Il nostro Paese detiene il record continentale del maggior numero di vittime accertate. Bambine costrette alla prostituzione anche tramite riti vodoo, adolescenti picchiati con l’illusione di un lavoro. Mentre in Parlamento giace una legge anti-tratta da oltre un anno. I risultati dello studio di Save the Children
«Ho perso mio padre quando avevo 7 anni – racconta Ahmad, diciottenne egiziano – e da quel momento la vita è diventata molto dura per la mia famiglia. Ho lasciato la scuola a 10 anni per poter lavorare e aiutare mia madre e le mie sorelle. Ho lavorato per un falegname pitturando mobili per sei anni. Guadagnavo l’equivalente di neanche 5 euro al giorno».
Un giorno, però, Ahmad viene a sapere che «un sacco di gente del mio villaggio era tornata dall’Italia e aveva costruito grandi case e aveva belle macchine, così con mio fratello sono andato a incontrare un mediatore e abbiamo concordato il pagamento per essere portato dall’Egitto in Italia via mare». Dopo 12 giorni in mare e con solo qualche panino che «ho fatto durare più a lungo possibile», arrivando a non mangiare per quattro giorni interi, e dopo aver cambiato cinque barche differenti perché «i trafficanti sanno che possono essere catturati e che la barca può essere confiscata dalle autorità italiane», Ahmad approda in Italia.
Dopo sei mesi in un centro di accoglienza in Sicilia, arriva a Roma per cercare lavoro. Ma, racconta il diciottenne, «è impossibile trovarlo, ci sono sempre almeno 50 ragazzi per un solo lavoro. Le possibilità per noi sono un lavoro al mercato, spostare frutta e verdura, oppure fare la pizza o lavare le macchine. Mi piacerebbe tornare a casa, ma bisogna pagare e io non ho i soldi. Ho detto ai miei amici in Egitto, tramite Facebook, di non venire, che non ci sono posti di lavoro. Ma pensano che io sia egoista e che non dico la verità perché voglio tutto il lavoro per me». La verità, dice Ahmad, è che «
ho lasciato l'Egitto per un altro Egitto».
Questa è solo una delle tante incredibili storie raccolte, come ogni anno, da
Save The Children nel dossier «Piccoli schiavi invisibili», che fa il punto sul drammatico fenomeno della tratta e dello sfruttamento di minori, che coinvolge, secondo gli ultimi dati, 168 milioni di bambini e adolescenti. Anche in Italia.
Secondo le ultime stime Eurostat, infatti, il nostro è il Paese è, in Europa, in cui è stato segnalato il maggior numero di vittime accertate e presunte, pari a quasi 2.400 nel 2010, con un calo rispetto ai 2.421 del 2009, ma un notevole aumento rispetto ai 1.624 del 2008.
Sono soprattutto nigeriani. Ma anche rumeni, marocchini, ghanesi, albanesi, eritrei. Senza dimenticare, come ricordano dall’associazione umanitaria, che questi dati «non tengono conto della gran parte di minori che rimangono invisibili e che non vengono identificati come vittime di tratta e sfruttamento, sia perché il fenomeno è di per sé sommerso, come nel caso dello sfruttamento sessuale in appartamenti e luoghi chiusi, o quando i minori vengono spostati frequentemente o rimangono nascosti sia per controlli e pressioni ricevute, ma anche nel caso dei minori migranti che sono solo in transito in Italia, perché la meta finale del loro progetto migratorio è costituita da altri paesi europei».
È il caso, ad esempio, di
Masal, 16 anni, in fuga dall’Afghanistan verso la Svezia. Un viaggio che arriva a costare almeno seimila euro. La sua storia è scioccante. «Io non potevo stare in
Afghanistan, non avevo scelta. La maggior parte degli afgani va via per motivi di sicurezza. Ci sono così tante esplosioni! Ti allontani da casa e non sai se potrai tornarci. Non c’è libertà nel mio paese e tantissime persone se ne sono andate via già da tempo. Il momento più pericoloso del viaggio è il passaggio dalla Turchia alla Grecia perché lo fai su dei gommoni e per me era la prima volta che ci salivo». Lì, in Grecia, Masal conosce un altro ragazzo, con cui partirà da Patrasso e con cui nascerà, nella disperazione, un rapporto di amicizia. Anche lui ha lasciato il suo paese, a 12 anni, senza nemmeno dirlo ai genitori. Insieme, racconta ancora, Masal, «abbiamo dormito in una fabbrica abbandonata, insieme ad altre persone, perché lì c’era una pompa d’acqua e pezzi di legno da bruciare per riscaldarci».
