Questo referendum s’ha da fare. Ad ogni costo. Dopo lo stanziamento di un anno fa raccontato da “l’Espresso”, quando la giunta a trazione leghista di Roberto Maroni ha messo a bilancio 30 milioni di euro, oggi la maggioranza che governa il Pirellone rilancia con altri 19 milioni di euro.
Quasi cinquanta milioni totali di fondi pubblici messi a bilancio per il sogno dello statuto speciale di regione autonoma che consentirebbe di trattenere in casa il 75 per cento della tasse pagate, lo slogan della campagna elettorale che ha portato Roberto Maroni a vincere le elezioni.
Saltato l’appuntamento nella scorsa primavera ora si riprova per l’anno prossimo anche se lo scoglio più grosso è la successiva modifica della Costituzione, fatta dal Parlamento con maggioranza qualificata e in doppia lettura. Anche con l’ok dei lombardi quindi non c’è nessuna chance concreta di ottenere quello che vuole Maroni, solo un semplice atto di manifestazione di volontà.
Riflessioni e scelte di buon senso che non stoppano il governatore, pronto ad ogni occasione a rilanciare il tema caro ai barbari sognanti.
«Si deve fare il referendum? Sì. E quindi l'assessore Massimo Garavaglia (il responsabile del bilancio, ndr) trova le forme più convenienti per finanziare il referendum, non vedo quale sia il problema. A meno di dire che ogni forma di democrazia che costa non va fatta: va bene aboliamo il referendum, aboliamo le elezioni. Non mi sembra la cosa migliore. Il nostro sarà un referendum che costa molto meno di quanto previsto e vogliamo abbinarlo alle prossime elezioni amministrative. Sto discutendo di questo con il ministero dell'Interno e spero che ci conceda questo abbinamento, che porterebbe a un'enorme riduzione dei costi» ha spiegato in consiglio regionale Maroni mercoledì 15 luglio.
Durante la seduta è stato approvato un emendamento dello stesso assessore Garavaglia per accendere un mutuo di 19 milioni di euro da destinare «all'adeguamento del sistema informativo contabile e regionale e delle procedure informatiche necessarie per lo svolgimento del referendum».
A dare man forte a Maroni anche il capogruppo del Carroccio al Pirellone Massimiliano Romeo: «Il referendum per ottenere maggiore autonomia dallo Stato centrale è oggi più che mai necessario e inderogabile, se vogliamo finalmente reagire contro gli iniqui tagli del governo Renzi».
Spiegando che i fondi che verranno messi a disposizione serviranno ad acquistare apparecchiature elettroniche per la consultazione referendaria e ad urne chiuse rimarranno in dotazione alle scuole lombarde e «potranno essere utilizzate per migliorare la qualità dell'apprendimento». Non si capisce però come potranno usarle gli studenti lombardi e se sono in grado di essere usati anche per l’insegnamento.
Il voto elettronico è un pallino della pattuglia grillina in Lombardia e con l’ok al referendum dello scorso febbraio il Movimento cinque stelle ha portato a casa la prima volta di una consultazione tutta telematica.
«Questo meccanismo consente maggiore economicità, più partecipazione e condivisione da parte dei cittadini - ha commentato la consigliera pentastellata Iolanda Nanni - È un sistema moderno ed efficiente».
La nuova legge prevede che in ogni seggio elettorale sia presente almeno un apparecchio per il voto elettronico, collocato in modo tale da garantire segretezza e personalità del voto.
Ciascun apparecchio dovrà essere dotato di un meccanismo che può consentire anche l'eventuale stampa su carta del voto espresso elettronicamente, nonché di un'urna nella quale le schede cartacee possano essere depositate automaticamente dopo il voto. Così la tecnologia aiuta l’ideologia del Carroccio.
A criticare questo insolito asse Lega-Cinque Stelle è il democratico Enrico Brambilla: «Che il referendum consultivo fosse inutile e costoso lo diciamo da tempo, come diciamo che la consultazione elettronica non avrebbe fatto risparmiare risorse. Oggi ne abbiamo la prova. E quel che è peggio che tutti questi soldi servono a chiedere ai lombardi una cosa inutile, perché il governo ha già dato la propria disponibilità ad aprire il tavolo con la Lombardia sul regionalismo differenziato».