Chi parla in nome ?dei bambini senza voce

L’immagine di Aylan ha sconvolto il mondo intero. Ma dell’infanzia ci si dimentica sempre. ?I piccoli non votano, quindi non contano

Come per un triste destino, ogni volta che viene pronunciata la parola bambino seguono i più scontati dei discorsi. «I bambini sono la cosa più bella del mondo» l’avrò sentita pronunciata ovunque questa frase, sigillata con un sorriso. Eppure dei bambini ci si dimentica continuamente; non votano quindi non contano. La politica ritiene di doversi confrontare (quando lo fa) solo con chi è in possesso di una scheda elettorale, con i bambini no, con il loro mondo, le loro esigenze in quanto cittadini.

Sono cresciuto dove di figli se ne sono sempre fatti tanti, nonostante le cicliche crisi. Sono cresciuto dove esiste un patto tacito sancito tra cittadini e Stato, o meglio, tra cittadini e governi di ogni tempo e ogni colore: noi ci siamo, vi votiamo, vi sosteniamo, ma lasciate correre quel poco che ci consente di tirare a campare. Sono cresciuto dove da sempre si dice che tutto parte dalla scuola, che i bambini «sono una risorsa», che su di loro bisognerebbe puntare per cambiare rotta. Invece proprio da lì inizia poco, pochissimo, se non per merito di insegnanti appassionati e volenterosi. E difatti anche dove sarebbero cinghia di trasmissione di informazioni cruciali tra istituzioni e famiglie, i bambini li si dimentica.

Ma non è sempre così. Ci sono quartieri a Napoli, come nel resto d’Italia, dove ai cancelli e ai muri sono affissi dei fogli con scritte indicazioni su come gettare i rifiuti e come portare a spasso un cane, procurando di non lasciar sporco il marciapiede. Quelle frasi semplici, illustrate, sono firmate dai bimbi delle scuole elementari della zona. In classe si parla di rifiuti. In altre scuole si utilizza materiale di risulta per i lavori manuali. Non più solo foglie raccolte al parco o pietre e conchiglie portate dal mare, ma piatti e bicchieri di plastica usati, lattine, bottiglie. Ed ecco che differenziare porta ricchezza e la spazzatura diventa una risorsa. Imparano questo e sono in grado di insegnarlo ai loro genitori, che magari a casa ancora credono che sia una perdita di tempo differenziare perché poi altrove “mischiano tutto”.

Ai bambini la scuola può insegnare a essere aperti, a loro la scuola può insegnare ad accogliere. Poi a casa potranno spiegare ai propri genitori che una società giusta è una società che sempre prova ad abbandonare i propri panni e a vestire quelli di chi ha di fronte. I bambini a scuola leggono libri che li introducono alle diversità, mentre a casa i genitori sono convinti che se i loro figli non troveranno lavoro sarà a causa dei rifugiati che raggiungono le nostre coste. Ai bambini a scuola spesso viene insegnato a essere curiosi verso abitudini e culture diverse dalle loro. A scuola spesso con grande difficoltà, ma con molto tatto, ci sono insegnanti che provano a spiegare perché alcune persone lasciano il proprio paese e non per andare in vacanza. A scuola spesso si prova a raccontare ai bambini, proprio partendo dalle diverse nazionalità dei compagni di classe, storie di quei paesi lontani. Così facendo si accorciano le distanze e si permette loro di capire che le differenze riguardano la lingua, il colore della pelle, ma le cose che contano sono le stesse: il legame con i genitori, con la propria terra d’origine, il gioco, la serenità.

Di tutto questo non si parla. I bambini e la loro funzione sociale non ci riguardano fino a quando non ci imbattiamo nell’immagine di un bimbo morto. Di fronte alla foto del corpo senza vita di Aylan, anche gli imbecilli che urlavano all’invasione hanno taciuto; si saranno forse, per una volta, vergognati delle loro stesse parole, avranno forse trovato odiosa la loro stessa voce. Di fronte all’immagine di un bambino morto - uno, ma in realtà abbiamo perso il conto - cosa si può dire, quando poi ci si ricorda di aver taciuto al cospetto di bimbi vivi, che corrono, sorridono, imparano e sono in gradi di insegnare? Di bimbi che sono una risorsa e possono fare la differenza, prima di essere testimoni di un orrore che non si vuole vedere. E se il silenzio è l’unica dimensione da esplorare per capire la tragedia, forse qualcosa sta accadendo. Ci stiamo assumendo noi la responsabilità e l’onere di parlare per chi non ha voce. Noi, adulti e votanti, questa politica opportunista forse ci ascolterà.

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