Dieci miliardi di spese da eliminare per non far scattare l’aumento delle tasse. Nella finanza pubblica c’è ancora molto da fare. Ma niente paragoni con Atene: noi stiamo meglio. Colloquio con l’ex commissario che ora lavora per l'Fmi

Carlo Cottarelli
Qualunque sbocco avrà la crisi greca dopo la maratona dello scorso weekend, quando tra i leader dell'Unione è stato raggiunto un primo accordo, l'Italia non deve temere ripercussioni particolari. «D'altronde anche nel momento peggiore, quando nelle scorse settimane sembrava che ci si potesse avviare addirittura verso un'uscita della Grecia dall'euro, lo spread del Btp rispetto al bund tedesco è rimasto tra 150 e 160 punti», ricorda Carlo Cottarelli, ex commissario straordinario alla spending review rientrato al Fondo monetario, dove ha sempre lavorato. A Washington è ora direttore esecutivo dello stesso Fmi con la responsabilità per sei Paesi, inclusi Italia e Grecia.

La sua è una posizione prudente: è un accordo per iniziare le negoziazioni. «Comunque si è perso molto tempo», sottolinea a “l'Espresso”, «ora bisogna fare tutto rapidamente per ricostruire la fiducia che consenta di dare nuovi finanziamenti e liquidità al Paese». Cottarelli ha appena pubblicato “La lista della spesa”, un saggio di circa 200 pagine nel quale racconta “la verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare” e che sta già raccogliendo un largo successo di pubblico nelle librerie. Se su Atene è attendista, su Roma appare ottimista. Al punto da aver criticato recentemente gli analisti del Fondo che hanno steso il rapporto sull'Italia. In un documento circostanziato di otto pagine che porta la data del primo luglio e sta facendo molto discutere, Cottarelli sostiene che gli autori non sarebbero bene informati sullo stato dell'arte delle riforme del governo Renzi e quindi avrebbero compilato una relazione con parecchio pressappochismo.

Cominciamo dalla Grecia, si aspettava un compromesso a Bruxelles?
«Per esperienza, avendo partecipato come Fondo monetario a tante negoziazioni di programmi, capita spesso che fino all'ultimo momento sembra non si riesca a raggiungere un compromesso».

Alla fine chi l'ha spuntata, secondo lei?
«Non si tratta di vedere chi ha vinto e chi ha perso. E' necessario ora capire se l'accordo consenta alla Grecia di restare nell'euro e soprattutto se riesce a garantire un tasso di crescita positivo perché questo è il vero problema del Paese. Quando si dice che le politiche di austerità del passato non hanno funzionato si sbaglia. Stavano avendo effetto sulla ripresa. Il problema è che nell'ultimo anno si sono fatti passi indietro, tra vecchio governo, incertezze politiche e nuovo governo si sono disfatte cose che cominciavano a far girare l'economia».

Cosa pensa dell'intransigenza tedesca e di altri Paesi del Nord?
«L'accordo è stato sottoscritto da tutti i paesi dell'euro».

Ha mai pensato a un'ipotesi di Grexit? E cosa avrebbe comportato o cosa potrebbe comportare?
«E' chiaro che se si fosse andati verso un'uscita della Grecia dall'euro si sarebbe aperto uno scenario di incertezza, almeno per qualche giorno, ma il rischio di contagio per l'Italia è oggi notevolmente più basso rispetto al 2011 e 2012. Bene comunque si sia trovato un primo accordo. In Europa c'è bisogno di stabilità per aiutare la ripresa».

Italia e Grecia sono spesso accomunate, in ambito europeo, per l'alto livello di evasione fiscale
«Credo che fare confronti tra Italia e Grecia sia un po' difficile, si lavora più che altro sul sentito dire. Certo il problema esiste, anche se da noi qualche passo avanti è stato fatto.Tra il 2007 e il 2014 si è passati da 7 a 14 miliardi recuperati dal Fisco italiano. Nel 2015 le cose stanno andando meno bene, ripetere l'exploit dell'anno scorso sarà difficile».