D’altronde, non sono pochi gli afghani che, come Masal, partono nella speranza di un futuro più roseo. Per arrivare in Italia, i minori viaggiano attraverso il Pakistan e l’Iran prima di arrivare in Turchia. Qui bambini e adolescenti si fermano spesso mesi per lavorare e guadagnare il necessario per continuare il viaggio e già qui sono coinvolti in situazioni di sfruttamento lavorativo.
Ecco che allora si parte per la Grecia, per un costo di circa mille dollari. E poi l’Italia. Spesso i minori entrano nascosti su auto o tir a bordo dei traghetti diretti principalmente ai porti della Puglia, di Venezia o di Ancona, e da qui raggiungono Roma. Oppure si sceglie la direttrice balcanica: Bulgaria, Romania, Ungheria.
In ogni caso, il viaggio dall’Iran all’Italia arriva a costare non meno di 3 - 4 mila euro. Cosa diversa per chi, invece, arriva nel nostro Paese dall’Eritrea. In quel caso il viaggio, prima nel deserto e poi in mare, può arrivare a costare anche settemila dollari. E se non hai soldi? I trafficanti pensano anche a questo. «Coloro che non hanno disponibilità economica – dicono da Save The Children – possono essere usati dai trafficanti per condurre i gommoni dalla Turchia alla Grecia ed essere, in questo modo, esonerati dal pagamento del viaggio in mare. Sono state raccolte testimonianze secondo le quali sembra addirittura che, al fine di garantire il buon esito della traversata, i trafficanti facciano fare loro una giornata di prova per imparare a guidare l’imbarcazione».
SFRUTTAMENTO SESSUALE E RITUALI VODOOGlory ha 16 anni, è nigeriana, dello stato di Yarouba. Ha perso entrambi i genitori in un incidente stradale ed è stata affidata alla zia che, sin da subito, ha cominciato a maltrattarla, a picchiarla, lasciandole anche alcune cicatrici in volto. Glory è costretta a lasciare la scuola e a cominciare a lavorare, vendendo acqua al mercato e consegnando alla zia tutto il denaro guadagnato. Un giorno, però, viene avvicinata e circuita da alcuni ragazzi che le rubano tutti i soldi che aveva con sé, non prima di averla violentata sessualmente. Tornata a casa, sconvolta e con forti dolori addominali a seguito dell’abuso (non aveva mai avuto alcun rapporto prima), racconta l'accaduto alla zia che, invece di soccorrerla, la punisce per aver perso il denaro.
È troppo: Glory scappa di casa in cerca di nuova fortuna. Dopo aver chiesto per giorni l’elemosina, incontra una donna che si offre di aiutarla, promettendo di portarla in Europa dove avrebbe potuto riprendere i suoi studi. Ben presto, però, si accorge che è stata solo ingannata. E, all’età di soli 13 anni, per un anno e sei mesi è costretta a prostituirsi in Libia, a Tripoli, con una piccola paga di 15 dinari per ogni prestazione sessuale. La tappa successiva è la traversata del Mediterraneo sui barconi e l’arrivo in Italia. Qui il suo destino sarebbe stato lo stesso, se Glory non fosse stata intercettata dagli operatori di Save The Children che si stanno, oggi, occupando di lei.
Ma, come Glory, sono tante le
bambine e adolescenti, soprattutto
nigeriane, costrette a prostituirsi. L’incubo dello sfruttamento, in molti casi, comincia già nel paese d’origine. Si tratta, perlopiù, di giovani provenienti da famiglie povere che spesso, coscienziosamente, “vendono” le proprie figlie, abbagliate da un facile guadagno. Inizia allora il viaggio, caratterizzato, anche questo, da abusi e violenze. Prima nel deserto, poi in Libia dove, spesso, le ragazze vengono chiuse in “guest house” e qui obbligate ad avere rapporti sessuali, nella maggior parte dei casi non protetti. Ed eccole, infine, in Italia: ragazze di 15-17 anni che, però, si dichiarano spesso maggiorenni dopo essere state indottrinate dai loro padroni. Napoli, Bari, Verona, Bologna, Roma e Torino sono le principali destinazioni. Dalle testimonianze raccolte, sembra che Napoli sia una delle prime mete per le minori che entrano via mare, mentre Torino per quelle che arrivano con l’aereo.
