete combinato». Solo che i banchi del Pd sono proprio vicini a quelli di Sel, visto che i due partiti un tempo, ricorderete, erano alleati, e qualcuno non gradisce la tirata d’orecchi. Scoppia la rissa. Pugni, insulti. Seduta finalmente sospesa anche se solo per pochi minuti. I deputati 5 stelle gongolano, e filmano tutto. L’onorevole Angelo Tofalo posta subito su facebook quanto riprende con il cellulare. Non sono solo i 5 stelle a garantire lo spettacolo. Non si vede molto, ma Tofalo corre a documentare la rissa tra un deputato di Sel e uno del Pd, anzi e «i fascisti del Pd» come li chiama il 5 stelle, sovraeccitato.
 
Parole dure, sì, ma alla Camera va di moda così, come abbiamo già visto. Si evoca il fascismo come se fosse niente. Lo ha fatto Giachetti, lo fanno i 5 stelle. Lo fa anche la deputata di Sel Celeste Costantino che poi non a torto però aggiunge: «Se l'avesse fatto Berlusconi...».Siamo ancora all’una e mezza di notte. La seduta viene sospesa per qualche minuto. Per riportare la calma deve tornare a dirigere i lavori Laura Boldrini, che difende la scelta della maggioranza di andare avanti con i lavori, senza pause: «Mi spiace ma l’aula ha votato così e se i numeri hanno ancora un senso noi così faremo».
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Finché la maggioranza tiene il numero legale si procede. Per serrare i ranghi pochi minuti prima delle due in aula arriva anche il premier, Matteo Renzi. Dovrà lavorare nelle prossime ore, anche in mattinata per tenere unito il gruppo. La minoranza ex Ds, non apprezza la rigidità della maggioranza: «Non capiamo perché se non c’è più il patto del nazareno non si possono accogliere alcune modifiche delle opposizioni» dice Stefano Fassina, «abbiamo chiesto poche modifiche», aggiunge Davide Zoggia, «ma finora c'è stato detto di no. Se non ci sarà un confronto aperto è evidente che ognuno sarà libero di votare come crede e che nell'aula emergeranno le divergenze all'interno del partito». Si discute ancora per ore, fino alle quattro e trenta, sostanzialmente del fatto che s’è fatto tardi. Le opposizioni si lamentano della prova muscolare messa in atto dal governo, senza che ci sia un decreto in scadenza, né un ddl urgente. Poi la sospensione arriva e viene chiamata «tecnica». Vuol dire sonno. Si riprende alle 10.30, con il Pd che dovrà riunirsi, presente Renzi, per fare il punto della situazione.

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