Una battaglia senza speranza?
«Mi sembra una questione difficile da cambiare, direi culturale, nei Paesi nordici l'evasione è più bassa. Sono stato tre giorni fa in Germania e ho preso la metropolitana: si paga il biglietto si fa la vidimazione, ma non ci sono i controlli. In Italia c'è un senso civico poco sviluppato per cui esiste un'ampia evasione: dovrebbero insegnare nelle scuole che bisogna pagare le tasse. Non piace a nessuno, non sono mai “belle” da pagare, ma è necessario farlo».

Altro parallelo scomodo con la Grecia è la corruzione record.
«Anche qui è un discorso complesso. Il rafforzamento dell'Agenzia anticorruzione guidata da Raffaele Cantone è un passo avanti molto importante, prima era un ufficio molto piccolo. Con le nuove risorse si dovrebbe intensificare l'attività».

Nel suo documento-choc lei ricorda le riforme del governo Renzi, ma sottolinea anche che alcune cose devono essere ancora varate. E con urgenza. Accenna in particolare alla riforma della pubblica amministrazione.
«Sì, ritengo sia fondamentale. Il disegno di legge è in parlamento da un anno, quando siamo venuti in Italia come Fmi la speranza era che venisse approvata prima della pausa estiva in via definitiva. Vediamo se sarà possibile. C'è poi l'implementazione, però ci è stato detto che il dipartimento e i tecnici del ministro Madia stanno già scrivendo tutti i decreti attuativi così da essere pronti a partire, una volta approvata la legge delega».

A metà ottobre arriva poi la Legge di stabilità.
«Sì, l'altro passaggio cruciale, con i famosi 10 miliardi da trovare per evitare le clausole di salvaguardia che farebbero scattare aumenti delle tasse. Il lavoro sulla revisione della spesa sta andando avanti, nella nostra missione abbiamo incontrato sia Yoram Gutgeld sia Roberto Perotti, per parlare di come sta procedendo la nuova fase di revisione della spesa (che riprende anche alcuni dei temi che avevo condotto io a suo tempo). Ma oltre che di revisione della spesa si occupano anche di lotta all'evasione e di revisione delle agevolazioni fiscali. Tra riduzioni di spesa e misure in queste aree credo sia possibile raggiungere 10 miliardi».

Nel frattempo il Fondo ha rivisto le stime di crescita per l'Italia
«Quello uscito qualche giorno fa è l'aggiornamento all'Outlook del Fondo che ha portato dallo 0,5 allo 0,7 per cento la previsione per il Prodotto interno lordo 2015 e all'1,2 per cento per il 2016. L'avevo detto subito che mi sembravano pessimisti...».

Torniamo all'Europa, dottor Cottarelli. Ammesso che la vicenda greca si sistemi, è chiaro che così l'Unione non può andare avanti. Troppe divisioni, troppa importanza alla moneta rispetto alle politiche economiche, al welfare, alla solidarietà. Come può fare uno scatto in avanti?
«Il recente rapporto presentato dai cinque presidenti delle istituzioni sottolinea la necessità di andare avanti sul cammino dell'Unione europea, ancora imperfetta. Penso che nel lungo periodo si debba arrivare a una centralizzazione delle decisioni di politica fiscale, addirittura in linea teorica ad avere un bilancio dell'Unione europea. Tutte le aree a moneta unica sono caratterizzate da un bilancio centrale. Se si crede all'Europa bisogna fare queste cose».

Ma è proprio quello che non vogliono i gruppi populisti antieuropeisti.
«Infatti, per avanzare con l'Unione bisognerà prima tornare a una vera crescita. Senza la quale l'Europa diventa un capro espiatorio per tutti i problemi».

Ma c'è qualche spiraglio per una crescita in Europa?
«Se i prezzi del petrolio restano bassi, l'euro debole, le politiche monetarie espansive e i Paesi fanno le loro riforme, penso si possa sperare in un periodo positivo. Sempre che non ci siano sconvolgimenti globali imprevisti».