Difficile per loro ribellarsi. Anche perché già prima della partenza, come racconta Save The Children, viene effettuato un vero e proprio rituale
vodoo, dalla forte valenza simbolica, tramite il quale si creano le premesse per un controllo totale sulla ragazza. «Il rituale vodoo sancisce l'accordo iniziale tra la famiglia della minore e gli organizzatori del viaggio e ha la funzione di ufficializzare davanti a figure religiose locali il patto di restituzione del denaro prestato per poter intraprendere il viaggio». Ma, arrivati in Italia, il rituale viene riutilizzato strategicamente, affinché le ragazze si sentano obbligate a restituire alla “maman” tutti i soldi guadagnati.
Per rendere il rituale ancora più suggestivo, spesso vengono utilizzati indumenti delle minori, capelli, unghie. Col risultato che, da un punto di vista psicologico, «questa forma di controllo ed invasione nella parte più intima della minore ha un effetto devastante sulle minori perché le fa sentire completamente violate ed impotenti di fronte al controllo che subiscono».
Ecco, allora, che uscire e ribellarsi allo sfruttamento è praticamente impossibile, anche perché spesso il debito iniziale da ripagare può toccare i 60 mila euro. Una cifra inestinguibile considerando che le adolescenti devono far fronte anche ad alcune spese. Dalla stanza dove dormire alle bollette. Fino all’affitto dello “spazio” sul marciapiede, che può variare da 100 a 250 euro. Tutto questo per prestazioni sessuali, pagate anche solo 10 euro, spesso senza protezione, con tutte le conseguenze del caso. «Frequentemente – dicono ancora dall’associazione – le minori ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza o, nel peggiore dei casi, assumono medicinali con effetto abortivo (autosomministrati o somministrati dalla maman o da altri soggetti) che provocano gravi effetti collaterali».
ITALIA IN RITARDOUna situazione, dunque, di grave emergenza, davanti alla quale, però, il nostro governo è in forte ritardo. «Il nostro Paese – secondo quanto denunciato direttamente da
Carlotta Bellini, responsabile Protezione Minori dell’associazione – avrebbe dovuto adottare, con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'interno, il Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani».
Un Piano, questo, finalizzato alla prevenzione e al contrasto della tratta e dello sfruttamento, con azioni di sensibilizzazione, prevenzione e integrazione sociale delle vittime. Peccato, però, che nonostante la bozza del Piano sia stata redatta dal Dipartimento delle Pari Opportunità (anche se in ritardo, dato che la direttiva Ue risale al 2011), non è mai stata approvata. Con la conseguenza che, nel frattempo, il termine fissato dalla legge (30 giugno 2015) è scaduto.
Tutto in fumo, dunque. Ma non è finita qui. Perché, ad esempio, la Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale stipulata il 25 ottobre 2007, aveva stabilito la necessità di garantire l’accesso alla giustizia da parte dei minori vittime attraverso l’istituzione presso ogni tribunale di un elenco di gruppi, fondazioni ed organizzazioni non governative ed associazioni in grado di garantire l’assistenza psicologica e affettiva alla persona offesa minorenne. Il nostro Paese è in ritardo anche su questo. Nonostante abbia ratificato quanto stabilito nella Convenzione già il primo ottobre 2012.
Sono tutti punti, questi, contenuti in un disegno di legge (n. 1658) su cui ha lavorato anche Save The Children, relativo appunto alle «misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati» e di cui si sono fatti promotori diversi parlamentari (prima firmataria l’onorevole Pd Sandra Zampa).
Il disegno di legge è stato presentato il 4 ottobre 2013, ma dal 3 giugno 2014 è fermo in commissione. Oltre un anno di nulla. Mentre trafficanti e organizzazioni criminali sventrano vite di bambine e adolescenti.