
Gli accordi con il colosso franco-olandese, ha detto, non hanno fatto bene alla compagnia italiana, che aveva lasciato al partner straniero le attività più remunerative. Non solo i voli a lungo raggio, che ora sta ripristinando, ma anche il traffico merci, a cui l’Alitalia aveva rinunciato nel 2008. Una scelta che adesso, rinvigorita dall’alleanza con gli arabi, vuole ribaltare: a Malpensa nascerà una Cargo City per catturare l’enorme flusso di beni che entra ed esce dal Nord Italia.
La scelta di Cassano non sorprende gli addetti ai lavori. Si calcola che metà delle merci che partono dall’Italia via aereo non venga imbarcata negli aeroporti nostrani ma da hub come Parigi, Francoforte e Lussemburgo, con la conseguenza che la spedizione via camion al di là delle Alpi si traduce per le industrie esportatrici in una tassa supplementare. Un bel problema, visto che la manifattura italiana resta la seconda d’Europa, superata solo dai tedeschi.
Il successo del ritorno in scena dell’Alitalia nei cargo non è però scontato. Rispetto al 2008, quando la compagnia aveva abbandonato questo settore di attività, troverà infatti un nuovo e agguerrito concorrente internazionale, la lussemburghese Cargolux, che in questo periodo ha approfittato del vuoto lasciato dall’ex compagnia di bandiera. Insediandosi a Malpensa, è riuscita a crescere anno dopo anno, raggiungendo nel 2013 (ultimo bilancio disponibile) un fatturato di 110 milioni. Non senza polemiche: mentre Cargolux beneficiava di ingenti aiuti statali da parte del Granducato, infatti, il suo arrivo in Lombardia ha contribuito al fallimento di una compagnia solo cargo, indipendente e tutta italiana, che aveva debuttato proprio nel 2009, rilevando parte degli aerei da trasporto abbandonati dall’allora commissario di Alitalia, Augusto Fantozzi.
SENZA UN PILOTA PER QUATTRO ANNI
Per comprendere come si sono svolti i fatti, è bene ripartire dal 2008, l’anno in cui i cosiddetti capitani coraggiosi guidati da Roberto Colaninno entrano nella nuova Alitalia.
Il proprietario della Piaggio non intende occuparsi di trasporto merci e lascia al liquidatore Fantozzi il compito di trovare un compratore per quelle attività. La scelta cade su Alcide Leali, un imprenditore bresciano che, in quel periodo, sta mettendo in piedi una compagnia specializzata.
Leali, famiglia siderurgica, non è un novellino del volo: a inizio anni novanta ha fondato e portato al successo la air Dolomiti, venduta nel 2003 al colosso tedesco Lufthansa. Il suo nuovo progetto è ambizioso. Ha già rilevato dalla famiglia Moratti la piccola Cargoitalia, ordinando cinque nuovi Airbus che gli saranno consegnati a partire dal 2011. Ha un socio forte, la banca Intesa Sanpaolo, che figura anche tra i finanziatori di Colaninno.
Per accelerare i tempi, Leali decide di subentrare nelle rotte abbandonate da Alitalia, rilevando da Fantozzi tre aerei md-11. L’inizio è promettente. Nel 2010 raggiunge un giro d’affari di 72 milioni, concentrato in gran parte verso New York, Chicago, Hong Kong e Shangai; vola due volte la settimana in Angola; fornisce gli aerei per portare gli aiuti ad Haiti, sconvolta dal terremoto; pianifica una nuova tratta su Atlanta. Può contare su una squadra di 98 dipendenti, 48 dei quali piloti.
I problemi, però, non mancano. Nel 2009, l’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) concede a Cargolux una licenza per operare da Malpensa. Non è poca cosa: significa che il gruppo, uno dei giganti del trasporto merci, potrà entrare negli accordi internazionali di ripartizione del traffico come se fosse un operatore italiano. Per la compagnia del Granducato lo sbarco nello scalo lombardo è di eccezionale importanza: l’espansione in Italia con l’apertura di una filiale, ancora oggi l’unica all’estero di un gruppo da 2 miliardi di dollari di ricavi, è una mossa cruciale per uscire dalla crisi che l’attanaglia. Una crisi che Cargolux fronteggia anche grazie ad aiuti di Stato per centinaia di milioni, ottenuti in varie forme. Prima di tutto il governo, guidato dall’attuale presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, fornisce garanzie perché la compagnia possa acquistare aerei più moderni; poi finanzia l’aumento di capitale della società, di cui è azionista in parte direttamente, in parte attraverso altre istituzioni. Infine, nel 2013, ricompra da Qatar Airways il 35 per cento di Cargolux, che gli emiri avevano acquistato 18 mesi prima.
Contro la concorrenza lussemburghese, che ritiene scorretta, Leali decide di dare battaglia. Impugna di fronte al Tar la licenza assegnata dall’Enac alla Cargolux Italia, che almeno inizialmente non sembra avere l’autonomia decisionale e operativa necessaria per funzionare come una vera compagnia indipendente. Nel bilancio 2010 dice di avere solo dieci impiegati e due dirigenti, nemmeno un pilota: è come se l’attività fosse svolta in realtà dal Lussemburgo, sfruttando Malpensa soltanto come base per poter godere dei diritti di volo bilaterali tra l’Italia e le destinazioni finali.
Da alcuni documenti che “l’Espresso” ha potuto visionare, poi, emerge che il responsabile contabile della società, Francesco Rebaudo, gode in maniera apparente dei poteri di spesa di 500 mila euro che sulla carta gli sono stati affidati e che sono necessari per far fronte a ogni emergenza: in realtà, per ogni esborso superiore ai 100 mila euro, deve chiedere l’autorizzazione scritta al presidente della società, Ulrich Ogiermann. Leali, intoltre, ricorre a Bruxelles contro gli aiuti di Stato concessi alla capogruppo, su cui la Commissione europea, sempre vigile su ogni mossa dell’Alitalia, non è mai stata chiamata a esprimersi.
Il tempo, però, non gioca a suo favore. Nel 2011 l’economia torna a inabissarsi, proprio mentre lui deve sostenere il confronto commerciale con il gigante lussemburghese. Da Bruxelles la prima risposta arriva solo nel febbraio 2012. E, seppur interlocutoria, è negativa. Anche il Tar del Lazio, quest’anno, respinge il suo ricorso contro l’Enac, sostenendo che dall’autorizzazione in poi l’Ente ha vigilato adeguatamente su Cargolux Italia. Che oggi, peraltro, è una compagnia diversa da quella che aveva ottenuto la licenza: nel 2013, afferma in bilancio, ha finalmente assunto 28 piloti, dando corso a impegni presi fin dall’inizio.
Un numero che, fanno sapere all’Enac, oggi sarebbe salito a 74. Per la CargoItalia di Leali, poco cambia: le difficoltà hanno fatto litigare i soci e la compagnia è stata liquidata. Per l’Alitalia, però, la concorrenza lussemburghese rischia di essere una brutta gatta da pelare.