Il corpo delle donne è terreno di scontro. Lo è ovunque. Lo è quando sono oggetto di violenza, quando vengono maltrattate, stuprate e poi incolpate di essere le uniche responsabili. Lo è quando si parla di anticoncezionali, anzi soprattutto quando si parla di anticoncezionali. Lì il corpo della donna diventa elemento “biologico”, carne morale o immorale, presa nel suo archetipo e mai davvero valutata nella sua complessità. La donna deve… La donna non può… La donna dev’essere in grado di… iniziano così sempre i commenti. Donna come categoria mediatica, dove i media sono ormai sempre meno in grado di accogliere una reale riflessione sulla donna. La notizia di questi giorni è di quelle importanti: l’anticoncezionale orale, ovvero la pillola dei cinque giorni dopo, potrà essere richiesto in farmacia senza ricetta medica e senza doversi sottoporre a test di gravidanza, l’unico requisito sarà la maggiore età. L’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha preso una decisione a metà strada da quella proposta dall’Ema (European medicines agency) che non prevede prescrizione per nessuno, senza limiti di età, e il parere del Consiglio superiore di sanità che suggerisce invece la prescrizione obbligatoria per tutti.
Il direttore dell’Aifa, Luca Pani, ha detto che il limite della maggiore età esiste per tutelare le più giovani dal momento che in Italia «in ogni momento in ospedali e consultori» esiste la possibilità di prescrivere la pillola.
È vero, esiste questa possibilità, ma viene di fatto rispettata? No. Sono proprio le minorenni a subire le pressioni maggiori quando decidono di interrompere una gravidanza. Spesso le pressioni non arrivano dalle famiglie, che talvolta condividono, quando avvisate, lo stato di smarrimento della minorenne che magari ha altri progetti per la propria vita che avere un figlio a 15 anni. Le famiglie pensano a studio, carriera, alla possibilità che un figlio arrivi in un momento di maggiore consapevolezza. Ma è proprio nelle strutture pubbliche, dove le linee guida sono spesso dettate più che dalla volontà della paziente, dall’orientamento religioso di medici e assistenti sociali, che si decide talvolta di portare avanti gravidanze più per senso di colpa che per consapevolezza.
Contro la possibilità di poter acquistare in farmacia la pillola dei cinque giorni dopo senza prescrizione, a riprova di quanto dico, c’erano soprattutto i medici cattolici, per i quali si tratterebbe di “aborto mascherato” e il parere del ministro Beatrice Lorenzin, contrario alla vendita senza prescrizione per un possibile abuso del farmaco. Ancora una volta “la donna” come categoria, e non un dibattito che preveda consapevolezza, razionalità, capacità di decisione. Togliere la possibilità di decidere, questa era la proposta del ministro Lorenzin sulla “necessità di prescrizione” del farmaco.
Ma parlare di aborto mascherato e abuso del farmaco vuol dire non farsi scrupolo nel voler determinare il corso delle vite altrui. In Italia l’aborto è legale, ma in molte strutture (soprattutto) del Sud Italia mancano medici abortisti. C’è sempre chi mi risponde che anche obiettare è un diritto. Concordo. Ma spetta alle aziende ospedaliere stilare una lista dei medici non obiettori e fare in modo che il territorio sia coperto da un servizio che per legge è un diritto. Al Sud ancora è difficile accedere alle liste d’attesa per la fecondazione eterologa perché il non detto è: se non puoi procreare è per volontà di Dio.
Questi ragionamenti, ancor più, se mascherati da finto paternalismo, sono inaccettabili. Sono, ancora una volta, espressione di una società che non esita a mortificare, con i mezzi che ha a disposizione, la donna. L’invito è a evitare di parlare in nome delle donne e far parlare le donne. L’Italia è un paese vecchio e sterile, e non perché si praticano aborti o avvengono divorzi, inutile dare colpa ai diritti per manometterli. Se si vuol aiutare le famiglie a non implodere e le donne a non abortire si parta da progetti sociali, si parta dal lavoro, si parta dalle strategie fiscali. La pillola dei 5 giorni dopo è uno strumento che va nella direzione della gravidanza come scelta e non come “accadimento” e per fortuna l’ostruzionismo espressione dell’anima più retrograda del nostro paese questa volta non ha vinto. Anche se le minorenni sono lungi dall’essere tutelate: non sarà una ricetta medica a sopperire a un dibattito che in Italia chi sa per quanto tempo ancora mancherà.