Nel 2014 solo un anziano su due si è immunizzato, spesso per una serie di paure infondate. E ora parte una campagna che coinvolge i medici di base
Tutto è pronto, ormai. La grande macchina della
vaccinazione antinfluenzale si è messa in moto, emanando le direttive e sollecitando tutta la sanità a intensificare gli sforzi per aumentare la copertura vaccinale a partire da metà ottobre, dopo il brusco dietrofront dell’anno scorso, causato da campagne mediatiche che attribuivano erroneamente il decesso di alcuni soggetti molto anziani e malati a inesistenti danni del vaccino. E dopo che studi scientifici hanno smontato l’altro argomento degli
antivaxer: il supposto legame tra immunizzazione e narcolessia, malattia autoimmune ancora in gran parte poco nota, frutto di un’errata interpretazione delle interazioni tra vaccino e sistema immunitario.
Il ministero della salute ha fissato in 75 per cento la soglia minima di anziani e soggetti a rischio da vaccinare (e nel 95 per cento quella ideale). Difficile che venga raggiunto: dal 2010 è in atto
un calo costante e nell’inverno scorso si è toccato il record negativo, dato che meno di un anziano su due è stato immunizzato. Per questo si è deciso di mobilitare tutto il sistema sanitario e, soprattutto, i medici di base, come spiega Emanuele Montomoli, ordinario di igiene dell’Università di Siena ed esperto di influenza: «In passato sono stati loro l’anello debole, anche perché mancava una formazione specifica, talvolta neppure sul tipo di vaccino disponibile, sulla popolazione target e così via. È quindi da loro che bisogna ripartire, per migliorare la copertura e in generale la consapevolezza dei rischi dell’influenza - 160 i decessi confermati solo l’anno scorso - soprattutto tra i soggetti a rischio».
I vaccini disponibili quest’anno, aderenti alle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità, sono diretti contro 4 diversi antigeni, due per virus di tipo B e due per virus di tipo A(HN); tre di essi sono diversi da quelli dell’anno scorso, cambiamento resosi necessario dall’efficacia non ottimale delle ultime formulazioni, e dai ceppi isolati nei mesi scorsi. Per le persone più a rischio è poi disponibile il vaccino cosiddetto adiuvato, più immunizzante rispetto agli altri. Oltre agli anziani, l’immunizzazione è raccomandata ai cardiopatici, ai malati cronici, agli operatori sanitari e a chi vive o lavora in comunità a rischio.
Il tutto, in attesa di un vaccino universale che permetta di immunizzarsi una sola volta nella vita. Che forse non arriverà, almeno per molti anni, nonostante gli annunci che periodicamente appaiono. Perché, come spiega Montomoli, le aziende hanno scarsissimo interesse a svilupparlo: «I vaccini sono un pessimo investimento, perché se funzionano si usano una volta sola. E in genere non costano molto (quello per l’influenza si aggira attorno ai dieci euro o meno). L’unico che porta profitti costanti è questo, e il business finirebbe nel giorno stesso in cui ci fosse un solo vaccino valido sempre, e per tutte le influenze. Eppure di questi virus sappiamo tutto, da molti anni: se ci fosse una mobilitazione come si è visto nel caso di Ebola, e oltretutto avendo decine di vaccini sperimentali in studio da anni, la soluzione potrebbe arrivare nel giro di poco tempo».
Di buono c’è che i vaccini sono sempre più sicuri, meno allergizzanti (la produzione nelle uova sta via via scomparendo) e più immunizzanti, anche perché le formulazioni ormai vengono verificate con test genetici di risposta e altre tecnologie che hanno margini di errore minimi.