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Cultura
febbraio, 2015

Björk, signora dei ghiacci e della musica

bjork
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La raccontano come un elfo, ma per gli islandesi è una gloria nazionale. Che ha rimesso ?il Paese sulla mappa del mondo

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Minuta, bizzarra, eclettica ed eccezionalmente prolifica, Björk si rivela ?un precoce talento musicale. Ad appena dodici anni pubblica il suo primo disco ?di canzoncine che spopola per radio ?e vende settemila copie nella sola Islanda.

Da adolescente è il punk ad attrarla: mette su una band al femminile chiamata Spit and Snot. Da lì in avanti è tutta una girandola ?di nomi e progetti: Exodus, JAM80, Tappi Tíkarras (con cui incide un Ep e un Lp intitolato “Miranda”), Rokka Rooka Drum, Kukl, The Elgar Sisters.

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Ma è con i Sugarcubes, la band indie-pop formata a metà anni Ottanta con l’allora marito Thòr Eldon, che raggiunge i primi successi internazionali. Su tutti il singolo “Birthday”, che vola in classifica nel Regno Unito. Chiusa dopo tre album l’attività con ?i Sugarcubes, e dopo una parentesi con ?il Tríó Guðmundar Ingólfssonar, si dedica ?alla carriera da solista. “Debut” (1993) ?è l’esordio che ne mette in luce l’enorme talento: l’album allinea una dozzina di brani accattivanti che si muovono tra il pop e un’elettronica a tratti raffinata e sognante (“Venus As A Boy”), talvolta più orientata al dancefloor (“Crying”). Ma è la voce di Björk, capace di cambiare registro con estrema disinvoltura, il tratto distintivo del disco. ?Il successo è immediato, “Debut” vende quasi cinque milioni di copie in tutto il mondo e trasforma l’artista islandese in una star.

Due anni dopo la piccola regina dei ghiacci replica con “Post”, con cui conferma la sua cifra stilistica: un sound che sfugge alle classificazioni per abbracciare suggestioni ?e idee diverse. La tessitura dell’album ?svela un impasto di elettronica e strumenti tradizionali, di atmosfere moderne, quasi techno (“Army of Me”, “Enjoy”), ed episodi impalpabili (l’eterea “Isobel”) fino allo swing da musical di “It’s Oh So Quiet”.

Il capolavoro arriva nel 1997, si intitola “Homogenic” ?e viene registrato in Spagna. È un’opera intimista ed essenziale che contempla la bellezza e la potenza della natura: i ritmi si fanno più lenti, emergono le malie degli archi (nella bellissima “Jóga”, nella sinfonica e struggente “Bachelorette”) ?e la voce di Björk si inarca lungo le delicate trame sonore che avvolgono ogni brano.

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Per ascoltare un vero nuovo disco bisogna attendere il 2001: nel frattempo la musicista si dedica al cinema, è protagonista di “Dancer In The Dark” ?di Lars Von Trier, di cui scrive pure la colonna sonora (“Selmasongs”), e conquista ?la Palma d’Oro a Cannes come migliore attrice protagonista. Il ritorno a tempo pieno alla musica è con “Vespertine”, lavoro ancora più minimale ?e scarnificato dei precedenti. Un disco intimista e oscuro come i lunghi inverni islandesi.

Per lo sperimentale “Medulla” (2004) Björk chiama a raccolta una serie di collaboratori di prestigio come Robert Wyatt, Mike Patton, Tanya Tagaq, oltre all’Icelandic Choir: sono le voci a essere l’elemento centrale di un lavoro evocativo, costruito con arrangiamenti di voci a cappella. Un’altra colonna sonora, quella di “Drawing Restraint 9” dell’allora compagno Matthew Barney, è il preludio a un nuovo album, “Volta”: il primo che la critica non applaude a scena aperta.

Grande attenzione suscita invece “Biophilia”, disco-progetto multimediale del 2011 incentrato sulla relazione tra natura, musica e tecnologia, in cui ogni singola canzone è distribuita come app per smartphone. È l’ennesima intuizione ?di questa geniale creatura dei ghiacci. ?Prima del nuovissimo “Vulnicura”, pubblicato con due mesi d’anticipo per contrastare la versione pirata che girava ?in rete da qualche giorno. Un viaggio sonoro in nove lunghi movimenti, perennemente ?in bilico tra delicate architetture digitali e arrangiamenti orchestrali.

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