I carabinieri del Nas hanno notificato a Matteo Tutino, primario di chirurgia plastica dell’Ospedale Villa Sofia di Palermo, un ordine di custodia cautelare ai domiciliari. Considerato vicino al presidente della regione, tra i suoi pazienti tanti big della politica locale. Questo il nostro articolo del giugno 2014 che anticipava i fatti odierni

I suoi pazienti lo adorano: lo considerano un ottimo medico e un mago, capace di sconfiggere i segni del tempo. Per questo nello studio privato c’è una processione di notabili siciliani che vogliono perdere peso o mettere a posto uno zigomo. Alle sue terapie antiage e alle sue portentose linee di dimagrimento si rivolgeva Salvatore Cuffaro, all’epoca presidente della Regione e che oggi perde peso con il vitto di Rebibbia dove sconta la pena per reati di mafia. Ma anche l’attuale governatore Rosario Crocetta gli affida il suo corpo e il suo benessere. E persino l’ex magistrato ed ex candidato premier Antonio Ingroia frequenta il suo studio, come fanno dirigenti dei servizi segreti, militari di alto rango, manager di industria e boiardi della pubblica amministrazione.

Una rete di relazioni che finora ha fatto da corona alla carriera di Matteo Tutino, un curriculum denso di esperienze cliniche e di pubblicazioni internazionali, con un periodo romano come medico del Senato fino alla nomina a primario di chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo. Una sede ideale per portare avanti la sua filosofia: «Il Chirurgo plastico utilizza i tessuti e li modifica per creare armonia. Pertanto è fondamentale che la bellezza corrisponda ad un paritetico rapporto tra funzione ed armonia».  

Ma dal suo insediamento nel reparto clinico di armonia se n’è vista poca. Anzi, è diventato l’epicentro di un terremoto giudiziario, con raffiche di denunce, una dozzina di indagati e altrettanti magistrati della Procura di Palermo impegnati a sezionare decine di interventi chirurgici contestati, atti amministrativi, casi di diffamazioni, episodi di spreco e presunte corruzioni. Un’escalation di accuse che arriva fino all’omicidio colposo, con un fascicolo ancora soltanto contro ignoti per il decesso di un’anziana ricoverata. Sullo sfondo di questa bufera appaiono i volti di politici, pm antimafia e ufficiali dei carabinieri e dell’intelligence. E una guerra intestina per fazioni, con carabinieri del Nas e polizia contrapposti nel valutare fatti e denunce. 

La guerra del bisturi ha radici lontane. Il concorso per affidare il posto di primario della Chirurgia plastica di Villa Sofia parte nel 2010. A causa di una serie di esposti presentati al Nas di Palermo, la commissione decide di non decidere, concludendo i suoi lavori con l’ok a cinque dei candidati in gara. Tra i cinque c’è anche Matteo Tutino. E il suo curriculum genera una prima discussione. Il chirurgo ha fatto esperienza all’estero e spiccano delle specializzazioni ottenute all’Albert Einstein Institute. Quei titoli valgono per la promozione a primario? Secondo il Ministero no, ed ora la sua nomina è al vaglio del Tar e della magistratura. 

Dopo le esperienze all’estero, Tutino è tornato in Sicilia, ha lavorato al Policlinico di Palermo e a quello di Caltanissetta. Così, quando dopo le elezioni regionali del 2012, nella sanità siciliana scatta il turn over, al Villa Sofia arriva il commissario straordinario Giacomo Sampieri. È considerato un fedelissimo di Crocetta. E poco dopo Tutino arriva in comando al reparto di chirurgia plastica. Al primario non manca certamente il coraggio di denunciare. Qualche giorno dopo il suo ingresso in reparto, la serratura della stanza dove lavorava verrà trovata sigillata con l’attack. La chiave è spezzata all’interno della toppa.

