Basta con gli effetti speciali aggiunti in post-produzione. L’azienda romana Makinarium riesce a far recitare insieme persone e creature di fantasia. Dal film di Garrone a Ben Hur

"Il mio modello è Leonardo Da Vinci, ho la caratteristica di incuriosirmi sui problemi tecnici e cercare nuove soluzioni", ci aveva confidato George Lucas, nell’ormai lontano 1993. Il regista e produttore era in Francia per l’inaugurazione di “Indiana Jones et le Temple du Péril”, attrazione progettata dai tecnici della sua Industrial Light & Magic a Disneyland Paris per far rivivere la sequenza clou di “Indiana Jones e il Tempio Maledetto”.

Il riferimento al genio italiano da parte del creatore della saga “Star Wars” sembrava un ossimoro, ma gli effetti speciali visivi e computerizzati, gli “animatroni” e, in genere, tutto il bagaglio artigianale e artistico che dona spessore e concretezza alle fantasie dei registi di ogni parte del mondo, sono più vicini allo spirito delle “botteghe dell’arte” di quanto si possa pensare.
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Lo hanno capito prima di ogni altro gli artisti consociati in Makinarium, giovanissima factory romana che ha permesso a Matteo Garrone di trasporre nel “Racconto dei racconti” l’universo fiabesco di “Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille” di Giambattista Basile, portandone sullo schermo le creature fantastiche, dal drago alla pulce gigante, in un trionfo di effetti speciali assolutamente atipico nel campo delle produzioni italiane.

La collaborazione tra Garrone e gli artisti di Makinarium era cominciata già ai tempi di “Reality”, quando i loro animatroni avevano dato vita al grillo da cui il protagonista era convinto di essere spiato, oltre a vari effetti speciali visivi, come quello che permetteva la sequenza che chiudeva il film. Quell’incontro ha gettato le basi per una collaborazione artistica a tutto campo da cui è nato “Il racconto dei racconti”, primo vero film fantasy del nostro cinema: «La mia idea era di lavorare “dal vero”, ricreando in modo artigianale gli effetti meccanici e utilizzando il digitale solo per rifiniture e integrazioni», racconta Matteo Garrone. «Volevo che la base degli effetti speciali fosse reale e che avesse una consistenza “materica”, perché la pasta visiva del film doveva essere diversa da quella cui ormai siamo abituati, dopo tanti blockbuster americani».
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«Il drago sott’acqua riprende il concetto di spettacolarità dei film di George Méliès, si può dire che la nostra sia stata una “bottega dell’arte 2.0”», continua il regista. «L’artificio e la costruzione sul set hanno donato verità e credibilità artistica all’immagine, perché in questo modo l’elemento fantastico non ha perso realismo. I nostri riferimenti visivi nel campo degli effetti speciali erano quelli di film come “Il Labirinto del Fauno” e “Il Signore degli Anelli”, piuttosto che “Guerre Stellari”. Insomma un lavoro più vicino ai tecnici della Weta di Peter Jackson, che non alla visione “sintetica” degli effetti della Industrial Light & Magic di Lucas».

Gli artisti di Makinarium erano presenti al festival di Cannes con uno stand che ospitava una mostra con buona parte delle creature e degli effetti speciali realizzati sino a oggi: oltre a quelli di “Il racconto dei racconti”, hanno realizzato anche gli effetti speciali di “Varicella” del ventiquattrenne Fulvio Risuleo, che ha vinto il Sony CineAlta Discovery Prize, il premio “Scoperta” assegnato al miglior cortometraggio in concorso nella “Semaine de la Critique”. Makinarium è stata fondata da Angelo Poggi (Business Development Manager), Leonardo Cruciano (Supervision of Integrated SFX system) e Nicola Sganga (VFX Supervisor) e si avvale della collaborazione di numerosi creativi, artisti e professionisti italiani ed europei.

«La nostra azienda», racconta Poggi, «è nata due anni fa, riunendo i migliori talenti creativi del settore. La caratteristica di Makinarium è l’integrazione fra i vari reparti: il nostro metodo di lavoro prevede che artisti grafici e digitali collaborino gli uni accanto agli altri nello sviluppo di un progetto, intervenendo insieme in ogni fase della lavorazione, mescolando idee, competenze ed esperienze. In fondo la pittura e la scultura le abbiamo “inventate” noi italiani, è stato il nostro paese che ha dato i natali a Michelangelo e Giotto, per non parlare di Leonardo da Vinci, che ha saputo fondere la creatività e l’innovazione tecnologica: è giusto che oggi si abbia l’orgoglio di attingere a queste radici».

