Il numero uno dell'azienda di Stato punta tutto sull'aereonautica. Per avvicinare i colossi del settore. Grazie alle spese dei Paesi del Golfo. E al nuovo convertiplano

La Finmeccanica di Mauro Moretti ora punta tutto su aerei ed elicotteri

Mauro Moretti
Si trasforma in un razzo missile, coi circuiti di mille valvole, tra le stelle sprinta e va... Chi era vicino a lui, venerdì 13 marzo, giura che, quando il convertiplano AW 609 gli è sfrecciato sopra la testa, Matteo Renzi si è messo a cantare la sigla di “Goldrake”.

Un tributo dedicato, sulla pista di Vergiate, nel Varesotto, a quella che il gruppo Finmeccanica descrive come «una tra le innovazioni tecnologiche più significative del panorama aeronautico mondiale». Al pari del protagonista del vecchio cartone animato, il gioiello dell’Agusta Westland - incrocio tra aereo ed elicottero - decolla in verticale, senza rincorsa. «È in grado di doppiare le performance di un elicottero tradizionale sia in velocità che autonomia, potendo pure volare sopra le nuvole», giura Clive Scott, l’ingegnere inglese a capo del progetto che coinvolge 240 persone in Italia e Stati Uniti. I due convertiplani parcheggiati nell’hangar varesino, a pochi passi dalla Malpensa, sono ancora dei prototipi. Uno è legato come un salame con delle cinghie, pronto per i test sulla capacità della fusoliera di resistere alla pressione interna dell’aria.

Per mettere in commercio “la macchina”, come la chiamano qui, Finmeccanica deve aspettare le certificazioni delle autorità di volo internazionali, attese per il 2018. Intanto, però, l’azienda di Stato assicura di aver già in tasca una sessantina di ordini, per il 40 per cento arrivati da acquirenti privati. Gente con la grana vera, tipo Michael Bloomberg, l’ex sindaco di New York, che addirittura ne vuole due. O come la popstar Lady Gaga, che sostiene di averlo commissionato. Ma anche società che forniscono servizi alle compagnie energetiche, giacché il convertiplano, per esempio sulle piattaforme petrolifere, è come il cacio sui maccheroni. Solo un po’ più caro: costa almeno venti milioni di euro. «Siamo l’unica compagnia con un apparecchio del genere per uso civile. E anche se la concorrenza si metterà a inseguire, prima di raggiungerci ci vorranno una decina d’anni», gonfia il petto l’ingegner Scott.

QUANTO SPARANO QUESTI INGLESI

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Sul convertiplano punta forte il lanciatissimo capo-azienda Mauro Moretti, che dopo aver fatto il sindacalista alla Cgil Trasporti e il boss delle Ferrovie di Stato, dal maggio 2014 è il pilota della più tecnologica delle aziende pubbliche tricolori: 54 mila dipendenti, di cui 34 mila in Italia. Con i primi passi del percorso verso il cosiddetto “efficientamento”(via 250 consulenti esterni, spesa massima di 25 mila euro per le auto dei dirigenti), il manager di Stato ha raccolto gli applausi dei sindacati.

Che hanno invece mostrato meno entusiasmo per la vendita ai giapponesi di Hitachi di Ansaldo Breda e Ansaldo Sts: una cessione - vista dalla parte di Moretti - con cui Finmeccanica può iniziare ad abbattere il maxi-debito da 4 miliardi. E sbarazzarsi della divisione trasporti, per concentrare così tutte le forze su elicotteri, aerei e sistemi elettronici per la difesa. L’opera di focalizzazione più volte annunciata comporta però scelte delicate. Che fare ad esempio delle diverse joint-ventures create con i partner internazionali per produrre armi? E come ricucire le ferite di Drs, la strapagata azienda statunitense che fornisce sistemi elettronici alle forze armate americane?

Comprata per 5,2 miliardi di dollari nel 2008, Drs è stata già largamente svalutata e gli analisti scommettono sulla vendita: la cessione porterebbe oltre 1,5 miliardi nella casse di Moretti, che con quei quattrini potrebbe rinforzarsi negli aerei, negli elicotteri e nel business spaziale. Nel piano industriale dei prossimi quattro anni, l’amministratore delegato non ha parlato espressamente di vendite, ma ha identificato le attività considerate non più strategiche. Un primo passo che, insieme all’annuncio dei risultati 2014 (ricavi in crescita a 14,6 miliardi e ritorno all’utile dopo tre anni di perdite), ha portato parecchi esperti a suggerire il “buy” (comprare) sul titolo del gruppo italiano, nella speranza che non rallenti l’opera di taglio delle spese inutili iniziata da circa un anno.