Minaccia in stampo mafioso o incidente? Tutino presenta un esposto e parla di appalti milionari bloccati: «Penso e ripenso a cosa possa io aver fatto, per essere stato presa di mira. Ho pensato anche alla storia del chirurgo Sebastiano Bosio, lasciato da solo, isolato, e barbaramente ucciso. Spero non finisca come lui». Ne seguiranno altri sulla gestione delle Sdo, i tabulati che registrano la presenza dei pazienti in ospedale perché è convinto che per aumentare la redditività dell’ospedale, i suoi colleghi abbiano fatto figurare le stesse persone in più reparti nella stessa giornata. Nel settembre 2013, il commissario di Villa Sofia scioglie le riserve e chiude il concorso, sancendo la nomina di Tutino. Che continua la sua battaglia, in un filo diretto con il Nas, chiedendo più volte l’intervento immediato dei militari che faranno irruzione nelle sale operatorie.

L’elenco dei reati denunciati da Tutino va dalle intimidazioni subite, all’accusa di truffa ed abuso d’ufficio.
Ma questo attivismo legalitario ora rischia di diventare un boomerang. Tra i medici bersagliati c’è il chirurgo Francesco Mazzola, che contrattacca e denuncia sia Tutino sia i vertici dell’ospedale palermitano per mobbing. Sul tavolo del sostituto procuratore di Palermo, Luca Battinieri i fascicoli si moltiplicano e pure Tutino finisce nel registro degli indagati.

L’accusano di avere compiuto interventi chirurgici non previsti dalle regole del sistema sanitario. Il medico non ci sta. E parte nuovamente all’attacco. Questa volta si rivolge alla polizia, presentando una serie di esposti alla Digos di Palermo. Nel mirino ci sono anche i Nas di Palermo e i vertici nazionali di quel nucleo. «Sono un fuoriclasse. Questo dà fastidio in Sicilia. Io amo i miei pazienti e loro mi rispettano come medico, è quello che mi interessa». E teorizza che la sua opera di moralizzazione sarebbe stata fermata proprio dai Nas di Palermo su ordine del comando nazionale. Accuse circostanziate finite in un esposto inviato alla Procura di Palermo nell’aprile di quest’anno: contro di lui, inoltre, si sarebbero schierate le falangi della borghesia para mafiosa. 

La guerra si inasprisce tra marzo e aprile di quest’anno con i Nas e la Digos che fanno avanti ed indietro da Villa Sofia. Saranno proprio i carabinieri, ad aprile del 2014, a fare irruzione nel reparto e bloccare lo staff di chirurgia plastica impegnato in un intervento, programmato da Tutino, per liposuzione e ginecomastia a carico di un ragazzo, ordinato dal primario. Nel corso del blitz, i militari sequestreranno l’intera documentazione amministrativa del reparto e le cartelle delle operazioni. C’è anche la scheda sanitaria di un magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, finito sotto i ferri di Villa Sofia per lipostruttura, riduzione del setto nasale e somministrazione di acido ialuronico: di fatto, un rifacimento completo del look. Il magistrato è stato visitato ed operato in soli cinque giorni. Dalle liste d’attesa ufficiali si scopre che il tempo medio per entrare in corsia, per interventi analoghi, varia dai 60 ai 110 giorni. 

Ma Tutino non si occupa soltanto di chirurgia. Proprio nei giorni in cui si rivolge alla Digos, il chirurgo mette a punto un progetto per la fecondazione assistita e la raccolta di tessuti. La procedura passa il vaglio della burocrazia alla velocità della luce, per approdare negli uffici dell’assessorato regionale alla sanità, guidato da Lucia Borsellino. Il progetto della banca dei tessuti prevede il coinvolgimento di un istituto privato. La Regione non ferma l’iniziativa, ma spiega a chiare lettere come scelte di quel tipo vadano fatte con gare ad evidenza pubblica e non per affidamento diretto. 

Chi c’è dietro quell’istituto coinvolto nel progetto? Alla guida del centro di ricerca c’è la compagna del funzionario di polizia a cui si è rivolto Tutino per la seconda serie di denunce contro colleghi e carabinieri. Il primario sostiene di aver agito in buona fede. L’effetto però è far affidare i fascicoli con le sue denunce ad altri funzionari. Mentre la Procura di Palermo si ritrova ancora una volta investita da montagna di carte. «Il futuro lo vedo molto nero», aveva detto Tutino in un’intervista in cui manifestava le preoccupazioni per la sua incolumità: «Temo il peggio». Ma forse non era questo lo scenario che il chirurgo dell’armonia si aspettava.