È proprio l’unione di diverse competenze a donare una marcia in più a questo agguerrito gruppo di artisti, come sottolinea Cruciano: «Non è soltanto la tecnologia a rendere speciale Makinarium, ma soprattutto il metodo di lavoro, che mette insieme artisti grafici e digitali, tecnici e ingegneri elettronici, scultori e pittori, dandogli modo di scambiarsi idee, competenze ed esperienze. Nella storia degli effetti speciali ogni qualvolta si è tentata una visione integrata degli effetti sono nati capolavori come “Jurassic Park”, “Il Signore degli Anelli”, o “Il Labirinto del Fauno”».

Questo metodo di lavoro ha portato al rapido sviluppo e al brevetto di un primo sistema di effetti speciali integrato che è fiore all’occhiello e elemento di successo di Makinarium. Si tratta del “LCW’S SFX Integrate System” che, combinando assieme effetti fisici e ritocchi digitali, permette di realizzare e filmare creature realistiche direttamente sul set del film, evitando così l’uso “separato” del green screen e della computer grafica.

Questo consente di ridurre notevolmente i costi di produzione e post-produzione, senza perdere nulla in qualità, rendendo più pratico il lavoro del regista e facilitando anche il compito agli attori, come spiega Matteo Garrone: «Gli effetti speciali hanno lo scopo di portare il più possibile il film in un territorio di verosimiglianza, di credibilità fisica ed emotiva. Ricostruendo fisicamente il drago e la pulce gigante si è permesso agli attori sul set di recitare a stretto contatto con le creature fantastiche e di calarsi appieno nel ruolo durante le riprese». Decisamente un lusso per chi recita, rispetto all’abituale obbligo di interazione con le palline da tennis tenute sulla punta di un bastone, che sono di solito utilizzate sul set per dare agli attori il punto di riferimento dove guardare, in attesa che la creatura con cui dovrebbero interagire sia generata in computer grafica e aggiunta successivamente nell’immagine in fase di postproduzione.

Makinarium è una struttura agile: con una base di una decina di cervelli, tra manager e creativi, arriva a un totale di una quarantina di dipendenti più o meno fissi, ma il suo stuolo di collaboratori, nei momenti di massima intensità produttiva, supera il centinaio di persone. Anche per questo a settembre Makinarium si trasferirà in una nuova sede, un capannone di oltre duemila metri quadri all’interno di Cinecittà Studios, con cui è nato un progetto di partnership che prevede un programma di formazione per nuovi quadri, perché il futuro del cinema fantastico è destinato ad essere gestito dalle nuove generazioni.

Intanto l’azienda, i cui soci in passato hanno già collaborato con produzioni estere, come quelle di “Angeli e demoni” di Ron Howard, “Il Rito” di Mikael Håfström, “Everest” di Balthasar Kormakur e il serial “Rome” dell’Hbo, è impegnata ora a Cinecittà su due blockbuster statunitensi. È Makinarium infatti ad aver fornito le bighe per il remake di “Ben Hur” diretto dal kazako Timur Bekmambetov, così come sono ancora loro ad essersi occupati della scannerizazione digitale dei volti dei protagonisti di “Zoolander 2”, operazione necessaria per poterne poi manipolare digitalmente le facce, per far loro assumere espressioni particolari. Ma il riconoscimento dall’estero è solo uno degli aspetti di questa attività perché, puntualizza Cruciano, «in questi casi noi ci limitiamo a mettere a disposizione il nostro lavoro per progetti altrui».

«Il fatto che poi, inevitabilmente, ci si metta del “nostro” (nel caso delle bighe l’uso di resine particolari cui gli americani non avevano pensato) e che le nostre soluzioni siano accolte e apprezzate ci riempie di soddisfazione», conclude Cruciano. «Però quando abbiamo la possibilità di seguire il processo ideativo fin dall’inizio, come è stato con Garrone, le possibilità creative aumentano. Lui si è fidato di noi e gliene siamo grati».