La sensazione, ad ogni modo, è che la yankee Drs finirà presto fuori dal perimetro di Finmeccanica. La domanda è perciò cosa ci farà Moretti con quei quattrini. «Ha diverse opzioni: comprare Avio Spazio (possiede già il 15 per cento), incrementare la partecipazione in Thales Alenia Space, persino rilevare l’altro 50 per cento di ATR (joint-venture per gli aerei) oggi in mano ad Airbus. In questo ipotetico shopping, il boccone più grosso sarebbe quest’ultimo, che noi valutiamo tra i 500 e i 600 milioni di euro», ipotizza Gabriele Gambarova, analista di Banca Akros. Di certo il manager nominato da Renzi non ha escluso di vendere tutto il 25 per cento di Mbda, il consorzio europeo dei missili, cessione che porterebbe un miliardo di euro nelle casse di Finmeccanica. Escludendola tuttavia da un business finora redditizio e in cui sarebbe poi impossibile rientrare.

L’argomento missili ricorda che, nonostante la volontà dichiarata di incrementare la produzione civile, il settore delle armi rappresenta ancora la parte più rilevante dei ricavi di Finmeccanica, nona compagnia al mondo per vendite militari. Un mercato che cresce ininterrottamente da 10 anni. E che ora sta cambiando. Lo smottamento geopolitico provocato dall’irruzione dello Stato Islamico e dalla lotta tra musulmani sunniti e sciiti fa crescere soprattutto la domanda dei Paesi del Golfo impegnati contro il Califfato e nemici giurati dell’Iran. Un rapporto della società di ricerca americana Ihs spiega che nel 2015 ogni sette dollari sborsati per comprare armi, uno arriverà dall’Arabia Saudita. Che è già il maggior importatore al mondo, e sempre più lo sarà visto che s’è messo alla testa del futuro esercito della Lega Araba, forte di 40 mila uomini, aerei e navi.

Finora gli Stati Uniti si sono confermati i maggiori beneficiari del boom mediorientale, seguiti a distanza da Regno Unito, Russia e Francia. Solo il 4 per cento dei ricavi Finmeccanica (dati 2013) viene dal Medio Oriente ma nei prossimi anni la quota dovrebbe salire, anche grazie ai droni, gli aerei senza pilota che il gruppo italiano produce insieme alla francese Dassault e altri partner minori (il programma si chiama Neuron).
La crisi economica ha contribuito a far dimagrire la spesa militare in Europa e in particolare in l’Italia, il mercato principale per Finmeccanica, dove gli investimenti sono parecchio più bassi rispetto a Germania, Francia e Regno Unito. «La difesa tricolore resta un cliente importante ma ci sono altri Paesi che crescono. Tra questi c’era l’India: lì però gli scandali giudiziari hanno forse compromesso la credibilità del gruppo», dice Alessandro Riccardo Ungaro dell’Istituto affari internazionali.

Da quando l’ex amministratore delegato Giuseppe Orsi è stato arrestato per presunte mazzette pagate agli indiani per la fornitura di 12 elicotteri militari (per poi essere assolto), il governo di Nuova Delhi ha infatti sbarrato la strada a Finmeccanica, preferendo concorrenti come l’americana Sikorsky. Società che oggi è di fatto in vendita e che, azzarda qualcuno, potrebbe alla fine entrare nelle mire di Moretti se l’ex sindacalista prenderà davvero a modello gruppi come Lockheed Martin, Bae o Raytheon, campioni del settore “aerospazio e difesa”.

Business complicato, molto politico e da gestire su tempi lunghi, quello di elicotteri, aerei, radar, per non parlare di sistemi di puntamento, comunicazioni criptate, razzi. Un mondo duro e in perenne movimento. Per dare continuità l’unico che non deve muoversi, incrociano le dita in Borsa, è Moretti. Analisti e gestori hanno avuto i brividi quando è circolata la voce che finisse a fare il ministro al posto di Maurizio Lupi. Un nuovo scossone che, in una fase delicata, non sarebbe piaciuto a nessuno. E l’ipotesi è tramontata.

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